Sono stati il primo partito nelle elezioni siciliane. Ad oggi molto si è detto su Grillo, ma poco o nulla su chi effettivamente aderisce al suo movimento. A tal proposito, muoversi tra gli attivisti che ad oggi ne costituiscono la base ha permesso di ricavarne più considerazioni.

Entrare all’interno di un soggetto politico nascente come il Movimento 5 Stelle è sempre un’esperienza interessante. In una congiuntura come quella attuale, però, diviene necessario, al fine di comprendere quella che potrebbe essere l’evoluzione del paese nei prossimi anni. La collisione tra crisi economica ed istituzionale, infatti, ha in parte influenzato la nascita e la crescita dei sostenitori di Grillo, anche se loro però non si definiranno mai tali.

La prima nota da segnalare -la più peculiare- rimane inalterata, al di là di qualsiasi considerazione di metodo e prospettiva politica: potrà apparire banale, ma gli attivisti sono cittadini straordinariamente ordinari. Normali, per usare una brutta parola. Ciò non va a discapito del movimento, anzi. Un qualsiasi possibile elettore che si trovasse di fronte ad un gazebo minimalista, come quelli che ho potuto vedere in prima persona non potrebbe che esserne impressionato favorevolmente, se paragonato ad un’ideologia dell’eccesso che è carattere fondamentale del paese, figurarsi della politica. Portare sulle strade un minimo di buonsenso e semplicità di certo non può che fare piacere, almeno dal punto di vista simbolico.
Emerge in tale frangente uno degli elementi più radicati nell’attività del M5S. Come detto da più parti, il modello comunicativo di Grillo si offre da “ariete” per coloro che vogliono partecipare al cambiamento del paese. A dimostrazione viene rilevata la relativa calma di chi ha ottenuto cariche grazie al movimento (v. Pizzarotti a Parma). Non proprio degli squali, sottolineano gli attivisti, anzi.
L’idea di un Grillo docile strumento al fine di rinnovare la classe politica, però, non convince. E’ sicuramente stato la via per la quale molti hanno trovato il modo di fare qualcosa per un paese che stava lentamente scivolando nelle sabbie mobili. Resta però da definire quale prezzo l’entourage di Grillo pretenderà per questa generosa concessione. Nulla si da via per nulla, e per ora il cui prodest non torna ancora.

Altra questione è invece quella del voto tramite la rete. Il sistema Liquid Feedback, sperimentato in primis dal Partito Pirata tedesco (Piraten Partei Deutschland) sembra accessibile e funzionale. Si tratta in sostanza di un programma open-source sviluppato in Germania al fine di permettere decisioni in rete: l’utente inserisce una proposta e questa ha un tempo stabilito per essere discussa, emendata. Deve poi raggiungere una quota minima di “interesse” (analogo al “mi piace” di Facebook). Nel caso questo quorum venga raggiunto, si procede infine alla votazione (i tempi sono indicati in base all’urgenza della proposta). A partire da tale sistema si intende evidentemente portare la discussione pubblica ad un altro livello. E’ in fondo un’evoluzione applicativa della cosiddetta Legge di Linus: “dato un numero sufficiente di occhi, tutti i bug vengono a galla“, ideato da Eric Steven Raymond. Una filosofia dell’open-source al quale è stato indicativamente dedicato l’incontro “Connettività” tenuto in Via di Conca d’Oro il 17 novembre scorso. Un approccio che, però, comporta due criticità di fondo con le quali gli attivisti del movimento dovranno fare i conti, presto o tardi.

Una prima criticità riguarda il rapporto tra società civile e partiti. L’autonomia più o meno meritata di una classe politica non è semplice espressione di un tentativo di scollare il paese dal parlamento. Un rappresentante non può semplicemente essere ridotto alla meccanica ripetizione di istanze popolari. Il politico è sì un portavoce (come sostenuto dagli attivisti), ma anche un soggetto che deve agire secondo la propria coscienza, anche qualora questo significhi perdere parte del proprio consenso. Altrimenti si cade nel populismo, anticamera di qualsiasi potere carismatico.
Un secondo problema, poi, nasce da una visione limitativa del web, indistinto soprattutto agli occhi di chi all’interno del movimento non lavora nel campo informatico. Negli anni recenti della rete si sono sviluppati al suo interno soggetti dotati di caratteri propri dei media. Essi operano come strumenti di sintesi dell’immenso flusso di informazioni che attraverso internet si può scatenare. Basti pensare al ruolo assunto da Wikipedia, Google o YouTube. Anche strumenti quali Liquid Feedback offrono una sintesi. La questione, siamo portati a credere, nasce proprio nel dispositivo di sintesi tramite il quale le istanze dei cittadini vengono trasformate in proposte. Gli attivisti difendono i propri procedimenti decisionali spiegando che ad accedere al servizio di Liquid Feedback è solo chi è registrato, tramite invio di documenti e partecipazione a info-points e riunioni municipali. Spiegano inoltre che lo staff tecnico che gestirà tali procedimenti ad oggi consta solamente di volontari e lentamente andrà strutturandosi. Il rischio di non riuscire ad ovviare al problema principale nelle votazioni in luogo fisico comunque rimane. Ad onor di cronaca va segnalata la lunga selezione a monte della scelta di Liquid Feedback, anche in virtù delle impressioni positive ottenute da tale sistema con i Pirati in Germania. Anche la scelta di eliminare il voto segreto delle proposte e l’introduzione di un filtro anti-troll va a suo favore. E’ necessario però fare attenzione a strutturare in maniera efficace i vari livelli di lavoro, che ad oggi mescolano lavoro online e nei vari municipi. Gli interessi privati in gioco sono molti, quindi sarà sicuramente fondamentale al riguardo un forte controllo.

