Una coalizione eccezionale per un’impresa al limite del possibile, è quella istituita da tutti i partiti di opposizione a Fidesz in vista delle elezioni parlamentari del 3 aprile scorso in Ungheria. Il Partito Socialista, il Partito Verde, Dialogo per l’Ungheria, Coalizione Democratica insieme, sorprendentemente, a Movimento Momentum liberale e Jobbik conservatore. Tutti uniti per un solo obbiettivo: sconfiggere il Primo Ministro uscente Viktor Orbán. La sua nemesi Péter Márki-Zay è stata la figura attorno alla quale tante sensibilità diverse hanno trovato una sintesi. È sindaco di Hódmezővásárhely dal 2018, anche lui un conservatore: cattolico praticante e padre di 7 figli. La differenza con il suo avversario? Ha posizioni atlantiste ed europeiste, nonché è difensore dello Stato di diritto.

Purtroppo la storica alleanza ha conquistato solo 57 seggi alle urne, che andranno divisi in base ai risultati elettorali fra le realtà che la compongono. Complice la disparità di mezzi e strumenti fra i due schieramenti concorrenti. A Uniti per l’Ungheria è stato concesso pochissimo spazio pubblico a causa del controllo governativo dei mezzi di stampa. Soli 5 minuti in televisione per il capolista e nessun confronto con il primo ministro uscente. In ultimo, la bocciatura da parte della commissione elettorale della convalida di brogli a seguito del ritrovamento di sacchi di schede in una discarica. Elezioni Ungheria: conseguenze geopolitiche

Fidesz riconquista perciò la maggioranza costituzionale del Parlamento. Ottiene 135 seggi su 199, cioè i 2/3 dell’aula parlamentare. Il suo leader, Orbán, è riconfermato primo ministro per il quinto mandato di cui è il quarto consecutivo. Elezioni Ungheria: conseguenze geopolitiche 

La vittoria “grande come la luna”, così definita dal leader magiaro, preoccupa l’UE ma fa sorridere Pechino.

L’asse Budapest-Pechino

La presenza cinese nella periferia orientale dell’Europa risale agli anni ’50 del secolo scorso, durante il periodo di solidarietà fra Paesi socialisti. Si è interrotta a causa della rottura dei rapporti sino-sovietici ed è ripresa agli inizi del 2000. Elezioni Ungheria: conseguenze geopolitiche 

La macro regione OPEC (Spazio Europeo Centro-orientale) è un key area per il Dragone. In primo luogo, perché è un mercato di 100mila consumatori. Inoltre, è il trampolino di lancio ottimale verso l’Europa occidentale. Quest’area è infatti uno degli snodi fondamentali del mastodontico progetto infrastrutturale lanciato dalla Cina, la Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta). Elezioni Ungheria: conseguenze geopolitiche 

Al di là di ciò l’Europa dell’est presenta tutte le principali caratteristiche che un territorio deve avere per attrarre gli investimenti esteri diretti cinesi: bassi costi di lavoro e degli asset aggiunti all’alta richiesta di prestiti.

I rapporti fra Cina e Ungheria germogliano in questo quadro, in cui fiorisce l’Associazione 17+1 nata per volontà cinese a partire dal 2010. Oltre all’Ungheria ne fanno parte Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Repubblica Ceca, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Romania e Grecia. È un forum di cooperazione multilaterale che nasconde una rete di relazioni bilaterali.

Dal 2016 ammonta a più di 100 miliardi di dollari la linea di credito versato da banche e fondi di investimento cinesi per investimenti nel campo delle infrastrutture, manifatture hi-tech e beni di consumo.

In Ungheria, il Dragone ha capitalizzato nel recupero dell’industria chimica, nello sviluppo del settore tecnologico dell’informazione e ovviamente, nel settore delle infrastrutture. Nel 2018 il Rhodium Group, uno dei più autorevoli centri di ricerca sulla Cina, registrava 2 miliardi di euro di investimenti fatti da Pechino nella Nazione danubiana.

