Il fallimento della Silicon Valley Bank, avvenuto lo scorso 10 marzo, ha messo a rischio i capitali di numerose imprese e privati, ma nondimeno ha intimorito la totalità dei sistemi economici mondiali, dato il ricordo della crisi del 2008 scaturita da Lehman Brothers. Passiamo ora in rassegna i motivi che hanno determinato il fallimento di quella che era la sedicesima maggiore banca degli USA, analizzando quindi le similitudini con la situazione del 2007 per valutare se vi è un effettivo rischio contagio.

Silicon Valley Bank era una banca commerciale fondata nel 1983 con sede a Santa Clara, in California. Fin dall’inizio ha indirizzato la sua attività verso società legate al settore tecnologico e verso start-up, risulta infatti che quasi la metà delle società dei comparti salute e tecnologia sostenute da venture capital fossero finanziate da SVB. Oltre a finanziare imprese sostenute da capitale di rischio, la banca era ben nota per le funzioni di private banking, linee di credito personali e crediti ipotecari ad imprenditori del settore tech. Prima del fallimento SVB era in “solide condizioni finanziari”, secondo il California Department of Financial Protection and Innovation, nonostante secondo l’ultimo call report della banca stessa, depositato il 31 dicembre 2022, questa possedeva 209$ miliardi di attività totali, con 175,5$ miliardi in depositi, di cui, l’86,4% non erano assicurati.

La pandemia COVID-19 ha determinato abbondanti guadagni per le imprese coinvolte nel settore tecnologico, avvantaggiando cosi anche SVB, che vide crescere i propri depositi nel primo trimestre del 2021. Con l’obiettivo di ottenere rendimenti maggiori, la banca utilizzò tali somme per ricomporre il proprio portafoglio andando a sostituire i buoni del tesoro USA a breve termine con quelli a lungo termine. Il primo problema sorse quando la FED, per contrastare le pressioni inflazionistiche dovute al conflitto bellico russo-ucraino, dovette aumentare i tassi di interesse a partire dal 2022. L’aumentare dei tassi di interesse fece infatti diminuire il valore di mercato delle obbligazioni, ed essendo queste a lungo termine, SVB non potè prontamente riconvertirle con titoli di nuova emissione aventi un tasso più remunerativo. Si trattava ancora di una criticità di portata limitata, in quanto, senza vendere le obbligazioni, la diminuzione del valore di mercato dei titoli comportava una perdita potenziale, ma non realizzata. Il vero problema fu legato alle conseguenze che l’aumento del tasso di interesse ebbe per privati e imprese: l’aumento del costo del denaro portò questi ultimi a prelevare denaro per soddisfare le loro esigenze, per evitare di ricorre ai prestiti bancari. Per assecondare le richieste di prelievo, SVB dovette vendere i titoli posseduti, andando cosi a realizzare la perdita sopracitata, e il management annunciò una serie di manovre (tra cui la ricapitalizzazione tramite emissione di nuovi azioni) che scatenarono la paura degli operatori, inasprendo cosi la corsa agli sportelli e determinando il crollo del valore di mercato delle azioni della banca. Per limitare l’esborso di denaro e scongiurare il fallimento, SVB sospese temporaneamente i propri sistemi informatici, ma purtroppo ciò non fu sufficiente, infatti il 10 marzo scorso il California Department of Financial Protection and Innovation sequestrò la sede ponendola sotto l’amministrazione controllata della Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC).

Nonostante si siano registrate abbondanti perdite (circa la metà di quelle registrate con il fallimento di Lehman Brothers) e nonostante SVB fosse la quindicesima banca americana per valore dei conti depositi, gli esperti ritengono che il settore bancario rimarrà stabile. Attualmente si ritiene quindi che il sistema non giungerà ad una situazione analoga a quella del 2008, ma perché? In primo luogo SVB era specializzata in un determinato comparto dell’economia, ovvero il settore tecnologico e il settore dei venture capital, quindi gli effetti negativi del fallimento non si dovrebbero propagare all’intero sistema, ma dovrebbero rimanere circoscritti, rendendo cosi possibili interventi mirati e i salvataggi da parte delle autorità governative. In secondo luogo, la crisi finanziaria del 2008 ha rafforzato la consapevolezza circa la necessità di una maggiore regolamentazione e controllo del sistema bancario, infatti nel 2010 venne varato il primo testo di Basilea III, successivamente rivisto e arricchito fino alla versione del 2017. L’analisi delle due ragioni è fondamentale per cogliere le differenze tra i due fallimenti bancari, e di conseguenza il motivo per cui da uno è scaturita una crisi finanziaria di portata mondiale, e dall’altro si ritene (e si spera) che non accadrà lo stesso.

