“L’Era dell’Antropocene” è questo il nome che l’uomo ha scelto per l’attuale era geologica. Un nome che sembra di vanto, ma che cela volti oscuri. Ci sono state e ci sono tuttora molte persone che credono che l’estinzione della specie umana avverrà durante questa era. Il 5G, l’IOE (Internet of Everiting), l’IA (Intelligenza Artificiale), i Big Data ed il Machine Learning sono una realtà che, se ancora non completamente attuale, già in dinamico sviluppo; eppure l’uomo continua a morire e l’ambiente con lui. L’ Antropocene finirà? Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Il coronavirus e i tumori sono solo un esempio di tante malattie mortali che non hanno una cura, ma la cosa ancora più grave è che in alcuni paesi del mondo, quelli più poveri e dimenticati, si muore ancora di malattie curabili. Allora si parla di connessione, di Internet of Everiting e poi non si riesce nemmeno a guarire un bambino, solo perché è nato nella zona del mondo sbagliata. Si parla di robot accanto ai dottori che li aiutano a curare i pazienti, si parla di possibili operazioni da qualsiasi parte del mondo grazie alle nuove tecnologie eppure è stata proprio la globalizzazione che ha favorito un così grande sviluppo del Coronavirus in tutto il mondo e nonostante le collaborazioni internazionali esso continua a mietere vittime. Tutte queste realtà portano ciascuno a domandarsi se davvero questa è la strada giusta o invece si sta sbagliando.

L’IOE ed il cip di Musk: il complesso rapporto tra umanità, tecnologia e medicina.

L’Internet of Everiting è una realtà ancora in dinamica via di formazione nel mondo moderno. Si tratta di un tentativo di connettere tutto in ogni momento e, non solo, come ora, oggetti come telefoni e computer, ma anche persone. L’IOE permetterà attraverso l’analisi dei Big Data molteplici funzioni vantaggiose, di cui alcuni esempi sono: l’analisi dei dati raccolti dai sensori stradali che permetterà di gestire in maniera più intelligente il traffico cittadino, evitando così la formazione di ingorghi e lunghe code. La gestione centralizzata dei semafori, permetterà di ottimizzare i tempi di transito dei mezzi di trasporto agli incroci, mentre il monitoraggio continuo dei parcheggi disponibili darà modo agli automobilisti di andare a colpo sicuro. Inoltre i sensori stradali garantiranno un ingente risparmio grazie alla gestione smart del sistema di illuminazione pubblica.

I punti luce extracittadini, infatti, potrebbero accendersi solo quando ce n’è realmente bisogno (ad esempio al passaggio di un’automobile o di un pedone), mentre rimarrebbero spenti quando la sede stradale è sgombra. Anche la salute del soggetto ne trarrebbe massiccio beneficio: I dispositivi indossabili infatti monitoreranno costantemente il nostro stato di salute registrando i parametri vitali quali il battito cardiaco, la pressione arteriosa e la respirazione. Grazie alla connettività questi dati saranno sempre disponibili sul cloud e consultabili dal medico di famiglia o da altri specialisti della salute: in caso di valori anomali, entrerebbero in funzione sistemi automatici di allarme che faciliterebbero interventi tempestivi. Ma la cosa più incredibile è la connettività tra persone.

Elon Musk infatti sta costruendo un cip, Neuralink, da impiantare nella mente umana, che la renderà simile ad un computer, dunque capace di ascoltare la musica senza bisogno di apparecchi esterni, di fare ricerche e di connettersi ad altri utenti. Quindi una mente tecnologica, capace di fornire notevoli vantaggi in molti campi compreso quello medico, infatti il cip permetterà il recupero del movimento se affetti da paralisi e di curare patologie e stati mentali quali ad esempio la depressione. Tuttavia il cip potrebbe anche essere usato in maniera negativa e violare la privacy dell’uomo che lo utilizza; in fondo esso accede a tutte le informazioni ed a tutti i sentimenti che l’uomo prova, impara a conoscerlo, cresce con lui, è come un grande occhio che osserva dall’interno con una prospettiva esterna ciò che accade. Dunque un’arma a doppio taglio che può essere usata per salvare quanto per altro.

