Venerdì 2 agosto 2022, ore 23.00 circa, Nancy Pelosi atterra a Taipei, Taiwan. La Cina condanna fermamente (e non solo) la visita della Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti. Un altro passo verso il deterioramento dei rapporti tra le due grandi potenze, Cina e Stati Uniti, è compiuto. Per quale motivo? Che importanza ha Taiwan per la Cina? Perché a oltre settantanni dalla fine della guerra civile cinese si parla ancora dell’Isola di Formosa? Cina e Taiwan a settant’anni dalla guerra civile
La guerra civile cinese
Le radici del turbolento rapporto tra il gigante asiatico e la “bella” isola affondano nella guerra civile cinese. Il primo dopoguerra generò un profondo malcontento nella popolazione cinese: pur schierandosi contro la Germania e l’Austria-Ungheria, la Cina non ottenne le restituzioni territoriali da parte del Giappone in cui sperava.
Con la manifestazione studentesca del 4 maggio 1919, a Pechino, secondo diverse fonti storiche ha inizio la vera rivoluzione cinese. Solo in questo momento la classe studentesca prende coscienza di sé e le idee rivoluzionarie non sono più appannaggio di una ristretta cerchia di intellettuali.
Chi sono i due main players della guerra civile? Da un lato il Guomindang (Partito Nazionalista cinese), fondato da Sun Yat-sen. Dall’altro il Partito Comunista, nato nel maggio del 1921, che vede il futuro presidente Mao Zedong fra i primi iscritti. Inizialmente i due partiti, Nazionalista e Comunista, cooperarono per opporsi al governo autocratico di Pechino di Yuan Shih-kai, corrotto e servo delle potenze straniere. Grazie a questa collaborazione, il Guomindang ricevette assistenza dall’Unione Sovietica mentre il Partito Comunista riuscì ad allocare alcuni suoi membri nel Governo nazionale.
Tra “destra” e “sinistra”
Dopo la morte di Sun Yat-sen, i rapporti tra la il Partito nazionalista e Comunista cambiarono profondamente. Il Guomindang era diviso internamente tra una <<destra>> e una <<sinistra>>. La prima, sin da subito diffidente nei confronti dei comunisti, la seconda più incline a cooperare con gli stessi. A sostituire Sun Yat-sen fu Wang Jingwei, esponente della <<sinistra>>. Progressivamente, il Generale Chiang Kai-shek, esponente della <<destra>>, conquistò il favore di molti nazionalisti sbarazzandosi dei comunisti presenti nell’esercito. Il 6 giugno, il Generalissimo (soprannome di Chiang Kai-shek), divenne comandante supremo dell’Esercito nazionale rivoluzionario.
Il mese successivo, il Guomindang lanciò la c.d. <<spedizione contro i signori della guerra del Nord>>. Durante la campagna militare, finalizzata alla riunificazione della Cina, si generarono una serie di contrasti di indirizzo strategico all’interno del Partito Nazionalista, portando alla formazione di due governi paralleli: uno a Whuan rappresentativo della <<sinistra>> e uno a Nanchino rappresentativo della <<destra>>. Il governo di Wuhan non riusciva a controllare realmente il territorio in quanto, nel medesimo, il Partito Comunista tentava di realizzare i suoi obiettivi rivoluzionari. Perciò Wang Jingwei, capo del governo di Whuan, ruppe i legami con i comunisti. L’indebolimento della <<sinistra>>, dopo aver perso il suo alleato comunista, portò alla fine del governo di Whuan. Nel frattempo, il Generalissimo, grazie ai suoi meriti militari, divenne capo dello Stato. Ormai dominus incontrastato del governo di Nanchino, Chiang Kai-shek riprese la spedizione contro il Nord e nel giro di pochi mesi le sue truppe occuparono Pechino.
Chiang Kai-shek e i comunisti
A partire dalla loro espulsione dal governo di Wuhan e soprattutto con il colpo di mano di Chiang Kai-shek, il Partito Comunista ebbe vita difficile. Quest’ultimo era oltretutto attraversato da due correnti principali. Da un lato Mao Zedong, che colse brillantemente la natura rurale della Cina puntando al coinvolgimento del mondo contadino per la realizzazione della rivoluzione comunista. Dall’altro la vecchia classe dirigente, che considerava il lavoro nelle campagne solo strumentale al sostegno dei centri urbani. Mao Zedong riuscì via via a controllare una sempre più ampia porzione di territorio, fino a fondare, nel 1931, la Repubblica sovietica cinese, situata nelle aree di confine del Jiangxi, del Fujian e del Guangdong. Frattanto, la repressione innescata dal Generalissimo procedeva senza sosta. Nel gennaio 1935, la preminenza militare del Guomindang portò a quella che viene ricordata come <<la lunga marcia>>: i comunisti furono costretti a ritrarsi via via verso il nord della Cina.
