25 Aprile: una lotta che non finisce mai

25 Aprile 1945. Ricordiamo questo giorno come l’anniversario della liberazione d’Italia, giorno fondamentale per la storia del nostro Paese, ma poi, in realtà, per la storia mondiale. Ina tale giorno Sandro Pertini durante il suo discorso di proclamazione dello sciopero generale dichiarò: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”.

Una storia che, in primis, pone l’accento sulle azioni coraggiose di singoli uomini. Uomini che avevano formulato il grande voto di riportare alla luce la dignità umana, dopo 20 anni di oppressione e sorprusi, uomini come Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani, responsabili del CLNAI, Comitato di liberazione nazionale Alta Italia. Uomini che proclamarono l’insurrezione generale in tutti i territori occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa. Il CLNAI proclamò, parallelamente, dei decreti legislativi, assumendo tale potere “in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo italiano”.

COSA ERA IL MOVIMENTO DI RESISTENZA?

Il movimento di resistenza era composto da forze eterogenee, diverse tra loro per orientamento politico ed impostazione ideologica, unite dal comune obiettivo di lottare contro il nazifascismo. Diverbi iniziali vengono immediatamente superati per perseguire questo obiettivo comune, tanto che la loro presenza, regione per regione, zona per zona, si fa sempre più massiccia e da iniziali bande si passa a vere e proprie brigate, mentre nelle città prendono vita le “Squadre di azione patriottica” e i “Gruppi di azione patriottica”. Si calcola che siano stati almeno 300mila i partigiani armati. All’interno del più vasto gruppo di uomini e donne che hanno lottato per la liberazione, non vanno di certo dimenticati coloro che hanno aiutato con informazioni, nascondigli e alimenti per le bande armate, e quei soldati che hanno preferito farsi internare nei campi di concentramento in Germania o farsi fucilare piuttosto che continuare la guerra.

NELL’ITALIA ODIERNA COSA E’ RIMASTO DI QUESTA LOTTA?

Ogni anno celebriamo questa festa, spesso inconsapevoli riguardo tutto ciò che ha preceduto la data del 25 Aprile, spesso ignoranti riguardo tutto ciò che questa lotta ci ha permesso di ottenere. Il presidente dell’Anpi, Smuraglia, risponde a questa domanda affermando che in Italia c’è una tendenza all’oblio piuttosto forte, non solo per quanto riguarda la resistenza, ma anche di quello che c’è stato prima, di quello che è stato il fascismo. Non comprendendo questo, non è possibile neppure sentire profondamente il tema ed il significato della resistenza stessa. Afferma inoltre che i potenti nemici della memoria sono tre: il primo è la debolezza stessa di un ricordo in una società che si evolve molto velocemente; il secondo è la tendenza all’oblio; il terzo è il tempo, che porta con sé la trasformazione e l’affievolimento della memoria, a meno che non esistano nella società antidoti efficaci che la sorreggano. Smuraglia afferma inoltre che il principale punto debole della “catena di quella memoria” in Italia sia la scuola, perché spesso non si arriva neppure a studiare quegli eventi, mentre quanti questi vengono studiati, lo si fa in maniera superficiale, svilente per il significato storico di quella lotta.

COME POSSIAMO, OGGI, MANTENERE VIVIDO IL RICORDO DELLA RESISTENZA?

In un Paese smarrito, le parole di Sandro Pertini risuonano in tutta la loro potenza e per rispondere a questa domanda non credo se ne possano utilizzare di migliori. Il suo appello rivolto ai giovani era quello di “difendere queste posizioni che noi abbiamo conquistato; di difendere la Repubblica e la democrazia” attraverso due qualità: l’onestà ed il coraggio.
“Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale, la libertà senza giustizia sociale non è che una conquista fragile. Bisogna che la libertà sia unita alla giustizia sociale […] lottate con la passione con cui ho lottato io, ma vorrei che teneste presente un ammonimento di un pensatore francese: dico al mio avversario, io combatto la tua idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi sin al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, la possa esprimere sempre liberamente”.

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