Il cip inoltre è solo un campanello di allarme, forse il più forte dei pericoli dell’IOE. Quest’ultimo riguarda però anche altri ambiti, basti pensare al fatto che se l’illuminazione dipende da un algoritmo e c’è un problema di funzionamento essa potrebbe venire a mancare. Tuttavia i problemi sono anche di carattere etico e giudiziario, esempi incisivi sono la macchina a guida automatica ed il robot che opera un malato: ipotizziamo che la prima investa un pedone ed il secondo sbagli l’operazione ed in entrambi i casi le vittime muoiano, allora a chi è possibile attribuirne la colpa? Tra l’altro un’altra cosa che non dovrebbe lasciare indifferenti è che non in tutto il mondo si può avere un cellulare, situazione che rischia di creare un’ampia discriminazione a livello mondiale, soprattutto con lo sviluppo di tecnologie ancora più avanzate, che avrebbero un costo decisamente più alto di quello di un banale telefonino.

Dunque forse prima di connettere tutte le cose esistenti si dovrebbe pensare a connettere tutto il mondo, perché purtroppo ciò non è ancora accaduto, si dovrebbe pensare ai dilemmi etici che tutto ciò va ad investire. Forse si potrebbe dire che bisogna uscire dall’Antropocene, perché la macchina non può essere solo schiava dell’uomo, ma sua compagna di vita. Uno schiavo di se stesso quale è l’uomo che sfrutta ogni cosa a proprio tornaconto anche a rischio di schiacciare i suoi simili deve essere in grado di distogliere lo sguardo solamente da se stesso e capire che c’è altro fuori di lui, c’è un mondo, ci sono delle persone. A cosa serve essere connessi, se poi non si comprende quanto sia importante aiutare l’altro attraverso tale connessione? Solo un uomo consapevole dei propri limiti che sappia fermarsi e riflettere sui dilemmi, sulle esigenze, e sulle imperfezioni della vita, può veramente scrivere il libro del futuro e forse chissà non da solo, ma con la tecnologia a guidarlo.

Bernard Stiegler ed il Negantropocene

Lo scorso 6 Agosto 2020 è morto un filosofo contemporaneo di vitale importanza per l’analisi del problema del rapporto macchina-uomo: Bernard Stiegler. Egli aveva dedicato la sua vita a ricercare come preparare il futuro attraverso un’opera di accrescimento della cultura spiegando l’IA e le nuove tecnologie alla gente comune. Egli infatti si era reso conto che l’attuale società con la sua etica si è andata specializzando in diverse branche, a tal punto settoriali, che molti ne rimangono esclusi.

Dunque si era dedicato a creare, o almeno cercare di creare luoghi, ove l’uomo comune potesse conoscere la nuova tecnologia nel bene quanto nel male. Ma soprattutto un altro e forse più grande valore di questo filosofo è racchiuso nei suoi libri, infatti egli ha scritto molto su come utilizzare la tecnologia per uscire dell’Antropocene ed entrare in una nuova era, da lui soprannominata Negantropocene. Secondo Stiegler infatti la tecnologia può portare a due conseguenze opposte: la prima, decisamente più negativa, consiste in un rafforzamento dell’Antropocene offerto dallo sviluppo del dominio dell’uomo sulla natura e su ciò che lo circonda, dato dalle inedite possibilità aperte dalle nuove tecnologie; la seconda, invece, è un inaspettato passo indietro dell’uomo che “svuota se stesso” per condividersi ed umilmente accettare di porsi al servizio della tecnologia. Questa seconda prospettiva in particolare renderebbe l’uomo un essere nuovo, capace di accettare i suoi limiti e la possibilità di collaborare per migliorare se stesso e gli altri, accettando l’aiuto di un essere diverso, ma che può rivelarsi un amico prezioso. Dunque una nuova realtà antropologica, in cui l’uomo neghi se stesso come centro del mondo: il Negantropocene.

Un grido alla morte di un grande filosofo: il Coronavirus

L’anno della morte di Bernard Stiegler è l’anno del Coronavirus. Il Coronavirus allo stato attuale è una malattia incurabile o quanto meno molto difficile da curare. Interessante però non è ricordare i lati negativi del Coronavirus ormai noti, ma come esso sta modificando l’antropologia sociale. Bernard Stiegler è morto lanciando il grande grido del Negantropocene e forse il Covid ne sta veicolando il messaggio. Il grande secolo della tecnologia, delle connessioni, delle rivoluzioni si sta scontrando contro qualcosa la cui diffusione è stata proprio favorita dai contatti globali. Ed in fondo il grande messaggio antropologico del Coronavirus è proprio un grido all’uomo comune, affinché guardi la sua fragilità messa a nudo innanzi a lui e riscopra il suo essere caduco e facile a svanire dalla vita.

