Il Sudan, ufficialmente riconosciuto come Repubblica del Sudan, è uno Stato arabo, che si trova nella parte nordorientale dell’Africa. Il Paese è diviso longitudinalmente dal Nilo e la popolazione è costituita principalmente da persone autoctone della valle del fiume, ma anche da immigrati provenienti dalla penisola arabica. Nel Nord la religione più abbracciata è l’Islam, mentre al Sud ci sono forti concentrazioni di cristiani e animisti. La capitale è Khartum, il centro politico, commerciale e culturale della nazione. La storia del Sudan è marcata da ben diciassette anni di guerra civile, precisamente dal 1955 al 1972, seguiti da una seconda guerra civile tra il 1983 e il 1998 tra il governo centrale e le forze armate dell’attuale Repubblica del Sudan del Sud per ottenere l’indipendenza dal resto del Paese.

Nel 1989, in seguito alle continue lotte politiche e militari, è salito al potere il colonnello Omar al-Bashir tramite un colpo di stato. La guerra civile si è conclusa con un accordo internazionale di pace che ha concesso l’autonomia a quella che allora era la regione meridionale del paese. Nel 2011, in seguito ad un referendum, è nato il Sudan del Sud. In seguito, nel 2019, il presidente al-Bashir è stato destituito dall’esercito, che ha costituito un Consiglio Sovrano, composto da civili e militari. Le loro politiche, però, sono considerate autoritarie dalla comunità internazionale, a causa del controllo incondizionato del Partito del Congresso Nazionale nel settore legislativo, esecutivo e giudiziario.

Tra il marzo e l’aprile del 2023 ci sono stati nuovi scontri tra fazioni. Stiamo parlando dei due schieramenti capeggiati dal generale Abdel-Fattah Al-Burhan, da una parte, e da Mohamed Hamdan Dagalo, anche lui generale, dall’altra. I due, nel 2021, si sono fatti promotori di un colpo di stato, andando così ad interrompere quel processo che avrebbe portato ad avere un governo di civili dopo la caduta di al-Bashir nel 2019. Burhan è divenuto così presidente del Consiglio Sovrano, Dagalo è il suo braccio destro o, meglio dire, lo era, dal momento che attualmente il Sudan è minacciato da una possibile guerra civile a causa di una crisi fra i due. Infatti, Dagalo guida le forze paramilitari, le Rsf (le forze di supporto rapido), che hanno inglobato i famigerati Janjaweed, “diavoli a cavallo”, autori di massacri avvenuti nel corso di una guerra civile nei primi anni del Duemila nel Darfur, regione occidentale del Sudan. Burhan ha intenzione di estinguere le Rsf, dal momento che le considera criminali di guerra. È importante dire che Dagalo ha il controllo dell’estrazione dell’oro ed è riuscito ad ottenere l’appoggio dei mercenari russi del Gruppo Wagner, poiché questi ultimi trarrebbero benefici dal minerale.

La guerra civile tra le due fazioni è dietro l’angolo e il Sudan rischia di essere diviso in roccaforti controllate rispettivamente dai due generali. Le forze paramilitari sono costituite da ben 100mila unità, ma sono svantaggiate rispetto ai militari di Burhan per capacità: sono in grado di prendere azione soprattutto negli ambienti rurali, mentre nelle città, come Khartum, hanno grandi difficoltà. In più, non possiedono una forza aerea, di cui sono invece dotati gli altri. Intanto, i paramilitari hanno lanciato razzi nella città di Khartum e nel suo aeroporto, bombardando alcuni aerei civili e terrorizzando i loro passeggeri. Al momento, i combattimenti hanno portato alla morte di un centinaio di persone e ci sono stati circa mille feriti, ma i numeri sono destinati ad aumentare, se non si riuscirà a fermare il conflitto. Alcuni Paesi, come il Kenya, l’Egitto e il Sudan del Sud, si sono offerti di fare da mediatori fra i due generali, ma entrambi sembrano molto determinati nel difendere i propri interessi.

Le ultime tre settimane di scontri hanno già portato ad uno sfollamento interno di più di 75-mila abitanti, che sono fuggiti dalle loro case nelle città in cui hanno avuto luogo i combattimenti. Inoltre, circa 50-mila persone sono emigrate per rifugiarsi nei Paesi limitrofi, ovvero in Sudan del Sud, in Ciad e in Egitto. Chi è rimasto in Sudan, ma a breve tutte le persone che vivono nella regione nordorientale dell’Africa, deve anche affrontare una grave crisi alimentare. Infatti, a causa dei conflitti, i prezzi sono saliti alle stelle. A lanciare questo allarme è Martin Frick, direttore del Pam (Programma Alimentare Mondiale), che ha ricordato, tra l’altro, come già prima dei combattimenti un terzo della popolazione del Sudan fosse denutrita. Per questo, l’Organizzazione delle Nazioni Unite che dirige aveva disposto una rete di aiuti nei confronti di 7,6 milioni di persone, che, purtroppo, sono stati interrotti a causa della crisi attuale.

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