Social media: tra scandali e diritti
Il mondo di internet è diventato, oramai, parte integrante della nostra vita. Migliaia di siti web e social network, ci permettono di essere in contatto, in qualsiasi momento della giornata, con la più recondita parte del mondo. Sicuramente lo sviluppo della tecnologia e dell’informazione ci ha permesso, ed in futuro ci permetterà ancor più di adesso, di avere una visione molto più ampia, aiutandoci a trovare nel più breve tempo possibile diverse soluzioni a qualsiasi problema, ma dov’è l’altra faccia della medaglia? Quella che nasconde le brutture di questo sviluppo tecnologico tanto adulato da noi uomini?
Probabilmente, senza nemmeno doverci pensare troppo, questa ininterrotta connessione durante l’arco delle nostre giornate, non facilita l’instaurarsi di veri e propri rapporti umani, il cui valore viene dimenticato, soprattutto dalle nuove generazioni.
Un altro problema riguarda il mondo del lavoro, nel quale con una notevole frequenza i lavoratori vengono “tampinati” di telefonate dal proprio datore di lavoro che pretende essi siano reperibili in qualsiasi momento della giornata per rispondere alle proprie richieste.
Per ultimo, ma non per importanza, c’è il fattore privacy. Citando un’esperienza personale: dal primo giorno in cui mi sono iscritta su Facebook sono stata preventivamente informata riguardo il possibile utilizzo dei miei dati personali.Il focus non era invece sulla difficoltà, qualora si decidesse in un secondo momento di cancellare il mio profilo, di eliminare completamente questi dati da Internet, ma io non ho prestato più di tanto attenzione a questi avvertimenti.
In seguito ad uno degli ultimi scandali, però, è come se una lampadina si fosse accesa nel mio cervello. Sto parlando del caso Cambridge Analytica, un’associazione fondata nel 2013 da Robert Mercer, ed è specializzata nella raccolta di dati, in seguito rielaborati attraverso algoritmi e modelli per creare profili di ogni singolo utente, cercando di comprendere sempre di più i gusti dei consumatori ed incidere su questi. Il problema è sorto per un utilizzo improprio di questi dati da parte di Cambridge Analytica, pare anche per influenzare il voto alle elezioni presidenziali americane, favorendo la candidatura di Donald Trump.
A partire dal 2016 era già stata indetta una normativa europea, GDPR, che entrerà effettivamente in vigore a partire dal 25 maggio 2018. Questa normativa prevede che tutte le aziende si conformino con determinate direttive per la tutela dei dati personali degli utenti. Essa risponde alla necessità di trasparenza, della limitazione dell’utilizzo dei dati per soli scopi legittimi, di modificazione di tali dati a partire dall’utente stesso. Nel caso in cui le aziende non rispondessero ai requisiti dettati dal GDPR incorrerebbero in pesanti sanzioni e procedimenti penali. Gli utenti hanno il diritto di sapere se i loro dati dovessero essere rielaborati ed utilizzati. Questo sistema avanzato permetterà, quindi, una maggiore tutela della privacy e dell’utilizzo dei propri dati personali. Chissà se non sarà proprio uno dei punti di partenza per permettere ai vari utenti di riappropriarsi della propria identità, invece che trasferirla completamente nelle mani di individui che gestiscono le piattaforme di cui la maggior parte di noi è membro.