Tuttavia, negli anni 1934-36, il piano di epurazione di Chiang Kai-shek dovette attendere a causa dell’invasione giapponese.
La guerra con il Giappone
Il Giappone mise subito in chiaro la sua intenzione di invadere la Cina, occupando, nel 1931 la Manciuria. Inizialmente Chiang Kai-shek, concentrato ad annientare i comunisti, sottovalutò l’aggressione giapponese. L’impopolarità di questa politica lo costrinse ben presto a lavorare insieme al Partito Comunista per la difesa della Cina.
Nel 1945, il Giappone uscì sconfitto dalla seconda guerra mondiale. Il regime nazionalista, avendo combattuto contro lo stesso, assunse un certo prestigio internazionale. La Cina ottenne lo status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’abrogazione dei trattati ineguali e la restituzione dei territori caduti in mano giapponese. Tali risultati però, non bastarono per frenare l’avanzata comunista.
La fine della guerra e la vittoria di Mao
Durante la guerra cino-giapponese, i comunisti erano riusciti a impadronirsi di gran parte della Cina del nord, nonché della Manciuria evacuata dall’Unione Sovietica. Lo scontro tra le due fazioni, Guomindang e Partito Comunista, era inoltre diventato uno dei tanti scenari di confronto tra Stati Uniti e URSS, nel periodo della guerra fredda.
Mao Zedong intuì la potenzialità strategica delle campagne anche ai fini militari: permettevano di accerchiare i centri urbani “nazionalisti”. Per questo motivo, gli aiuti americani inviati alle truppe di Chiang Kai-shek non furono sufficienti a impedire la vittoria comunista. Oltre a questo errore strategico, il Guomindang aveva fallito nella realizzazione di tutte le riforme promesse fin dai tempi di Sun Yat-sen ed era spesso accusato di corruzione. Al contrario, il Partito Comunista poteva contare sull’appoggio popolare grazie al suo programma in favore dei contadini, messo in atto nei territori dove si stanziava. Tutto questo portò alla vittoria del Partito Comunista, che fondò, il 1° ottobre 1949, la Repubblica Popolare cinese, con Mao Zedong come Capo di Stato.
Repubblica di Cina e Repubblica Popolare cinese
Quando la vittoria di Mao era ormai certa, Chiang Kai-shek, insieme al suo fedele esercito, si rifugiò a Taiwan. I comunisti, sprovvisti di navi da guerra, non poterono impedire il definitivo trasferimento del governo nazionalista nella “bella Isola”, che avvenne il 9 dicembre 1949. A Taiwan, il Guomindang proclamò la Repubblica di Cina, che reclamava di essere l’unica Cina legittima in contrapposizione alla Repubblica Popolare cinese, padrona della Cina continentale.
A partire dalla guerra di Corea, 1950-1953, gli Stati Uniti sostennero sia militarmente che economicamente Taiwan, permettendo all’isola di svilupparsi e progredire. Allo stesso tempo, proprio perché coinvolta nel conflitto coreano, la Cina continentale dovette rimandare la riconquista di Taiwan al momento della cessazione delle ostilità. La Repubblica Popolare cinese inviò truppe in territorio coreano e per sopperire alle spese militare si indebitò con l’URSS.
La partecipazione della Cina al conflitto coreano convinse gli Stati Uniti a impedire che il seggio cinese nel Consiglio di Sicurezza fosse occupato da Pechino piuttosto che da Taipei. Tale situazione presso le Nazioni Unite permarrà sino al 1971. Solo grazie al distacco di Mao dall’Unione Sovietica e all’inasprirsi dei rapporti tra URSS e Stati Uniti, Nixon promosse un’apertura nei confronti della Cina continentale. Il 25 ottobre 1971, con la Risoluzione 2758, l’Assemblea Generale dell’ONU priva Taiwan del suo seggio al Consiglio di sicurezza e riconosce, quale unico rappresentante legittimo della Cina, la Repubblica Popolare cinese
Le tre crisi nello stretto di Taiwan
I
Terminato il conflitto coreano, precisamente nel settembre del 1954, ha inizio la prima crisi nello stretto di Taiwan, ossia un primo tentativo da parte della Cina continentale di riappropriarsi dell’Isola di Formosa. D’altronde, isolata da tutti tranne (per ora) che dall’Unione Sovietica, la Cina aveva poco da perdere. Gli Stati Uniti non rimasero a guardare, bensì conclusero, il 2 dicembre, un trattato di alleanza e di mutua difesa relativo a Taiwan e le Isole Pescadores. Ad ogni modo, è solo con la Conferenza di Bandung del 23 aprile 1955, che la Cina si espresse nella direzione di negoziati con Washington per migliorare la crisi.
