In questi giorni si discute molto di quello che sarà il futuro del governo italiano. Berlusconi sembra aver gettato la spugna dopo un ventennio, intuendo che il momento non gli permette altre mosse politiche, se non quella di lasciare la guida del governo. Almeno al momento, perchè le sorprese dal Cavaliere potrebbero non finire mai.
Quindi si parla di ipotesi: parte del Pdl e del suo dirimpettaio Pd sostengono un governo tecnico di caratura internazionale affidata a Mario Monti, economista e senatore a vita fresco di nomina. Diciamo che, quindi, le aree politiche più moderate si trovano d’accordo, in linea di massima, nel convogliare sforzi su questo nome, che pare possa garantire stabilità e ripresa economica. Dello stesso avviso, appunto, è il presidente della Camera Fini, come anche Casini, entrambi infatti hanno sposato la causa del Terzo Polo e lavorano in quest’ottica futura.
La Lega appare più ostica e vorrebbe elezioni subito per dare nuovamente la parola all’elettorato. in cambio mette sul tavolo il nome di Dini, che guidò già un governo tecnico vent’anni fa, un pò per alternativa a Monti un pò per ripicca.
A sinistra, Idv e Sel, inizialmente contrari a governi tecnici e alla nomina di Monti, si sono ammorbiditi dopo le moine di Bersani. Le posizioni dei due partiti sono in sintonia: accettano ora un governo tecnico ma che abbia una scadenza, che sia quindi utile alla ripresa; ma che garantisca da subito una data fissata per le elezioni.
Come sempre, quindi, il caos regna sovrano in entrambi gli schieramenti, con il Pd spaccato fra le sue due anime (cattolica moderata e laica progressista) e il Pdl rissosoal suo interno, con la Lega in fuga.
In tanti sostengono o auspicano il fallimento del bipolarismo nel nostro paese. Ma io non credo che questi signori abbiano mai realmente capito il senso del termine politico “bipolarismo”. Innanzitutto non è bipolarismo un sistema come il nostro, dove non sono presenti due coalizioni stabili e definite da anni. Ci sono attori che entrano e escono dai partiti o dalle coalizioni, c’è un centro ballerino e mobile, una sinistra riciclabile e riciclatrice, un Pdl acchiappatutti, una Lega al governo che spesso poi lo abbandona per opporvisi. Infatti, non è detto che debbano essere due i partiti, come accade nei bipolarismi più puri, a volte si presenta un terzo partito più o meno decisivo. Succede anche negli esempi americano e inglese di bipolarismo, coi liberali determinanti per il loro appoggio al governo inglese di Cameron. Un peso senza dubbio rilevante lo ha assunto ormai anche il partito dei Verdi in Germania, dove però le coalizioni di centrodestra e centrosinistra (se sono definibili in questo modo schematico) sono per lo più costanti nella loro composizione e nei loro intenti politici.
In Italia manca il terreno fertile perchè il bipolarismo cresca e si affermi: non c’è omogeneità territoriale, politica, culturale, manca il senso dello stato, non si percepiscono le istituzioni di governo vicine, non ha un’unità italiana voluta integralmente da tutti e quindi ancora non assorbita.
Il bipolarismo, in Italia, è un progetto difficile da realizzare perchè parliamo di una cultura politica che richiede anni per essere sviluppata. L’eterogeneità di un sistema come il nostro, dove l’unica cosa che abbiamo in comune fra Torino e Lecce sono i luoghi comuni che ci “sponsorizzano” all’estero, non dà punti di riferimento. Non ci si riconosce in uno schieramento o nell’altro perchè non ce ne sono due di schieramenti, ma vari e variabili. Non si è legati a un pensiero e un’idea perchè le stesse sostenute anni prima si modificano nel giro di dieci anni in modo radicale. La sinistra si è travasata a destra, la destra converge oggi al centro. In questi termini è difficile anche rimanere fedeli ad un credo politico o un’idea affine.
Il bipolarismo tanto voluto e sbandierato da Veltroni non ha ancora avuto inizio, ecco perchè parlare di fine mi sembra assurdo; non esiste ancora, di certo non puà finire. Ci siamo illusi che avere due coalizioni sia bipolarismo, ma a mio avviso una maggioranza e un’opposizione, perchè così le chiamerei, non fanno il bipolarismo.
Il giardino in cui si vuole innestare l’idea dev essere un giardino adatto e con un buon giardiniere. Nel nostro paese, purtroppo, di buoni giardinieri, pazienti, competenti e responsabili non ce sono molti. E va riconosciuto che anche il giardino forse non è dei piùù adatti; anche le condizioni storico-culturali rendono un sistema o uno stato più o meno riconoscibile, rappresentativo e rappresentato col bipolarismo.
Non so quanto sia così importante raggiungere il bipolarismo in politica, dal momento che non si riesce ad offrire a noi elettori una res publica in buona salute dall’insediamento dell’Assemblea Costituente del 1946 forse. Magari da lì dovremmo ripartire, da quella Carta bisfrattata e umiliata da molti giardinieri in parlamento, che non sanno usare le cesoie se non per far danni o rubare le rose migliori.
E allora il problema, non mi vengano a dire, che è la governabilità e che il bipolarismo offre stabilità agli esecutivi; il problema non è la governabilità, ma la moralità nell’occupare una posizione difficile,importante, responsabile, dove l’etica e il senso del bene comune dovrebbero contraddistinguere un’impegno d’enorme valore.