L’uccisione in Congo dell’ambasciatore italiano, Luca Attanasio, del Carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustabha Milambo ha riportato sulle prime pagine dei giornali l’attenzione su una zona del mondo quasi dimenticata. La mattina del 22 febbraio il convoglio del PAM (Programma Alimentare Mondiale) su cui viaggiavano i nostri connazionali è stato attaccato da un gruppo armato mentre attraversava quella che viene chiamata “zona delle tre antenne”, conosciuta come una strada ad alto rischio a causa della presenza di numerosi gruppi terroristici. Per riuscire ad indagare meglio su quanto accaduto è utile indirizzare lo sguardo oltre quella strada per conoscere la storia di questa regione nel cuore dell’Africa. FOCUS sul Congo: cosa accade nel cuore dell’Africa dove è stato ucciso l’ambasciatore italiano Luca Attanasio Direttore responsabile: Claudio Palazzi
La Repubblica Democratica del Congo: una storia difficile
Pensiamo agli Stati Uniti, una delle più grandi potenze del mondo, tra le economie all’avanguardia, il paese le cui dinamiche politiche sono costantemente al centro del dibattitto internazionale. Ecco, agli antipodi di tutto questo, c’è la Repubblica Democratica del Congo, che sembra così lontana nel tempo e nello spazio. In realtà parliamo del più grande Stato dell’Africa nera, immerso nella seconda foresta pluviale più grande al mondo dopo l’Amazzonia. La foresta è attraversata dagli elefanti, il suolo è fertile, ricco di oro e minerali preziosi, uranio, rame, petrolio e gas naturali, potremmo dire che rappresenta lo scrigno d’oro del pianeta, con tutte le ricchezze che questo territorio può offrire. Quel che spesso si dice, però, è che si tratta di una delle terre più ricche al mondo ma con la popolazione più povera. Sembrerà assurdo, ma è il terzo paese al mondo per Pil pro capite, così come il terzo produttore al mondo di diamanti.

Come è facilmente immaginabile quest’area vastissima fu colonizzata nel 1885 dal Belgio sotto Leopoldo II a seguito della Conferenza di Berlino, volta a regolare il commercio europeo in Africa centro-occidentale. La colonizzazione dell’ormai “Congo Belga” fu molto brutale, non vennero rispettati né i valori né i costumi e le tradizioni delle popolazioni etniche e tribali che vivevano in quei luoghi, e la terra fu depredata delle sue immense ricchezze, che da quel momento non gli appartennero più. Il re Leopoldo introdusse il terrificante metodo della mutilazione e ridusse la popolazione in schiavitù. Fin dall’inizio in questo modo l’era imperialistica impedì al paese di realizzare uno sviluppo positivo sotto ogni punto di vista. Nel 1960 il Congo conquistò l’indipendenza ma le regole del gioco rimasero di base le stesse.

In quello che è un periodo lunghissimo, dal 1965 al 1996, la guida al potere venne affidata al colonnello Mobuto il quale, a modo suo, ovvero in maniera non democratica, riuscì a creare un equilibrio soprattutto verso l’esterno, stabilendo buoni rapporti diplomatici con l’Occidente e rendendo il Congo baluardo degli interessi occidentali. Quella di Mobuto era quasi una filosofia che aveva come obiettivo quello di restituire un’identità all’Africa fortificando un sentimento nazionalista. Cambiò nome al paese, da Congo a Zaire, ma anche la cultura e lo stesso modo di vestire. Nonostante la parvenza di stabilità nel territorio, il regime di Mobuto fu caratterizzato da corruzione, violenza e nepotismo, oltre ad essere stato tra i primi tre uomini al mondo ad aver incassato più denaro dello Stato per uso personale.