In aggiunta, Budapest appare il “cavallo di Troia” perfetto per le infiltrazioni cinesi in Europa del Nord. A maggior ragione dopo le dichiarazioni fatte da Orbán al termine del summit del 2016 della 17+1: «Il centro di gravità dell’economia mondiale si è spostato da ovest a est, nonostante qualcuno in Occidente ancora lo neghi». Fin dai suoi esordi la politica estera adottata da Fidesz si è contraddistinta per uno sguardo d’interesse verso l’Asia, tant’è che i geopolitici l’hanno chiamata open to east (apertura a est). Grazie a ciò l’Ungheria ha vinto il titolo di Stato più filocinese dell’UE. In effetti, è il primo Paese dell’Europa comunitaria per influenza culturale cinese e per flussi migratori provenienti dalla Cina.

Márki-Zay ha criticato aspramente questo aspetto in campagna elettorale. Quello che voleva evidenziare era la mancanza di sinergia con il resto della comunità europea nella gestione dell’emergenza profughi, dovuta alle crisi in Africa e all’attuale in Ucraina, a fronte delle migrazioni di massa provenienti dalla Cina.

Il governo di Budapest è il primo sostenitore del Dragone in seno agli organi comunitari. Se da un lato ostacola le misure di contenimento economico disciplinate ad hoc per la Cina. Dall’altro prende posizioni affini per questioni rilevanti, come campagna vaccinale e guerra in Ucraina.

I rapporti con l’Unione Europea e l’amicizia con il Cremlino

Il Governo magiaro è stato l’unico in Europa ad autorizzare la somministrazione di Sputnik V e Sinopharm, rispettivamente i vaccini russo e cinese, senza l’approvazione dell’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali). Per giunta, ha dato inizio alla campagna vaccinale un giorno prima rispetto al resto dei membri UE.  L’ennesimo sbaffo che caratterizza la posizione magiara nazionalista e antieuropeista.

Negli ultimi due anni, i contrasti con la Commissione europea vertono sui fondi del piano Next Generation Eu. Lo scorso 16 febbraio, la Corte di Giustizia europea ha respinto il ricorso fatto da Ungheria e Polonia contro il meccanismo di condizionalità che vincola l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello Stato di diritto. Budapest rischia di non ottenere 7,2 miliardi di euro. Nel mirino dei vertici comunitari ci sono gli abusi inerenti al principio dell’indipendenza della magistratura, la soppressione della libertà di stampa e pensiero, i diritti delle minoranze, i conflitti d’interesse e la corruzione. Elezioni Ungheria: conseguenze geopolitiche 

Non è mancata la risposta di Orbán che ha affermato: «È una procedura sleale, motivata politicamente, avviata sull’iniziativa della sinistra europea per aiutare quella ungherese».

Poi ci sono gli scontri sulla questione Ucraina, sulla quale il partito di maggioranza ha basato gran parte della sua propaganda elettorale. Fidesz ha strumentalizzato le elezioni trasformandole in una sorta di referendum ad oggetto la pace o la guerra, convincendo gli elettori che la coalizione Uniti per l’Ungheria volesse condannarli a una situazione di conflitto. La comunicazione di Orbán è stata efficace, ponendosi come garante della pace ma soprattutto garante dell’unità territoriale ungherese.
La crisi Ucraina mette in seria difficoltà la trama di alleanze tessute da Orbán. Innanzitutto non è nella posizione di poter condannare l’operazione militare russa. Budapest intrattiene ottimi rapporti con Mosca. Difatti l’85% delle importazioni di gas all’Ungheria giunge dalla Federazione Russa, ed è lo stesso per il 64% delle forniture di petrolio. Questo fatto rischia di aggravare ulteriormente i rapporti con l’UE, giacché irrigidisce i rapporti con il partner polacco. Al resto delle Nazioni Visegrad continua a bruciare il passato comunista.

La protezione degli interessi nazionali è di conseguenza la giustificazione più adeguata al fine di mantenere l’appoggio interno e non creare contrasti con i due blocchi. Arriva quindi il no ungherese alle sanzioni economiche nei confronti della Russia, all’invio di truppe per i contingenti NATO e al passaggio di armi dirette alla resistenza ucraina sul suo suolo nazionale. Elezioni Ungheria:conseguenze geopolitiche 

Nei suoi primi discorsi dopo la riconferma, il leader di Fidesz non ha perso l’occasione per rendersi protagonista come mediatore nella risoluzione del conflitto. Ha perciò invitato Putin e Zelen’skyj ad una conferenza di pace in Ungheria, assieme al Cancelliere tedesco Scholz e il Presidente francese Macron. Invito che per il momento il Presidente russo non ha declinato. Elezioni Ungheria: conseguenze geopolitiche 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here