Un invito dunque all’uomo a fermarsi, bloccare il suo tran tran, di cui si sente il centro indiscusso, e a guardarsi per quello che è, una piccola entità in un mondo sterminato. Oltre il male del Coronavirus c’è il nuovo sguardo dell’uomo sul mondo che rinasce. Nel periodo del lockdown i delfini sono comparsi ovunque ed anche tanti animali e soprattutto si è chiuso il buco nell’ozono. Certo il Covid è un messaggio violento, ma forse proprio il suo inginocchiare Nazioni, sta rivelando all’uomo che se la smettesse di far ruotare tutto attorno a lui e ritrovasse un po’ di umiltà il mondo tornerebbe ad essere migliore. In fondo pensiamo anche alle nuove tecnologie che monitorano lo stato salutare dell’uomo. Forse se si cercasse più con esse un rapporto tra pari, piuttosto che uno basato su come l’uomo può servirsene per migliorare l’offerta di un determinato servizio, si potrebbe sconfiggere anche Covid-19. Esso infatti è la sfida dell’era dell’Antropocene, che nonostante le molte  sofferenze che sta causando, riuscirà a distruggere un periodo storico che, se non viene fermato, potrebbe portare ogni uomo a distruggere i suoi simili solo in virtù del proprio futuro tornaconto.

La medicina e le malattie incurabili

Lo scontro tra nuova medicina tecnologica e malattie incurabili è soprattutto al tempo del Covid molto evidente. Oltre a Neuralink ed ai dispositivi per il monitoraggio della salute, la medicina moderna può contare su nuovi inediti vantaggi: protesi capaci di assemblarsi da sole, l’app AiCure che permette di monitorare se i pazienti stanno seguendo le cure prescritte, una ricerca virtuale lanciata da Atomwise per trovare farmaci attualmente esistenti e sicuri che possano potenzialmente essere ridisegnati per trattare il virus dell’ebola; e tanti altri.

Dunque un mondo tecnologico e dinamico ove ogni giorno qualcosa di nuovo si aggiunge a ciò che già sappiamo. Accanto a questa stupefacente realtà però vi è una grande desolazione la cui portata può essere espressa da alcuni grandi numeri: quello dei morti di tumore, di Covid e di influenza. Il primo in base a quanto riporta Repubblica costa solo in Italia di 485 persone al giorno, che in un anno corrispondono a 177.025 persone. Riguardo il secondo numero l’OMS in data 16 Ottobre ha fornito gli ultimi dati aggiornati che contano 1.093.522 morti. Infine per una banale influenza, che in virtù delle nuove tecnologie, eccetto ovviamente in casi di grandi degenerazioni, si dovrebbe essere arrivati a cure definitive, i dati riportano che muoiono fino a 650 mila persone ogni anno nel mondo. Dati sconcertanti dunque, che pongono l’uomo moderno innanzi al bivio tra innovazione e regressione. Se davvero la tecnologia è così avanti e questi dati sono così alti, significa che il rapporto uomo-macchina-medicina attuale non è il migliore possibile e che è necessaria una sua revisione.

Tale revisione  intersecandosi con il virus e con l’opera di Stiegler, potrebbe portare ad un cambiamento, il quale sta già germinando nella società moderna, anche se a poco a poco fino a che un giorno non fiorirà. Quindi una revisione che vada oltre il moderno moralismo, il quale si limita a criticare senza lottare per il cambiamento, una vera e propria battaglia che l’uomo è chiamato a combattere contro se stesso rendendosi conto del grande valore dell’ amico robò, che ha accanto.

Il fiore del cambiamento, i robot e l’uomo: come un amico digitale può salvare la vita

Nel mondo attuale non c’è solo oscurità e se i dati dei morti possono spaventare ci sono alcuni semi di novità che possono riaccendere nell’uomo moderno l’aspettativa per un futuro migliore e  scacciare il pessimismo che si sta imponendo nella società moderna. Il più grande di questi nuovi fermenti è l’impiego dell’IA in medicina. Ormai tutti o quasi conoscono Watson, il robot di Ibm, che entrato nelle corsie degli ospedali più o meno stabilmente, sembra essere in grado di anticipare di due anni le diagnosi di insufficienza cardiaca, rispetto ai metodi tradizionali.

