Dall’assassinio del Presidente Jovenel Moise avvenuto il 7 luglio del 2021, Haiti è finita al centro di una grave e persistente crisi umanitaria. Un ruolo chiave nella crisi è rivestito dalle bande criminali, le quali si sono rafforzate e detengono il controllo di importanti porzioni di territorio e delle principali infrastrutture come aeroporti e porti. Il fenomeno della violenza non è una novità per il paese caraibico, il quale ha attraversato un lungo periodo di crisi tra il 1957 e il 1986 sotto la dittatura di François Duvalier e del figlio Jean-Claude Duvalier. A partire dal 25 febbraio 2024, Haiti sta attraversando una nuova ondata di violenza. L’escalation ha raggiunto dei livelli allarmanti, in quanto vengono segnalati omicidi, violenze sessuali, rapimenti e sfollamento di oltre 35.000 persone, come riportato da Amnesty International.

I NUOVI DISORDINI E IL PROBLEMA DELLA SALUTE PUBBLICA

I nuovi disordini hanno avuto inizio quando i membri delle gang criminali hanno messo a ferro e fuoco la capitale Port-au-Prince, approfittando dell’assenza di Ariel Henry, Presidente ad interim dal momento della morte di Jovenel Moise. Tra le richieste principali delle bande criminali ci sono le dimissioni dello stesso Henry, in carica da 3 anni. All’inizio di marzo una delle bande ha organizzato con successo la fuga di oltre 3600 prigionieri dal carcere della capitale, uno dei centri di detenzione principali dell’isola. L’11 marzo, direttamente dal Kenya, paese in cui Henry si trova bloccato da fine febbraio e da dove aveva richiesto all’ONU l’invio di un contingente armato per tenere a bada l’avanzata delle bande criminali, è arrivata la notizia che quest’ultimo ha annunciato le sue dimissioni in seguito ad una riunione tenutasi in presenza di tutti i membri del governo haitiano. Henry non gode di una grande considerazione internazionale e di un sostegno da parte dei paesi vicini. Gli stati Uniti sono stati i primi a consigliare all’ex Presidente di farsi da parte, mentre la vicina Repubblica Dominicana, con la quale Haiti condivide il territorio dell’isola caraibica, considera Henry come una persona non grata.

In seguito alle dimissioni di Henry, il vertice tra membri del vecchio governo, Stati Uniti e Comunità dei Caraibi ha deciso per l’istituzione di un Consiglio presidenziale composto da 7 membri e 2 osservatori che governi il paese nel periodo di transizione tra le dimissioni di Henry e le nuove elezioni.

Quello della salute pubblica è un tema strettamente collegato alla violenza di cui Haiti è vittima. Il problema riguarda migliaia di persone che vivono all’interno di aree controllate da bande criminali e soggette al difficile accesso alle cure mediche. Ad oggi si contano centinaia di famiglie, in particolare quelle presenti nell’area metropolitana della capitale, costrette a vivere in condizioni di povertà estrema. Questa situazione colpisce duramente i quartieri di Cité Soleil, Carrefour, Croix-des-Bouquets, dove le famiglie non hanno accesso diretto ai beni di prima necessità e ai servizi di base come acqua, cibo, casa. La diffusa povertà ha fatto crescere in maniera repentina il tasso di mortalità. L’alto tasso di mortalità è il risultato della diffusa povertà e delle violenze. Dati che fanno preoccupare sono quelli riportati da Medici Senza Frontiere, in quanto oltre il 40% dei decessi nel quartiere di Citè Soleil è strettamente legato alla violenza, mentre il tasso di mortalità grezzo è pari allo 0,63.

L’IMMAGINE DI HAITI E IL RUOLO DELLE BANDE CRIMINALI

Haiti si mostra nell’immaginario collettivo come uno stato barcollante catastrofe dopo catastrofe, a causa di fallimenti governativi, golpe, insurrezioni e disastri naturali. Se considerare Haiti come uno stato sull’orlo del fallimento rappresenterebbe da una parte una visione concreta dei fatti, dall’altro lato potrebbe rappresentare un incentivo per la rinascita di un paese tra i più poveri e densamente popolati del mondo, con una popolazione di oltre 9 milioni di abitanti, di cui l’80% vive al di sotto della soglia di povertà. La causa principale del tracollo del paese risiede indubbiamente nel lavoro svolto dagli ultimi governi, i quali con le loro iniziative hanno mantenuto molta distanza dai bisogni derivanti dalla condizione di povertà degli haitiani, nominando spesso figure appartenenti alla casta di oligarchi, politicamente legati a potenze straniere.

