Ricorrono quest’anno i 20 anni dall’entrata in vigore dell’euro sotto forma di denaro contante. La valuta comune europea, adottata oggi da 19 stati membri della UE, fu introdotta per la prima volta nel 1999, sotto forma però di unità di conto virtuale. Le origini dell’euro risalgono al rapporto Delors del 1988, anno in cui il Consiglio europeo decise di creare un comitato formato dai singoli governatori delle banche centrali nazionali, il cui scopo era quello di far nascere una Unione monetaria ed economica, la quale diede vita alla nascita della Banca Centrale Europea (BCE).

Ad oggi è interessante porre in essere una analisi in grado di ricostruire i primi 20 anni di questa moneta ed il modo in cui la situazione politica, geopolitica, sociale ed economica sia cambiata con il passare degli anni e come questi cambiamenti si riflettano sul sistema euro.

 I PRIMI 10 ANNI DELL’EURO E I FUTURI PROBLEMI

Senza alcun dubbio ci sono state moltissime sorprese ed avvenimenti inaspettati negli ultimi 20 anni di storia europea. La crescita dell’euro è stata rapida nei primi anni e l’ha portata ad essere la seconda valuta più utilizzata al mondo, nonostante l’enorme scetticismo creatosi nel periodo immediato alla sua nascita. Nonostante ciò nei primi 10 anni di vita vi è stato il successo dovuto all’ incremento del raggio di azione dagli 11 Stati iniziali ai 19 attuali, con la previsione che questo numero aumenterà ancora nei prossimi anni. Ne rappresenta un esempio concreto la Croazia, che nel 2023 entrerà a far parte dell’eurozona sostituendo l’attuale moneta, la Kuna.

Se i primi 10 anni rappresentano il momento di massima crescita, di certo i successivi dieci ne rappresentano una fase che possiamo definire calante e disomogenea. Le istituzioni e gli Stati membri hanno convenuto in questi anni che la struttura intorno alla quale era stata costruita l’eurozona non era pronta a sostenere una crisi finanziaria globale e la crisi del debito sovrano. La risposta è stata l’istituzione di un sistema di sostegno comune e la nascita di un sistema di vigilanza europeo, quest’ ultimo nato con la finalità di svolgere attività di controllo sulle operazioni svolte dalle singole banche europee.

Di certo i primi momenti di difficoltà hanno fatto sì che ci si muovesse verso un rafforzamento della posizione internazionale dell’euro, traendo spunti interessanti e funzionali per contrastare le crisi sviluppatesi negli anni successivi.

Analizziamo quelli che sono tre eventi avvenuti negli ultimi 10 anni ed hanno destabilizzato la politica monetaria europea, cercando di cogliere le soluzioni e il lavoro svolto dalle istituzioni.

LA CRISI DEL DEBITO SOVRANO EUROPEO

Nel biennio 2009-2010 cresce tra gli investitori europei la paura per la possibile crescita del debito sovrano europeo. Ma quale è la causa dell’intensificarsi del debito?

Gli eccessivi prestiti portarono i Paesi ad avere problemi nei finanziamenti del deficit di bilancio, in particolare Spagna, Italia, Grecia e Portogallo svilupparono problemi con il rendimento dei titoli di stato, registrando un incremento dello Spread in rapporto agli altri paesi della UE. Il conseguente allarme nei mercati finanziari ha portato i ministri dell’economia europea ad adottare un pacchetto di recupero da 750 miliardi di euro (Fondo europeo di stabilità finanziaria).

Nonostante la crescita notevole del debito, l’euro ha però sempre mantenuto stabile il suo valore, mantenendo un potere di mercato maggiore rispetto ai principali partner commerciali dell’eurozona.

LA CRISI DELL’EURO RAPPORTATA ALL’AVVENTO DELLA PANDEMIA

La pandemia da Covid-19 ha rappresentato una sfida importante per i governi dei paesi dell’eurozona, forse la più insidiosa considerando i brevi termini di tempo disponibili per rispondere alla crisi sommati alla complessità delle istituzioni europee, le quali avevano sempre preso decisioni in tempi lunghi e successivamente a trattative interminabili. Le iniziative prese in campo monetario hanno rappresentato un successo per il sistema dell’euro, dimostrando di poter prendere decisioni importanti anche in tempi più ristretti rispetto alla norma.

Tra i più importanti strumenti adottati troviamo il Recovery Fund che ha introdotto 750 miliardi di euro erogabili nei prossimi anni (dei quali ben 210 destinati all’Italia) ed il SURE, parliamo di un fondo europeo a sostegno dei lavoratori colpiti dalla perdita di lavoro, mettendo a disposizione 100 miliardi di euro (dei quali 27 entrati nelle casse italiane).

La risposta delle autorità monetarie non ha previsto solo l’utilizzo di strumenti di politica monetaria, ma anche strumenti di alleggerimento dei regolamenti fiscali. Dopo una attentissima analisi la scelta di BCE (Banca Centrale Europea), EBA (European Banking Authority) e ESMA (European Securities and Markets Authority), è stata quella di concedere ulteriori permessi che hanno aperto la strada all’erogazione di nuovi prestiti bancari.

LA CRISI DELL’EURO LEGATA ALLO SCOPPIO DELLA GUERRA IN UCRAINA

Analizzando gli scenari geopolitici correnti possiamo comprendere perché anche la guerra in Ucraina può rappresentare un rischio concreto per il precario equilibrio dell’eurozona.

Dall’inizio del conflitto nel febbraio 2022 l’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia hanno rappresentato un problema da tenere sotto controllo, provocando la caduta degli instabili mercati europei. L’Italia rappresenta uno dei paesi più indebitati e con un tasso di crescita minore rispetto alla media dell’eurozona. Un aspetto che torna sempre in auge è il difetto dell’architettura del sistema euro, il quale fa si che i mercati si trovino in balia della speculazione finanziaria, provocando sempre di più la crescita dello Spread, ampliando conseguentemente il differenziale di crescita del costo dei debiti.

La BCE di fronte all’inflazione europea, giunta ormai all’8%, ha bloccato l’acquisto di titoli pubblici, provocando la crisi della sostenibilità del debito, mettendo nuovamente in pericolo l’equilibrio finanziario dell’Italia e dell’euro. Il problema è rappresentato dal fatto che la BCE, secondo il Trattato di Maastricht, non sia autorizzata ad intervenire per salvare i singoli stati da speculazioni finanziarie, ma può farlo solamente per finanziare le banche dell’euro.

 LE SOLUZIONI PER IL FUTURO DELL’EUROZONA

Se da una parte sono stati raggiunti dei risultati complessivamente buoni nei primi 20 anni di moneta euro, dall’altra parte c’è sicuramente molto lavoro da fare per migliorare e rendere più stabile l’eurozona. Cosa bisognerebbe fare allora per raggiungere questa stabilità?

La nuova strategia della BCE prevede il raggiungimento di un livello stabile dei prezzi nell’area dell’euro, avvalendosi sul piano tecnico di strumenti, indicatori e obiettivi intermedi di politica monetaria. L’ultima revisione della politica monetaria della BCE era avvenuta solo nel lontano 2003. Da quel momento tra crisi politiche, economico-sociali e geopolitiche che si sono susseguite nel corso degli anni risulta ampiamente necessaria una revisione più frequente della politica monetaria al fine di adattare quest’ultima ai cambiamenti a livello europeo e globale.

Come riportato in un articolo firmato dai ministri delle finanze dell’eurozona: “La moneta comune è un’impresa collettiva senza precedenti e una conferma dell’unità su cui si fonda la nostra Unione”.

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