II
Quattro anni più tardi, nel 1958, scoppiò la seconda crisi nello stretto di Taiwan. La Repubblica Popolare cinese versava nuovamente in una condizione di isolamento, questa volta anche rispetto all’URSS. Durante il XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Chruscév attaccava Stalin e lo stalinismo mentre Mao Zedong si sentiva ancora molto debitore del modello stalinista. Allo stesso tempo, la Repubblica Popolare cinese adottò un (fallimentare) piano economico-sociale, il c.d. <<grande balzo in avanti>>, per promuovere velocemente un passaggio da una economia agricola a una industriale. Chruscév definì Mao Zedong anti-marxista. Comunque sia, la Cina continentale, il 23 agosto 1958, iniziò a bombardare le isole circostanti Taiwan. Gli Stati Uniti risposero mobilitando la VII flotta e altre unità navali ed aeree, finché, a poco a poco, gli attacchi cinesi vennero sospesi.
III
Le origini della terza crisi sullo stretto di Taiwan sono molteplici. Sicuramente la visita dell’allora presidente della Repubblica di Cina, Lee Teng-hui, presso gli Stati Uniti, nel 1994, non fu gradita a Pechino. L’altra radice del conflitto è in corrispondenza alle prime elezioni presidenziali in cui il popolo taiwanese elesse direttamente il proprio presidente. Lee Tenghui, che poi fu rieletto, menzionava spesso, nei suoi discorsi, il suo favore all’indipendenza e alla democrazia. La Repubblica Popolare cinese reagì con una rappresaglia missilistica nello stretto di Taiwan, il 7 luglio 1995. Gli Stati Uniti risposero inviando, sulla base del Taiwan Relations Act, due portaerei e altre navi da guerra a difesa della Repubblica di Cina. Anche in questo caso, l’arsenale statunitense prevalse sulle aspirazioni cinesi.
La quarta crisi
Cina e Taiwan a settant’anni dalla guerra civile
La visita presso l’Isola di Formosa di Nancy Pelosi, il 2 agosto 2022, ha innescato quella che è stata definita come la quarta crisi sullo stretto di Taiwan. Si tratta di un evento storico per un motivo piuttosto semplice: è la prima volta, dopo il 1997, che un Alto rappresentante degli Stati Uniti si reca a Taiwan. La speaker della Camera dei rappresentanti incarna la terza carica istituzionale più importante degli Stati Uniti, preceduta da vicepresidente e presidente. Per questo, con poca sorpresa, la Cina ha reagito come ha sempre fatto in questi casi: con una serie di esercitazioni militari attorno a Taiwan. Infatti, il 4 agosto 2022, dopo il ritorno in patria di Nancy Pelosi, la Cina ha sfilato il suo arsenale di guerra in quelle che ha definito lei stessa come “targeted military operations“. Queste operazioni militari mirate avrebbero dovuto concludersi il 7 agosto, ma sono proseguite anche nelle settimane successive.
Inoltre, il 10 agosto, la Repubblica Popolare cinese ha pubblicato il libro bianco intitolato “The Taiwan Question and China’s Reunification in the New Era”. Il testo afferma che Taiwan è indiscutibilmente parte della Cina e la riunificazione effettiva dell’Isola con il territorio continentale è essenziale per il popolo cinese.
Gli ultimi sviluppi
Il 24 settembre 2022, ora locale, il Ministro degli Esteri Wang Yi ha partecipato al Dibattito Generale della 77a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nella Dichiarazione rilasciata, il Ministro ricorda la su citata Risoluzione 2758 e di come questa esprima la volontà di impedire la creazione di “two Chinas” o “one China, one Taiwan”. Wang Yi sostiene che la Cina continuerà a impegnarsi per ottenere la riunificazione pacifica, combattendo tanto le aspirazioni indipendentiste di Taiwan quanto le interferenze esterne. Chiaro riferimento agli Stati Uniti.
Il triangolo no…beh forse sì
La questione di Taiwan è legata, come visto, a ragioni storiche radicate e sedimentate nel tempo. Pensare di prevedere quali interessi prevarranno è impossibile. La guerra in atto tra Russia e Ucraina c’è lo ha insegnato. Certo è che, qualunque sarà l’epilogo, i protagonisti saranno quelli di sempre: Cina, Stati Uniti e Taiwan. Cina e Taiwan a settant’anni dalla guerra civile civile