“E là nell’ombra delle nubi sperduto, giace in frantumi un paesetto Lucano” : sono queste le parole di un poeta della Lucania, Rocco Scotellaro, che scritte su un muro danno il benvenuto a Craco, non molto lontano da Matera, nel cuore della Basilicata.
Un piccolo borgo abbandonato che si è guadagnato la fama di “città fantasma”, in cui il tempo sembra essersi fermato, divenendo una forte attrazione per turisti e registi provenienti da tutto il mondo.
La storia di Craco
Una storia, quella di Craco, davvero antica, come testimoniano alcune tombe risalenti al VIII secolo a.C. Dapprima fu dominata dai Bizantini, i quali incentivarono lo sviluppo dell’agricoltura, a cui si deve, non a caso, il nome dello stesso paesello che deriva da Graculum, ovvero “piccolo campo arato”; successivamente passò sotto il dominio dei Normanni, con i quali assunse la caratteristica struttura del borgo che mantiene ancora oggi: le case arroccate attorno al torrione quadrato del centro. Durante il Medioevo, Craco fu soggetta al fenomeno del latifondismo, difatti fino al 1806 si affermò come uno dei feudi più importanti della Basilicata. Intanto, nel 1276 era diventata anche una notevole sede universitaria. In seguito, il paese, come altri centri lucani, fu attaccato dal brigantaggio: prima durante il periodo napoleonico nel 1807, poi nel periodo successivo all’unificazione italiana nel 1861.
L’abbandono di Craco
Negli anni Sessanta si verificò una terribile frana che costrinse Craco allo spopolamento: gli abitanti, infatti, abbandonarono il borgo e si trasferirono a valle nella località Craco Peschiera; a seguire, nel 1972, ci fu un’alluvione che aggravò la situazione: una catastrofe idro-geologica che forse si sarebbe potuta evitare, se solo all’epoca ci fossero state le conoscenze pratiche e le tecnologie di cui disponiamo oggi.
Tuttavia, ancora una volta la natura dimostrò di avere piena potenza con il terremoto del 1980, quando si perse ogni speranza di ripopolare il paese, che da allora ha assunto l’appellativo di “fantasma”.
Dal 2010, Craco è rientrato a far parte della lista dei monumenti da salvaguardare, stilata dall’ organizzazione no profit World Monument Found, divenendo in tal modo un vero e proprio museo a cielo aperto.
Craco ritorna in vita tra cinema e turismo
Realtà e immaginazione si fondono perfettamente in questo paesaggio circondato da calanchi: un panorama unico e mozzafiato a tal punto da diventare lo scenario hollywoodiano della Basilicata dimolti film, come “Cristo si è fermato a Eboli” di Francesco Rosi, “La Passione di Cristo” di Mel Gibson oppure ancora “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo. In quest’ultimo film, uno dei protagonisti, a proposito di Craco, dice: “Non ha retto la modernità, e mi piace pensare che l’ha rifiutata.” Ed è proprio la mancata modernità la chiave del successo di questo posto, in quanto la sensazione di immobilità nello spazio e nel tempo spinge la curiosità di molti visitatori a giungere a Craco. Anche lo scrittore e giornalista inglese Tobias Jones, si esprime riguardo a questa località, e afferma: “È un luogo spettrale, ma che inaspettatamente affascina. Viene quasi voglia di restare qui, di camminare per stradine strette e ripide scalinate e sentire la melanconia dell’assenza di umanità”.
Per soddisfare quella voglia di cui parla Jones, dal 2011 il comune ha creato un itinerario, rinnovato nel 2012, mediante il quale, i turisti hanno la possibilità di ammirare l’interno del borgo e passando per vicoli e contrade possono scoprire la bellezza di edifici rimasti intatti come la Chiesa Madre di San Nicola e la Torre Normanna. È stato allestito anche il Museo Emozionale di Craco (MEC), dove attraverso la sala proiezioni e l’archivio digitale, si può contemplare la memoria del posto. Tuttavia, visitare questo posto senza un tour guidato non è possibile: bisogna acquistare la carta d’ingresso, la cosiddetta Craco card e firmare la liberatoria sui rischi e la sicurezza. Purtroppo, da Giugno 2022 le visite a Craco sono state sospese ma si spera vivamente che siano riprese il prima possibile affinché la “città fantasma” torni a vivere come patrimonio culturale.