Yemen: la guerra di tutti e di nessuno
Potrebbe essere spontaneo chiedersi che ruolo abbia l’articolo 11 della Costituzione italiana nel contesto della guerra yemenita, una guerra scoppiata il 19 marzo 2015, ma le cui posizioni di forza si protraggono da anni.
Le due fazioni che diedero il via ad una vera e propria guerra civile in Yemen sono quella guidata dagli Huthi, che controllano la capitale Sana’a, alleati con le forze fedeli dell’ex presidente Ali Abdullah Saleh e quella guidata dalle forze alleate al governo di Abd Rabbuh Mansur Hadi, con capitale ad Aden.
Durante la giornata del 19 marzo, gli Huthi costringono Hadi a fuggire ad Aden mentre il gruppo zaidista conquista territori meridionali. Hadi si rifugia in Arabia Saudita, la quale contrattacca l’avanzata degli Huthi per cercare di restaurare il governo di Hadi.
QUALI SONO LE CAUSE DI QUESTA GUERRA CIVILE?
A partire dal 2004 il gruppo zaidista conosciuto popolarmente con il nome “Huthi”, dà il via ad un’insurrezione contro il governo yemenita. Negli anni sono stati molteplici gli accordi di pace negoziati e successivamente ignorati.
Nel 2007 gli yemeniti meridionali avviano una lotta per la secessione, brutalmente bloccata dalle forze governative. Per trent’anni circa il Nord del paese rimase sotto il governo di Saleh, a partire dal 1978, il Sud invece era allineato con l’Urss. Dopo la caduta del blocco, lo Yemen si è riunificato, sempre sotto la guida di Saleh. Durante la primavera araba del 2012, Saleh, ha ceduto il potere a Hadi che, però, ha trascurato la componente sciita e nel 2015 è stato costretto a cedere il potere all’avanzata dei guerriglieri Houthi a Sana’a. Il 25 marzo Hadi abbandona Sana’a e si rifugia ad Aden.
Anche al Quaeda e l’ISIS hanno approfittato di tale situazione di profonda instabilità per eseguire sporadici attacchi. In particolare l’AQAP controlla territori lungo la costa e nella parte centrale del Paese.
QUALE E’ LA POSIZIONE DEGLI STATI UNITI E DELLA RUSSIA NEL CONTESTO DELLA GUERRA YEMENITA?
Il presidente Obama, in carica all’inizio della guerra, si era rifiutato di inviare contingenti militari in Yemen, cercando una risoluzione pacifica, al contrario la presidenza Trump ha deciso di intervenire militarmente nel 2017, giustificando questa azione per la preoccupazione diffusa nei confronti della sempre più rilevante ramificazione dell’AQAP, anche se con molte probabilità gli interessi in gioco sono altri.
La Russia, invece, ha deciso di non intervenire in maniera diretta, essendo uno dei pochissimi Paesi che conserva ancora un’ambasciata a Sana’a. Un intervento diretto da parte della Russia drammatizzerebbe uno scenario già molto complicato.
QUAL E’ IL RUOLO SVOLTO DALL’ONU?
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha più vote sollecitato le parti del conflitto a “rispettare gli obblighi internazionali”, fermando gli attacchi indiscriminati contro le zone densamente popolate, evitando il reclutamento di soldati bambini, proteggendo le scuole e agevolando l’entrata e l’uscita di vaccini.
Il Consiglio di sicurezza ha optato per l’emanazione di una semplice nota, piuttosto che un vero e proprio intervento, proprio per lo stallo raggiunto dal conflitto e per la difficoltà di regolare e disciplinare le parte in gioco, interessate ad accaparrarsi quel che rimane delle ricchezze dello Yemen e a divenire gli unici detentori della favorita posizione geografica della regione, situata all’imboccatura del Mar Rosso.
ANCHE NOI SIAMO RESPONSABILI DELLA GUERRA IN YEMEN?
Per rispondere a tale domanda c’è innanzitutto da chiedersi quale ruolo abbia svolto l’Italia nel contesto della guerra yemenita. Una inchiesta del New York Times ha messo in evidenza che molte delle bombe utilizzate dall’aeronautica militare saudita sono state prodotte in Sardegna dalla RWM Italia ed utilizzate anche contro civili. La Farnesina ha risposto a tali accuse affermando che “l’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea”. Una tale risposta è risultata inammissibile, in quanto la legge 185/90, che regolamenta l’export di armamenti, non vieta solamente la fornitura a Paesi sottoposti ad embargo, ma anche a Paesi che sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa. Il professor Nones, consulente del Ministro della difesa Pinotti, afferma inoltre che, per combattere il terrorismo ormai radicato in Yemen, siano “inevitabili vittime civili”, una affermazione del tutto aberrante di fronte ad una tragedia simile, tragedia che sta colpendo da anni decine di migliaia di persone. Inaccettabile il fatto che un individuo possa stabilire che, indiscriminatamente, civili debbano morire.
L’Italia si inserisce nel più ampio contesto di una guerra ormai insediata nella sfera internazionale, come una nazione attiva per la difesa dei diritti umani e civili, difesa che giustifica, però, la morte di civili stessi.
Sotto il ferreo scudo dell’articolo 11 “spesso ci crederemo assolti, ma saremo lo stesso coinvolti”.