Il peperone di Senise sembra un peperoncino ma contrariamente a quanto si pensa, non è
assolutamente piccante, anzi tutt’altro: è dolce! L’ “oro rosso” lucano che vale la pensa conoscere, è una varietà di peperone tipica di Senise, piccolo paese della provincia di Potenza, in Basilicata.
Le origini di questo peperone risalgono al XVI e al XVII secolo, quando con Cristoforo Colombo, questo ortaggio americano giunse dalle Antille in Europa, dove trovò un habitat ideale per la coltivazione, in particolare in Basilicata, la cui principale zona di produzione è Senise, ma ci sono anche altri comuni limitrofi delle province di Matera e Potenza che lo producono e che si trovano nell’area che fa parte del Parco Nazionale del Pollino, compresa tra i fiumi Sinni e Agri.
Si tratta di un ortaggio ottenuto dalla coltivazione della pianta Capsicum annum, la cui produzione si basa su diverse fasi, a partire dalla selezione dei semi, dalla produzione delle piantine in vivaio, sino alla coltivazione sul campo, alla raccolta, nonché alla trasformazione del prodotto nelle varie modalità in cui può essere consumato (fresco, secco o macinato) ed infine al confezionamento.
Attraverso attenti controlli si garantisce un prodotto che mantiene le sue caratteristiche costanti nel tempo e conformi alla regola della tradizione dal campo al consumatore, o meglio dalla terra alla tavola!
È quanto si legge su un articolo del 12 settembre 2004 su “Il Corriere della Sera” a proposito di questo peperone: una vera e propria tradizione sacra, quella del “zafaran”, nelle famiglie e ancor di più nei produttori, grazie ai quali l’economia dei peperoni rossi ha ripreso vigore, diventando filiera ortofrutticola. Tra le aziende che hanno fortemente creduto nell’ iniziativa tutta dedicata al recupero di un’antica tradizione locale vi sono l’Azienda Agricola di Giuseppe Pennella e la Masseria Agricola Buongiorno di Enrico Fanelli e Maddalena Guerriero, che sono mosse dall’intento di promuovere e valorizzare l’eccellenza della gastronomia lucana. Infatti, è grazie alle aziende agricole di questa piana ai margini dell’invaso di Montecotugno, la più grande diga in terra battuta d’Europa, che oggi si riconosce l’importanza di questo prodotto, protagonista indiscusso della rinascita di questo borgo della Basilicata, dove ancora gli emigranti partono a ondate verso il Nord. Non a caso, lo scopo di queste aziende che sono riuscite a fare della tradizione il proprio lavoro, è stato quello di ridare impulso a un settore agricolo storicamente importante per l’economia di questi luoghi che risentono del ricambio generazionale. Il peperone è davvero l’ “oro
rosso” che combatte l’emigrazione: basti pensare che fresco, è venduto in media a 1,50 euro al kg, mentre essiccato, è venduto all’ingrosso a 25 euro al kg e addirittura nei sacchetti confezionati per i negozi del Nord e dell’estero arriva sino a 70 euro al kg! Il motivo di questi costi tanto elevati sta nelle tecniche di produzione e lavorazione, pressoché immutate nei secoli: dalla raccolta all’insertamento con ago e spago delle cosiddette “serte”, ovvero collane di peperoni, fino al confezionamento la selezione è ancora e sempre manuale. Ciò incide molto sul costo del prodotto, che diventa di nicchia, ecco perché è definito “oro rosso”. Dunque, la produzione e la commercializzazione sia allo stato fresco, secco e in polvere del peperone è fonte sia di ricchezza e lavoro per il paese sia di continua valorizzazione del territorio. Non a caso, dal 1996, il peperone è stato riconosciuto come prodotto ortofrutticolo a indicazione geografica protetta (IGP), una garanzia per chi acquista prodotti con marchio di tutela, come i peperoni appunto, in quanto non porta a tavola un semplice alimento ma un pezzo della tradizione di un territorio, la qualità con
un’anagrafe certa. L’ IGP mette in diretta correlazione il prodotto con il suo territorio di
riferimento per cui pensarlo e usarlo all’infuori del contesto territoriale è assolutamente fuori luogo.
Quindi, quella di accostare un prodotto gastronomico ad un territorio che gli è estraneo, è una pratica scorretta ed è proprio contro questa pratica che nell’aprile 2015 è stato costituito il Consorzio di Tutela dei Peperoni di Senise IGP, cui hanno aderito quindici aziende tra produttori e confezionatori dell’area di Senise, per difendere e promuovere il vero peperone da quella che può essere definita come agropirateria, e garantire che se il peperone è “crusco”, è di Senise! Così a difesa del peperone che fa “crusck”, il marchio del peperone IGP compare sugli imballaggi del prodotto, con il fine di promuovere e valorizzare il prodotto, il territorio e l’esperienza tramandata da generazioni di questo “saper-fare”, unico e inimitabile. Non a caso, ogni singolo processo viene eseguito secondo rigide regole imposte dal Disciplinare di produzione, approvato dall’Unione Europea, che garantiscono il rispetto di una lavorazione solo lucana secondo la tradizione e certificano il profondo legame con il territorio in cui si produce. Ecco perché acquistare il peperone IGP significa acquistare una parte della tradizione agroalimentare della Basilicata.