Una guerra senza pace
La crisi creatasi durante il regime sfociò nell’attacco da parte di forze ribelli delle vicine Ruanda e Uganda che destituirono Mobuto, durante la così detta Prima guerra del Congo, e portano al potere Kibala, il quale restituì al paese il suo nome originario. Da questo momento in poi il Congo sprofondò in una serie di guerre e conflitti senza fine. Lo sfruttamento intensivo dell’intera area da parte soprattutto dell’Unione Europea, le condizioni di povertà verso cui, al contrario, verteva la popolazione e decenni di guerre continue sono fattori che nel tempo hanno acuito sempre di più le tensioni anche con i paesi confinanti. Il genocidio in Ruanda è stato il risultato di problematiche legate a differenze etniche creatosi durante l’occupazione belga, un massacro durato cento giorni, frutto di una politica fondata sul principio “Divide et impera”.

Da qui sono aumentati una serie di attriti che hanno avuto come conseguenza la formazione di più di un centinaio di gruppi armati che tutt’ora si contendono parti del territorio e che hanno contribuito a destrutturare completamente il paese. L’attuale rapporto del Congo Research Group ha evidenziato la presenza di più di centoventi milizie nella parte est della Repubblica Democratica del Congo, tra le più pericolose, che comprende anche Sud Kivu e Nord Kivu, non lontano da dove è avvenuto l’attacco all’ambasciatore Attanasio. La necessaria stabilizzazione dell’est ha richiesto già dal 1999 l’intervento da parte dell’ONU che ha inviato sul campo i caschi blu impegnati nella missione Monuc, la quale ad oggi prende il nome di Monusco (Missione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo) e si identifica più che come una peacekeeping, come una peace enforcement.

Situazione attuale: alcuni segnali di positività
L’azione svolta con grande diligenza da Luca Attanasio soprattutto in ambito umanitario è la dimostrazione di una nuova ondata di cooperazione e integrazione del Congo con gli Stati vicini, che ad oggi sembra caratterizzare l’attuale panorama africano. Un’azione per niente scontata, date le tensioni che dall’imperialismo in poi hanno contraddistinto le relazioni con Ruanda, Uganda o Burundi, e resa possibile anche dal continuo lavoro da parte di Ong, Nazioni Unite ed organizzazioni internazionali. Nonostante i problemi da tempo sedimentati che questa parte dell’Africa deve ancora risolvere, un altro elemento che individua un cambiamento in corso, sono le elezioni presidenziali del 2018 che hanno visto la vittoria di Tshisekedi, contemporaneamente attuale Presidente in carica anche dell’Unione Africana, il che sicuramente rappresenta un segnale di positività alla luce di un futuro di unificazione sia dal punto di vista economico che politico e della sicurezza.

Tra le questioni che andranno affrontate affinché ciò possa accadere è quella relativa alla dimensione demografica che sia in Ruanda che in Uganda sta arrivando al limite; si tratta di Stati che hanno bisogno di un’estensione della popolazione verso la Repubblica Democratica del Congo ma soprattutto che questa avvenga attraverso una negoziazione pacifica per la libera circolazione di beni e persone, spezzando il modus operandi violento fino ad ora utilizzato. Tra le altre problematiche che vanno affrontate si trovano ancora la lotta al sottosviluppo, al mercato illegale delle risorse naturali da parte delle grandi organizzazioni criminali, così come il riconoscimento dei diritti umani ed il disarmo dei numerosi gruppi armati.

Attualmente sia gli Stati Uniti che la Cina, in una logica che ricorda molto quella della Guerra Fredda, hanno volto la propria attenzione proprio sul Congo. La Cina si è impegnata a cancellare il debito della Repubblica Democratica del Congo per un valore complessivo di 28milioni di dollari, oltre ad offrire un sostegno finanziario nella lotta alla pandemia. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno reintrodotto la regione nel sistema di libero scambio dell’African Growth and Opportunity Act (AGOA). C’è da chiedersi, però, quanto gli “aiuti” occidentali contribuiranno davvero a risollevare la condizione di un paese che ha grandi opportunità di crescita.

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