Le gang sono radicate all’interno del panorama politico haitiano da diversi decenni, molto spesso affiancate ai leader ed utilizzate per raccogliere sostegno o reprimere le opposizioni. Nel corso delle ultime guerriglie iniziate il 29 febbraio, le diverse bande sono riuscite a ottenere il controllo dello stadio della capitale, del porto e di numerose stazioni di polizia, riuscendo anche ad entrare nel palazzo del Ministero dell’Interno haitiano. Il numero delle forze dell’ordine opposte alle bande è secondo i dati delle Nazioni Unite minore alle 10.000 unità, un numero eccessivamente basso per riuscire a coprire adeguatamente tutto il territorio nazionale. E’ da segnalare come molti agenti si siano dimessi per unirsi alla file delle bande criminali. Tra questi una delle figure che ha fatto maggiormente parlare di sè nel corso delle violenze, l’ex ufficiale di polizia Jimmy Chérizier, ammiratore dell’ex dittatore Francois Duvalier ed anche conosciuto come Barbecue, soprannome che in molti farebbero risalire alla sua fama di killer spietato. Chérizier ha lasciato le forze dell’ordine per diventare il capo della “G9 an fanmi”, coalizione di nove influenti bande armate di Port-au-Prince. Come riportato dal sito investigativo InSightCrime, il leader della G9 sarebbe stato particolarmente legato all’ex presidente Moise, con il quale aveva stretto accordi che legavano le bande criminali al governo haitiano. Questo aspetto va in disaccordo con quelli che il boss criminale definisce come valori portanti del suo ruolo, ovvero quello di rivoluzionario armato intento a combattere la corruzione e gli interessi politici presenti nella politica di Haiti. I fatti accaduti negli ultimi anni parlano infatti di un uomo capace di provocare una crisi energetica in tutto il paese e di guadagnarsi, secondo molti esperti, il ruolo di responsabile dell’incubo che la popolazione haitiana sta vivendo da diversi anni a questa parte.

Secondo gli esperti ONU, “l’influenza dei politici e degli attori finanziari sulle attività delle bande è di natura sistemica”. Ad Haiti operano circa 200 bande, dotate delle armi più innovative e impegnate in attività illecite quali traffico di droga, estorsioni, rapimenti e omicidi. Fa riflettere il dato secondo cui nella capitale sono circa 25 bande a controllare l’80% della superficie cittadina.

GLI AIUTI INTERNAZIONALI E LE POSSIBILI SOLUZIONI ALLA CRISI

Il 2 ottobre del 2023, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che consisteva in una missione internazionale con lo scopo di ripristinare la sicurezza nel paese caraibico. La missione, condotta dal Kenya, ha visto coinvolti altri 10 paesi e al momento della votazione ha ricevuto il voto favorevole di 13 membri del Consiglio, escluse Cina e Russia che hanno optato per l’astensione. Secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, i cittadini haitiani hanno abbandonato le proprie abitazioni a causa del pericolo rappresentato dalle bande criminali. Il piano, che prevedeva l’invio da parte del Kenya di un contingente di 1.000 uomini, mirava alla difesa delle infrastrutture principali in collaborazione con le forze di polizia haitiane per un periodo di 12 mesi, prorogabile in caso di mancata risoluzione della crisi. L’obiettivo principale è indubbiamente quello di ripristinare le condizioni necessarie per condurre il paese a nuove elezioni, le quali non si tengono dal 2016.

Gli Stati Uniti, pur offrendo da anni azioni di peacekeeping, assistenza economica e supporto logistico, hanno deciso di non assumere un ruolo primario nella vicenda. Inoltre, Haiti non rappresenterebbe una priorità geopolitica per l’amministrazione Biden. A tal proposito, le parole di Antony Blinken, Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, non lasciano spazio alle interpretazioni sul fatto che gli U.S.A. ignorino completamente il fatto che Haiti non abbia mai avuto una vera e propria voce in capitolo riguardo alla propria costruzione identitaria: “Tutti sappiamo che solo gli haitiani possono determinare il proprio futuro. Ma tutti qui possiamo aiutare”. Blinken ha però assicurato aiuti economici per un valore di 300 milioni di dollari da parte degli Stati Uniti ed ulteriori 30 milioni di dollari destinati all’acquisto di beni di prima necessità.

I sostenitori della risoluzione ONU ritengono che la crisi non possa essere più trascurata e ci sia il necessario bisogno di finanziamenti per affrontarla. Secondo l’UNICEF, più dell’80% del budget richiesto per rispondere alla crisi risulta mancante. La situazione rappresenta, come annunciato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Gutierres, “un vero e proprio incubo ad occhi aperti” che avvolge Haiti da moltissimi anni.

Questa situazione di anarchia non rappresenta certamente uno scenario accettabile. Quale potrebbe essere allora una soluzione efficace ed applicabile al contesto haitiano? Un ruolo fondamentale spetta sicuramente alla comunità internazionale. In primo luogo questa dovrebbe fornire assistenza umanitaria per mitigare la sofferenza del popolo haitiano, colpito da continue violenze. La priorità è quella di aprire un dialogo tra i vari attori (società civile, attori politici, leader delle comunità) con lo scopo di avviare un dialogo internazionale basato sul rispetto dei diritti umani da parte di chi causa da diversi anni la sofferenza di milioni di haitiani, popolo che vive una vita impossibile ma non senza speranza.

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