Da circa cinque mesi, la guerra imperversa nel cuore dell’Europa. Il 24 febbraio di quest’anno, la Federazione russa, per volontà del suo presidente, Vladimir Putin, ha aggredito il territorio ucraino, contravvenendo al dogma del divieto dell’uso della forza. Le lancette del mondo girano in senso antiorario, riportandoci indietro di quasi un secolo, ai tempi delle due guerre mondiali. Lo spettro, che sembrava ormai sepolto, della guerra in senso “tradizionale”, ha convinto l’Unione Europea, con propri strumenti finanziari, a fornire armi al Paese sotto attacco. Questo evento inedito è stato definito dalla stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, come un watershed moment . Come l’Unione Europea sta armando l’Ucraina

Una guerra ai confini dell’Unione 

Un breve excursus può aiutare a evidenziare come il conflitto russo-ucraino inverta quel percorso che sembrava aver estirpato il flagello della guerra “tradizionale”. A partire dal 1945, gli Stati si obbligano a non risolvere le loro controversie con l’uso della forza, considerando come legittima esclusivamente la guerra difensiva. Questa dovrebbe essere la volontà degli attuali 193 Stati membri delle Nazioni Uniti. In effetti, nel secondo dopoguerra, più che di veri e propri conflitti bellici, si è parlato delle cosiddette missioni militari internazionali. Quale è la differenza? Nel conflitto bellico tradizionale, uno Stato subisce un’aggressione armata da parte di un altro. Per quanto riguarda le missioni militari internazionali, un gruppo più o meno ampio di Stati invia truppe all’estero, per svolgere, tendenzialmente sotto l’egida dell’ONU, della NATO o dell’Unione Europea, determinati compiti. Pertanto, nuovi concetti di guerra prendono forma: guerra preventiva (Iraq, 2003), umanitaria, (Kosovo, 1999), guerra al terrorismo internazionale (Afghanistan, 2001). Seppur differenti, la finalità di tutte queste missioni è la medesima: il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.

L’ intervento dell’Unione Europea: lo European Peace Facility

L’Unione Europea, preoccupata per questo conflitto ad est delle sue frontiere esterne, ha deciso di intervenire, ma in che modo? In primo luogo, attraverso una successione di misure restrittive nei confronti della Federazione russa. Dopodiché, ha deciso di assistere l’Ucraina sovvenzionando la fornitura di armi. Lo ha fatto e lo sta facendo, con uno strumento finanziario off-budget: lo European Peace Facility (EPF) o Strumento europeo per la pace. Istituito il 22 marzo 2021, con decisione (PESC) 2021/509, lo EPF è utilizzato dall’Unione per erogare finanziamenti nel settore della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC), in particolare nell’ambito della difesa o del settore militare. Lo Strumento europeo per la pace è composto da due pilastri:

  • “Operazioni”: per finanziarie le operazioni PSDC (Politica di Sicurezza e di Difesa Comune, parte della PESC) dell’UE con implicazioni militari o nel settore della difesa;
  • “Misure di assistenza”: per rafforzare le capacità militari e di difesa di Stati terzi o organizzazioni regionali o internazionali.

Nel caso della guerra in Ucraina, attualmente non è attiva alcuna operazione PSDC. Tuttavia, il 28 febbraio del 2022, sono state adottate due decisioni concernenti misure per assistere il Paese belligerante attaccato. 

Le misure di assistenza  

Quattro giorni dopo l’aggressione russa dell’Ucraina, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato due decisioni:

  1. Decisione (PESC) 2022/338 del Consiglio del 28 febbraio 2022 relativa a una misura di assistenza nell’ambito dello strumento europeo per la pace per la fornitura alle forze armate ucraine di materiale e piattaforme militari concepiti per l’uso letale della forza: finanzia la fornitura, alle forze armate ucraine, di materiale e piattaforme militari concepiti per l’uso letale della forza. E’ la prima volta in assoluto che l’Unione finanzia l’acquisto e la consegna di armi a un Paese sotto attacco.
  2. Decisione (PESC) 2022/339 del Consiglio del 28 febbraio 2022 relativa a una misura di assistenza nell’ambito dello strumento europeo per la pace per sostenere le forze armate ucraine: sovvenziona la fornitura di attrezzature non concepite per l’uso letale della forza. Per esempio, dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso e carburante.