L’algoritmo si basa sui dati normalmente raccolti durante le visite: «Abbiamo scoperto – spiega Jianying Hu, uno dei ricercatori impegnati – che diagnosi di altre malattie, farmaci prescritti e cartelle cliniche di eventuali ricoveri, in quest’ordine, possono fornire dei segnali in grado di predire la malattia. A questo si aggiungono informazioni ottenute dalle cartelle compilate dai medici usando il linguaggio discorsivo». Dunque un robot amico dell’uomo, capace di predire malattie estremamente gravi del suo cuore. Un’altra grande novità è l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per predire gli eventuali effetti collaterali di un farmaco.

Uno studio della Stanford University, pubblicato dalla rivista ACS Central Science, infatti ha mostrato come l’algoritmo riesce, sulla base di poche informazioni sulla struttura chimica del farmaco potenziale, a formulare predizioni sia sulla tossicità potenziale sia sull’instabilità della molecola. Sempre alla Stanford University inoltre hanno dimostrato che un algoritmo di deep learning, il settore della ricerca sull’apprendimento automatico e sull’intelligenza artificiale basato su reti neurali, è in grado di diagnosticare i diversi tipi di cancro della pelle con un’accuratezza pari a quella dei migliori dermatologi. Il tutto sulla base delle sole immagini dell’epidermide scattate da uno smartphone. Non bisogna dimenticarsi di Molly, la prima infermiera virtuale al mondo, sviluppata dalla start-up Sensely. Al di là del suo sorriso e l’espressione amichevole, l’obiettivo è di aiutare le persone, monitorando le loro condizioni e lo stato dei trattamenti in corso.

L’interfaccia utilizza metodi di machine learning per supportare i pazienti con condizioni critiche, fornendo controllo ed assistenza nelle fasi di follow-up. Sono inoltre in fase di creazione, ad opera di Enlitic, anche robot radiologi che, lavorando accanto ai radiologi umani, ne renderanno più preciso il lavoro. Il primo compito che avranno questi robot sarà quello di accertare la correttezza dell’ipotesi del medico, offrendo un nuovo punto di vista. Dopodiché il robot passerà all’analisi della radiografia per rilevare eventuali anomalie. In base a ciò che rilevano, i robot radiologi assegneranno un determinato livello di priorità alla radiografia, che consegneranno al radiologo specializzato: se non trovano nessuna anomalia, allora assegneranno una priorità bassa.

Il radiologo, ricevuta l’immagine, la studierà a sua volta e stilerà una relazione. Come si evince da tutte queste novità la collaborazione uomo-macchina in campo medico è una grande risorsa per il futuro e anche per l’oggi. Una risorsa in cui l’uomo, a poco a poco, impara il valore dei nuovi altri i robot, che attualmente condividono molte parti della sua vita ed in futuro ancora di più. Dunque proprio dei nuovi amici tecnologici capaci di tracciare “una linea di fuga” dal male del presente, prendendo per mano l’uomo e guidandolo verso un inedito nuovo futuro, tutto da scoprire e da tracciare.

Conclusioni

In conclusione dunque il mondo è imperfetto e l’uomo più di lui, ma forse, se quest’ultimo prende in mano il diario della propria vita e in virtù dei suoi errori guarda al futuro, vi è davvero la possibilità che la connessione ed i robot possano salvare il mondo. Spesso il punto di vista da cui si guarda il mondo è davvero la chiave universale capace di aprire nuove porte. E se l’attuale soglia è quella della tecnologia, forse proprio grazie ad essa, nel futuro il mondo potrà essere un posto migliore e l’uomo potrà guarire malattie attualmente incurabili.

Ovviamente superando le grandi discriminazioni, anche a livello economico e tecnologico, che è possibile vedere in esso. Un giorno nel Negantropocene l’uomo mettendo al centro l’altro da sé, vedrà il vero volto di sè stesso, riconoscendosi in ciò che lo circonda, riscoprendo così il bello delle piccole cose, che spesso nell’Antropocene a causa dell’irrequietezza del vivere, passano inosservate. Quindi una riscoperta di valori, tra cui quello dell’amicizia, che forse potrà salvare molte vite unendo uomini e macchine, in un nuovo forte e saldo, oltre che completamente rivoluzionario rapporto.

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