Da queste due criticità ne deriva propriamente il fenomeno del controllo reciproco tra i militanti. Pochi all’interno del movimento sono pronti ad ammettere un’asimmetria informativa nei confronti dei casi di dissenso recentemente emersi. Vederci l’isolamento dei dissidenti viene spesso considerato indottrinamento, mentre raramente emerge la capacità di riconoscere anche da propria parte una mancanza di conoscenza al riguardo. Tutto ciò si delinea anche in virtù di un forte attacco che pure è presente, nei confronti del movimento, nonché di fenomeni di persone pronte ad ulilizzarlo al fine di piegarlo ai propri fini. Il rischio è che se ne faccia una mancata accettazione del dissenso. Tale dissenso non viene negato, fintanto che si muove all’interno dei cinque punti. Si tratta di rigidità in parte comprensibili all’interno di un movimento che deve definirsi e, in parte, difendersi. E’ però pericoloso sul lungo periodo, perché è proprio dalla capacità di rivoluzionarsi che i partiti riescono a mantenere il proprio contatto con la società.

Finora gli attivisti del movimento hanno dimostrato questo attaccamento. Guardandoli negli occhi si vede ciò in cui credono. Credo che sia in questa “normalità” che in fondo sia il punto di forza e assieme la più grande debolezza del Movimento 5 Stelle. Ogni volta che ci si faccia riconoscere come stampa c’è un piccolo balzo di sorpresa che di fronte alle grandi testate si trasforma facilmente in ripetizione di quelli che appaiono e si riducono facilmente in slogan. Una volta giunti -per così dire- “al di là dello specchio” si vede un’arma che pochi partiti credo possano oggi vantare: una speranza. Probabilmente ingenua, credo prossima ad essere cocentemente delusa, ma lì sta, e non può facilmente essere ignorata adducendo a motivo il fatto che sono “grillini”, ergo grossolani e populisti. Qualche istinto di dividere il noi dal loro c’è, e non può essere ignorato neanche quello. Sta però di fatto che arroccarsi dietro le mura solo per difendersi meglio da quella pur minima parte di rinnovamente che tali cittadini portano con sé potrebbe rivelarsi l’estrema tattica suicida dei partiti, e con essi tutto quel mondo che ruota loro attorno.

Attenzione però che alla tattica suicida dei partiti, che in realtà tanto vivi ormai non sono più, non si accompagni il suicidio collettivo della società civile. L’attacco alla “casta” non può degenerare nell’idea che a contrapporsi siano gli onesti e i delinquenti, quel tanto abusato 99% che si scaglia contro i privilegiati. Qualcuno tra le righe sottilinea giustamente che comunque ad essere migliori di “quelli lì” non ci vuole poi molto, e a tal proposito non si può che condividere in pieno. Va messo in luce, però, come le macerie di cui siamo circondati, a ben vedere, non effigiano re, sovrani e cortigiane. Di quelli in fondo ne abbiamo una già poco gradevole prova in carne ed ossa. Essi rappresentano invece null’altro che noi stessi. Le rovine di questo paese non affondano nella mancanza di un occhio vigile da parte nostra, quanto nella scarsa capacità di essere noi stessi l’esempio tramite il quale “portare gli altri dalla nostra parte”. Un solo monito quindi può specificare in maniera cristallina quelle che sono le sfide del Movimento 5 Stelle e del paese in generale. Da più parti è stato sottolineato quale subdola violenza stia già corrompendo la nostra realtà, ancora più atroce proprio perché capace di muoversi su frequenze non rintracciabili, e quindi non passibile di qualsivoglia risposta. Il vero banco di prova della non-violenza, però non è tanto la disciplina di cui essa necessita di fronte all’azione pacifica altrui, quanto la sua ostinazione nei confronti di chi al contrario non dispone di alcuno scrupolo di fronte ai propri interessi. E’ su questo campo che si giocheranno le prossime sfide della politica italiana negli anni a venire.

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