Per quanto attiene alla circoscrizione del campo di operatività, nonostante quando si pensa al fallimento di Lehman Brothers si potrebbe ricondurre tutto al mercato immobiliare, in realtà cosi non è stato. Le problematicità della banca sicuramente nacquero dall’eccessiva quantità di mutui concessi al settore privato per l’acquisto di immobili, mutui non coperti da garanzie e quindi dati a soggetti che non ne sarebbero stati meritevoli. Le deregolamentazione del sistema portò all’aumento dei prezzi delle case, e il successivo aumento dei tassi di interesse da parte della FED determinò le prime insolvenze, dato che la maggior parte dei mutui erano stati concessi a tasso variabile. Il problema si innescò proprio in questo passaggio: le banche avevano creato dei derivati finanziari aventi come sottostante i mutui ipotecari da loro concessi, tali strumenti nati dalla cartolarizzazione si erano poi diffusi nei portafogli di banche, hedge fund e fondi pensione. L’insolvenza degli operatori determinò quindi la svalutazione dei derivati così costruiti, e quindi ingenti perdite per chi li deteneva. Lehman Brothers era tra le banche d’affari più esposte, possedeva quantità esorbitanti di questi strumenti tossici, che determinarono perdite di miliardi di dollari. Si confidava nel principio “too big to fail”, che si è rivelato in realtà un “too big to save”, dato che l’entità delle perdite non ha reso possibile il salvataggio da parte delle autorità governative.

Con riferimento invece alla transizione verso un sistema bancario maggiormente regolamentato a livello mondiale, il Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria (BCBS) è un organo che opera a livello internazionale per imporre degli standard alle banche mondiali, per garantire stabilità al sistema ed evitare quindi che crisi bancarie diventino crisi finanziarie. Il primo accordo di Basilea risale al 1988, ed imponeva un requisito di capitale alle prime dieci banche centrali del mondo; successivamente, con Basilea II nel 2004, è stato ampliata la regolamentazione del sistema bancario, ma non abbastanza da evitare la crisi del 2008. L’accordo del 2010 si basa quindi proprio su tale tragica esperienza, per imporre requisiti che siano molto più stringenti, ma al contempo garantiscano più sicurezza. Basilea III richiede alle banche di detenere un capitale qualitativamente migliore e quantitativamente maggiore, rivolge l’attenzione su rischi prima trascurati (per esempio sull’operatività in derivati), impone nuovi requisiti di liquidità e infine limita la leva finanziaria delle banche.

Alcuni esperti ritengono che entrambi i fallimenti potessero essere previsti, evitandone cosi le conseguenze. Per molti aspetti è senz’altro vero, soprattuto con riferimento al fallimento di Lehman Brothers, in quanto una simile esposizione verso titoli non garantiti avrebbe comunque causato criticità anche in assenza di un aumento dei tassi di interesse da parte della FED. La situazione che ha portato la Silicon Valley Bank alla deriva è sicuramente più sottile, infatti anche in questo caso è stato l’aumento dei tassi di interesse ad essere fatale, ma il contesto precedente non sembrava cosi critico ed irrazionale. La decisione di investire in titoli di stato a lungo termine piuttosto che a breve termine è sicuramente da ponderare con la consapevolezza circa la necessità di detenere liquidità per assecondare la richieste di prelievo degli operatori, ma non sembrerebbe giustificare un fallimento. Purtroppo spesso la realtà non segue l’andamento della teoria economica, e le aspettative sono una variabile non facilmente controllabile che ha un ruolo fondamentale nell’accentuare gli effetti di determinati fenomeni. Si ritiene comunque che sia importante perseguire un continuo miglioramento, tanto nelle conoscenze quanto nella regolamentazione, cosi da evitare il verificarsi di certe circostante, e da avere eventualmente i giusti strumenti per intervenire prontamente. Il settore finanziario è estremamente mutevole, e richiede di essere ampiamente controllato dato l’impatto che può generare sull’economia reale, e l’esperienza della Silicon Valley Bank ha mostrato che significativi passi in avanti sono stati fatti rispetto al 2008, ma che comunque ulteriori miglioramenti devono essere implementati.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here