L’uso del peperone in cucina arriva in tv
Il peperone di Senise si può utilizzare fresco, conservato per una decina di giorni in frigorifero, mentre essiccato e in polvere si conserva a lungo, riponendolo in un luogo asciutto e fresco. Quando è fresco si può cucinare alla brace o grigliato: si scortica della sottile e resistente cuticola e si condiscono con olio, aglio e sale; oppure si può preparare come peperone ripieno, con aggiunta di mollica, aglio e alici. Tuttavia, l’uso più popolare del prodotto è quello di essere essiccato, nel cosiddetto “crusco”, elemento regale della cucina lucana. I peperoni allo stato secco vengono solitamente fritti in olio di oliva bollente e successivamente salati e prendono il nome di “zafaran crusck” (peperoni croccanti): leggeri e friabili come delle chips, in un’irresistibile frequenza di uno tira l’altro.
Oltre a fritto, il peperone è usato anche in polvere, che in dialetto è tipicamente detto “zafaran pisat”, perché ricorda per colore e struttura il classico zafferano, ma in questo caso è uno “zafferano rosso”, quello della Basilicata. In più, la nostra, è una spezia assolutamente naturale, la cui produzione in regime di certificazione, garantisce la provenienza geografica e la certezza che non si tratti di un prodotto adulterato da coloranti e additivi. Un prodotto che, come si può capire dal vasto impiego in gastronomia, non ha alcuna controindicazione, neppure nelle quantità. Dal punto di vista nutrizionale è ricco di vitamina A, E, K,PP e soprattutto vitamina C.
In polvere, è usato per speziare minestre, come “fagioli e finocchi”, insaporire cime di rapa, pasta o baccalà e soprattutto per condire i salumi tradizionali, che proprio grazie ad esso assumono il tipico colore rosso vivo!
Inoltre, oggi più che mai si assiste ad una nuova interpretazione del peperone: il peperone si fa marmellata. Si tratta di una preparazione chiamata “Dolcezza di peperoni” fatta semplicemente da peperoni e zucchero che viene gustata spalmandola direttamente sul pane oppure usata per farcire crostate. Con il peperone si creano anche altre specialità dolci, come gelati, panettoni e addirittura cioccolate, da cui prende il nome il “Cioccocrusco”: una delle ultime creazioni in cui peperone e cioccolato fondente si fondono alla perfezione.
Al peperone di Senise è dedicata una sagra, nota come “U strittul ru zafaran” (Il vicolo del
peperone), che si tiene ogni anno l’11 Agosto: il centro storico di Senise si tinge del rosso del peperone mostrando e dando la possibilità di gustare specialità a base di “zafaran”.
Un prodotto raffinato, che rende fiero il paese di produzione, perché rientra tra le varietà più pregiate dei peroni italiani.
Negli ultimi anni, il peperone “crusco” ha conquistato il palato di numerosi chef, che l’hanno
inserito in diverse preparazioni gourmet, abbandonando così la sua dimensione regionale per entrare prepotentemente nella gastronomia nazionale e internazionale. A tal proposito, si può citare il famoso programma di cucina “4 Ristoranti” che dedica una puntata alla scoperta dei sapori della Basilicata e lo chef Alessandro Borghese, recatosi nei territori lucani, è chiamato a giudicare il miglior ristorante che interpreta i sapori antichi della regione, come il peperone! Questa è la conferma che il “crusco” si fa conoscere sempre più, entrando, attraverso la tv, nelle case degli italiani e non solo!
Il peperone in Italia e all’estero
Il peperone rientra sempre più in un ampio progetto di comunicazione che vede presente il
prodotto in iniziative di tipo culturale, editoriale, di animazione turistica con il fine di
commercializzarlo ai mercati qualificati in tutta Italia e non solo, laddove ci sono consumatori che ricercano il gusto delle tradizioni. Basti pensare alla recente partecipazione al Villaggio Coldiretti, tenutosi nella Capitale Europea della Cultura 2019, Matera, dallo slogan #stoconicontadini; oppure alla comparsa all’EXPO a Dubai del 2020, attraverso gli occhi del regista Gabriele Salvatores, che ha raccontato l’eccellenza della tradizione alimentare dell’oro rosso della Lucania, il vero “saper fare” della regione.
Questo ha permesso di registrare un concreto interesse di operatori esteri, arrivati a Senise
appositamente da Giappone, Francia, Belgio e USA. Essi rappresentano prospettive di sviluppo, con l’apertura di un mercato economico enorme: basti pensare all’interesse della giornalista giapponese, Kazuko Nagamoto, curatrice di una rubrica di gastronomia per un’importante rivista giapponese “Iot”, che navigando in Internet, è rimasta colpita dalle caratteristiche del peperone di Senise e attraverso collaboratori italiani è riuscita a mettersi in contatto con l’Azienda Agricola di Pennella. È stata personalmente in visita presso l’azienda per vedere con i propri occhi il peperone e ha promesso un numero speciale dedicato al peperone sulla sua rivista. Questo è un segnale preciso per il “zafaran” di Senise: l’aprirsi di un grande futuro, anche in direzione Sol Levante!