Come si legge in entrambe le decisioni, le due misure di assistenza vogliono rafforzare le capacità e la resilienza delle forze armate ucraine al fine di:

  • difendere l’integrità territoriale e la sovranità del Paese;
  • proteggere la popolazione civile dall’aggressione militare in corso.

Per quanto riguarda la decisione 2022/339, l’Unione conferma un trend di misure di assistenza adottate a partire dall’istituzione dell’EPF, per sostenere Stati terzi e organizzazioni regionali o internazionali. Viceversa, la decisione 2022/338 rappresenta una novità assoluta. Questo perché, mai l’UE aveva finanziato la dotazione di armamenti letali a un Paese terzo, oltretutto sotto attacco. Non siamo a conoscenza, con precisione, di tutte le armi erogate all’Ucraina. Il nostro Paese, ad esempio, ha, per ragioni di sicurezza, apposto il segreto di stato sugli elenchi delle armi da inviare. Quello che sappiamo con certezza è che attualmente non sono stati inviati aerei da guerra da nessun Paese NATO. D’altronde, tale atto verrebbe considerato come ostile. 

Da 500 milioni a 2.5 miliardi

Le due decisioni del 28 febbraio 2022, stanziavano, complessivamente, 500 milioni di euro (in particolare, 450 milioni sulla base della decisione 2022/338 e 50 milioni in base alla decisione 2022/339) all’Ucraina per finanziarie sia attrezzature concepite per l’uso letale della forza che non. Nei mesi successivi, a causa dell’inasprirsi della guerra, il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una serie di decisioni per aumentare il sostegno finanziario. La prima ondata è stata il 23 marzo, la seconda il 13 aprile, la terza il 23 maggio e l’ultima il 21 luglio. In tutti questi casi, il Consiglio ha modificato le decisioni 2022/338 e 2022/339 relativamente al budget da destinare all’Ucraina. Come si legge nel comunicato stampa del Consiglio, con le decisioni (PESC) 2022/1284 (che modifica la decisione 2022/338) e 2022/1285 (che modifica la decisione 2022/339), il contributo dell’UE per l’Ucraina, sempre a titolo EPF, è attualmente pari a 2.5 miliardi di euro.

Gli obblighi dell’Ucraina

La Decisione 2021/509 che istituisce lo EPF, all’articolo 64, disciplina la sospensione o cessazione delle misure di assistenza. Con estrema sintesi, due sono i macro casi:

  • il beneficiario viola gli obblighi di diritto internazionale, con particolare attenzione alla branca umanitaria e dei diritti umani;
  • il beneficiario non adempie agli impegni assunti sulla base degli accordi negoziati ex articolo 62.

L’articolo 62 della decisione EPF, afferma che l’Alto rappresentante debba concludere accordi con il beneficiario, relativi alle condizioni di attuazione della misura di assistenza. Il paragrafo due di questo articolo, afferma che gli accordi debbano assicurare la manutenzione e il corretto utilizzo dei mezzi. Inoltre, vieta l’abbandono o il trasferimento degli stessi a enti o persone non autorizzate. Accertate queste violazioni, l’Unione può procedere a sospendere o cessare la misura di assistenza. Tuttavia, un’analisi critica della situazione fa emergere come, in un contesto bellico, assicurare il rispetto di tutte le garanzie elencate appaia piuttosto difficile. Per di più, al limite, l’Unione potrebbe interrompere il flusso di ulteriori armamenti all’Ucraina. Infatti, dal punto di vista logistico, riprendere il materiale già consegnato appare problematico.

Tra intervento e neutralità

La posizione dell’Unione rispetto al conflitto russo-ucraino è stata palesata ufficialmente in diverse occasioni. Dapprima, con la Risoluzione del Parlamento europeo del 1° marzo 2022. Ciò nonostante, non mancano dissapori tra i vari Stati membri dell’UE, né tanto meno posizioni contrastanti tra le forze politiche interne a ciascun Paese. Basti pensare che l’invio delle armi all’Ucraina ha causato dissapori all’interno dell’oramai caduto governo Draghi. In ogni caso, il finanziamento della fornitura di armamenti letali da parte dell’Unione si inserisce in una posizione mediana, tra neutralità e intervento nel conflitto.

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