Il continente europeo è stato per secoli segnato da eventi di belligeranza ed alleanze tra gli Stati che ne hanno animato le vicende. Alla memoria ritorna la Seconda Guerra Mondiale, probabilmente il conflitto più significativo e determinante degli ultimi secoli a causa dei cambiamenti che ne sono derivati.

È proprio dal secondo conflitto mondiale che bisogna analizzare la conformazione europea odierna. Infatti, dopo la fine delle divergenze e degli scontri, gli Stati europei cambiarono radicalmente la loro attitudine nei confronti dei propri vicini e nei confronti dei partner globali.

Un cambiamento che probabilmente scaturì dalla necessità di creare una maggiore integrazione e cooperazione degli Stati uscenti da due conflitti che avevano depauperato e distrutto le nazioni storiche e che avevano rimodellato le sorti degli stati mondiali.

Dopo anni di trattati e summit, arriviamo al 7 febbraio 1992, anno in cui 12 stati europei (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Grecia, Italia, Regno Unito, Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Paesi Bassi) firmarono il Trattato di Maastricht. Prima di esso in Europa si cercarono delle modalità di cooperazione, ma il tutto ricadeva in una collaborazione solo di natura economica.

Al contrario, con il Trattato di Maastricht venne ufficialmente creata l’UE come la conosciamo oggi, ossia una comunità regionale che permette una cooperazione non solo economica ma anche politica e sociale tramite facilitazioni di spostamento di persone e merci nei paesi membri, moneta unica e istituzioni che permettono una rappresentanza di tutti i paesi membri per avere un accesso egualitario all’iter decisionale. Di quei 12 paesi che presero parte alla firma del Trattato si andarono ad aggiungere altre 16 nazioni che si unirono alla famiglia UE con la ratifica dei punti e dei principi stipulati il 7 febbraio del 1992.

Quest’anno stiamo vivendo il trentesimo anno dalla stipulazione di quel fatidico Trattato che ha permesso di porre le basi della comunità europea. Trent’anni sembrerebbero relativamente brevi per poter parlare di un confronto o di un eventuale cambiamento, eppure in questi tre decenni l’Europa e i suoi paesi hanno subito modifiche tali da discostarli da quei principi originali. Ad oggi l’Unione Europea conta 27 paesi in totale, ossia un membro in meno rispetto agli stati totali che avevano proceduto con la ratifica del trattato di Maastricht.

Stiamo parlando del Regno Unito, uno degli stati fondatori dell’UE. Nel 2020, durante il mandato del leader del partito conservatore inglese, Boris Johnson, venne accettata dalla maggioranza parlamentare l’uscita dell’Inghilterra dalla comunità europea con la celebre Brexit. L’Inghilterra non è da considerare come un caso isolato. Infatti, sono anni che i partiti conservatori dei vari paesi europei hanno iniziato propagande con ispirazioni nazionaliste e con coniazioni di espressioni dispregiative nei confronti di Bruxelles, come “dittatura Maastrichtiana”.

Queste propagande riescono ad arrivare in particolare negli animi della popolazione europea, portando ad incoraggiarne atteggiamenti di rivolta e rifiuto. Infatti, davanti alle sempre più dure condizioni economiche causate dalle ripercussioni dei cambiamenti climatici o anche delle conseguenze del conflitto ucraino nell’Europa orientale essi sono portati a rifugiarsi nelle parole di rappresentanti più propensi ad una chiusura piuttosto che ad una condivisione internazionale con le potenze vicine.

In aggiunta, in tutti quei paesi in cui tale spinta “antieuropeista” è riuscita ad insediarsi all’interno degli organi esecutivi, vediamo un progressivo disallineamento con gli ideali e i principi che animano le lotte dell’UE.

Ritroviamo degli esempi lampanti di questo discostamento dai valori della comunità europea nelle recenti elezioni avvenute in Francia, con l’arrivo al ballottaggio per le presidenziali del leader del partito di estrema destra “Rassemblement National”, Marine Le Pen; Italia, con la vittoria schiacciante della colazione di destra, in particolare del partito “Fratelli d’Italia” e del suo leader Giorgia Meloni, i quali sono sempre stati famosi per i propri ideali ben lontani dall’essere comuni a quelli di Bruxelles. È questa la sfida che la nuova Europa deve fronteggiare, ossia una spinta conservatrice nei vari stati europei, dove la popolazione viene catturata dai discorsi di protezione nazionale, a discapito di quell’integrazione e cooperazione per cui si aveva lottato nel corso del secondo dopoguerra.

Di conseguenza, anche se 30 anni è un lasso di tempo breve per effettuare analisi, ci ritroviamo oggi un’Europa radicalmente mutata rispetto ai principi che avevano portato alla nascita di quella comunità europea per secoli auspicata. Il continuo aumento delle avversità e dei costi, causati dalle condizioni climatiche e belliche, non stanno aiutando l’UE.

Effettivamente, queste problematiche stanno spingendo i cittadini sempre di più verso un allontanamento da quel cosmopolitismo tanto desiderato, e anzi sta ponendo a serio rischio l’integrità della comunità europea a causa di quelle rivalutazioni delle realtà politica ed economica nazionale pre-Maastrichtiana.

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