Due recenti avvenimenti entrano di diritto nelle nostre cronache marziane
“I libri di storia, ancora oggi condizionati dalla retorica della resistenza, saranno revisionati, se dovessimo vincere le elezioni. Questo è un tema del quale ci occuperemo con particolare attenzione”. Con questo monito alle future generazioni, l’8 aprile 2008 Marcello Dell’Utri, senatore della Repubblica italiana, esprimeva il suo rimarcabile e minaccioso punto di vista a pochi giorni di distanza dalla vittoria elettorale del centro-destra e conseguente costituzione del sessantesimo Governo della Repubblica, il Berlusconi quater. Ma probabilmente quel giorno il pensiero dellutriano non è rimasto costretto all’interno dei patrii confini e, rimbalzando sui satelliti internazionali, è finito per ricadere nel quartier generale del Partito Democratico albanese, pronto per essere messo in pratica alla prima occasione utile. E la prima occasione è arrivata dopo le recenti elezioni legislative. All’indomani della riconferma del Premier Berisha alla guida del Paese delle Aquile – avvenuta non senza accuse di brogli elettorali e fortemente contestata dal principale partito di opposizione, il Partito socialista guidato dall’eclettico sindaco di Tirana, Edi Rama – esce infatti in Albania il nuovo libro di testo di storia nazionale per gli studenti delle scuole medie. Un’iniziativa di aggiornamento lodevole, si sarebbe portati a pensare, soprattutto vista da parte di noi italiani,abituati a studiare su testi datati pieni di cifre espresse in lire, guerre fredde in corso, muri di berlino intatti. Ma tra le fila del partito socialista, dopo una prima lettura, non sono mancati gli svenimenti. Questi alcuni degli stralci più significativi: “L’opposizione sfruttando la caduta delle società piramidali, è riuscita ad organizzare la ribellione comunista del 1997 aprendo anche i depositi delle armi”, “Dopo la vittoria del Partito Socialista nel 2001 il paese è stato investito da un’ondata mai vista di corruzione, traffici e minore sicurezza”. Insomma dei giudizi storici imparziali e moderati che non hanno tardato a sollevare una forte protesta da parte di un’opposizione già sul piede di guerra per le controversie elettorali, e che ora domanda a gran voce il licenziamento degli autori e l’immediato ritiro di un libro definito vergognoso.
Ma cambiare il senso delle cose, non ha provocato un’ondata di dissenso solo in Albania. A molte miglia di distanza, per la precisione nel lontano pacifico meridionale, anche Samoa cambia… il senso di marcia e passa a sinistra. Una decisione ardita, che nessun Paese aveva avuto il coraggio di intraprendere dal 1970, anno in cui il re del Myanmar, Ne Win, obbligò i propri sudditi a guidare sulla carreggiata di destra per seguire le indicazioni di un indovino. Inevitabile il caos che hanno dovuto sopportare gli ignari cittadini di Samoa, con cartelli stradali rivolti dall’altro lato della carreggiata, porte d’accesso ai mezzi pubblici impossibili da raggiungere se non a costo della vita.
A detta del governo, la motivazione alla base del cambiamento sarebbe di natura economica: i samoani emigrati in Australia e Nuova Zelanda, dove si circola a sinistra, potranno infatti mandare le proprie auto usate ai familiari. Ma nessuna velina ufficiale regge il confronto con i consigli paterni impartiti dal primo ministro, Tuilaepa Sailele Malielegaoi, alla propria cittadinanza: “Non guidate se avete sonno, siete ubriachi o avete litigato con vostra moglie”, insieme ad un confortante. “Ho guidato a Londra, dove le auto si incrociano continuamente, e ci ho messo solo tre minuti per capire come funziona”. Che altro aggiungere dinnanzi a tale scaltrezza…