Da quando i social network hanno preso il sopravvento sulla nostra vita, insediandosi nella nostra quotidianità, si è diffusa, soprattutto tra gli adolescenti, una nuova forma di ansia sociale che preoccupa sempre di più genitori e non solo.
Parliamo della FOMO (“Fear of Missing Out”) ovvero la paura di essere tagliati fuori. Una paura che nasce dal pensiero che i nostri amici stiano facendo qualcosa di più bello e interessante di noi.
Ciò è fonte di insicurezza per l’individuo ma soprattutto di solitudine.
Ma ecco che la tecnologia, e in modo particolare l’intelligenza artificiale, arriva in soccorso. Dispositivi in grado di comunicare con l’uomo, rispondere ai suoi problemi e isolare quel senso di solitudine sempre più presente in un mondo dove ognuno cerca di porsi sopra l’altro. Senso di solitudine che Theodore, protagonista di “Her” (film del 2013 scritto e diretto da Spike Jonze), conosce bene.
In un mondo dove tutti, attraverso i social network, sembrano vivere una vita bellissima e appagante regna davvero il senso di solitudine di cui sempre più spesso si parla? E Theodore riesce davvero a ritrovare la serenità grazie all’intelligenza artificiale o è solamente pura illusione?
PUÒ UN SISTEMA OPERATIVO SOSTITUIRE L’UOMO?
In Her, Spike Jonze (vincitore Oscar per la miglior sceneggiatura originale), racconta di Theodore, un uomo appena uscito da una storia d’amore importante e che non riesce più a rapportarsi con altre donne. Decide di acquistare un sistema operativo, di nome Samantha, con cui crea un rapporto sempre più bello fin quando i due finiscono per innamorarsi e intraprendere una relazione.
Il film evidenzia un mondo in cui i rapporti tra le persone sono diventati sempre più faticosi e dove le persone cercano nell’altro la perfezione. Non trovandola, essi si chiudono in sé stessi cadendo in un senso di solitudine sconfinante. Solitudine che Theodore inizialmente supera grazie a Samantha, intelligenza artificiale intuitiva ed empatica, fin quando anch’essa decide di allontanarsi per causa di una serie di evoluzioni nei sistemi operativi che portano lei e le altre intelligenze artificiali lontani sempre di più dalla visione umana delle cose.
Ecco che il senso di solitudine ricompare in Theodore, consapevole ormai dell’impossibilità di continuare una relazione così importante e intensa con un sistema operativo a causa delle enormi difficoltà di far combaciare due vite totalmente diverse. Il film si conclude con una lettera che Theodore scrive alla sua ex moglie Catherine ringraziandola del tempo passato assieme e dell’averlo reso la persona che oggi è. Theodore scrive:
«Cara Catherine, ho pensato tanto a tutte le cose per cui ti vorrei chiedere scusa, a tutto il male che ci siamo fatti, a tutto quello di cui ti ho accusata, a tutto ciò che avevo bisogno che tu fossi o dicessi. Ti chiedo perdono. Ti amerò sempre perché siamo cresciuti insieme e mi hai aiutato a essere chi sono. Voglio che tu sappia che ci sarà sempre un po’ di te dentro di me e ti sono grato per questo.»
Nella scena finale del film si vede Theodore insieme alla sua migliore amica, che ha vissuto la sua stessa esperienza con un altro sistema operativo, seduti in cima ad un palazzo in silenzio. La comunicazione tra i due è assente perché il messaggio è chiaro: nello stare insieme in quel momento la solitudine sparisce.
LA SOLITUDINE AI TEMPI DELLA TECNOLOGIA
I problemi emersi nel film fanno effettivamente già parte da un bel po’ della nostra società. La tecnologia, e in particolare, i social network, sono nati come strumento di socializzazione, finalizzati a semplificare la comunicazione tra persone e rendere più semplice lo scambio di informazioni e idee. Ma è davvero così?
Come emerso in Her, la tecnologia, da strumento socializzante, si è trasformata presto in strumento capace di amplificare il senso di solitudine. Solitudine che spesso proviamo per svariate ragioni e il motivo è ovvio. Essendo l’uomo un animale sociale, egli ha continuamente bisogno di socializzare e la socializzazione che abbiamo attraverso i social network è nettamente diversa da quella reale. La conversazione faccia a faccia, come afferma anche la psicologia, è di fondamentale importanza per l’uomo perché attraverso essa, egli crea legami significativi con l’altro, ci insegna ad ascoltare e a capire, dona empatia. Tutto ciò che oggi tende a mancare.
L’evoluzione della tecnologia e la conseguente semplificazione della comunicazione ci ha fatto credere di poter far fisicamente a meno dell’altro. Oggi ci si concentra più sul numero degli amici che si hanno online che su quanti se ne hanno realmente. È diventato un mondo incentrato sui like, sui follower, su quante storie si pubblicano ogni giorno. Tutti concentrati a dimostrare anziché ad essere sé stessi e ciò ha indubbiamente dato vita a una delle problematiche sempre più discusse, una forma di ansia sociale, chiamata FOMO.
LE CONSEGUENZE CHE HA SU SULL’UOMO LA “PAURA DI ESSERE TAGLIATI FUORI”
Scientificamente la “Fear of Missing Out” (fenomeno studiato da Andrew Przybylski, uno dei maggiori studiosi mondiali della FOMO), è composta da due elementi. Il primo, lo stato d’ansia che assale quando si pensa che gli altri stiano facendo qualcosa di più gratificante di noi. Il secondo, la costante necessità di essere sempre in contatto con gli altri tramite i social network.
La FOMO probabilmente esiste da secoli ma oggi si è notevolmente amplificata e la causa è l’essere esposti ad un’esibizione continua della vita altrui attraverso i social media.
A tutti sarà capitato di vedere la storia di qualche amico mentre è in viaggio o ad una festa e pensare che si stia divertendo più di noi. Questo perché le varie piattaforme mediatiche ci espongono continuamente e inevitabilmente al confronto e ciò fa soffrire, causando depressione e, in alcuni casi, attacchi di panico. Si ha la percezione di non essere al passo con gli altri e ciò provoca inconsciamente il bisogno di essere continuamente online in modo da non perdere gli ultimi post pubblicati da altri e la necessità di dimostrare di essere altrettanto invidiabili.
Il passare così tanto tempo connessi, il pubblicare continuamente storie mentre si è in giro, porta l’uomo ad isolarsi ed escludersi. Sia per chi guarda i contenuti postati da altri sia per chi li pubblica si innesca un evidente stato di solitudine. Si tratta di solitudine subita, diversa da solitudine voluta (quella che regala benessere all’individuo), che a lungo andare produce sofferenza e crescente difficoltà nel rapportarsi con gli altri.
Alla base della FOMO gioca un ruolo di primo piano anche la bassa autostima dell’utente, il quale ha la sensazione costante di essere sottoposto al giudizio esterno cercando di continuo segnali di approvazione o disapprovazione. Oltre agli effetti psicologici quali ansia e depressione ci sono anche evidenti sintomi fisici importanti come nervosismo, stanchezza. Importante per la persona è riconoscere il problema e ricorrere eventualmente al supporto medico.
L’ILLUSIONE DI NON ESSERE SOLI
Sin dalla loro nascita, i social network ci hanno regalato la sensazione di non essere mai soli poiché lo stare in contatto in qualsiasi momento della giornata con altre persone ci dona l’impressione di essere sempre in compagnia. Ma è evidente che in realtà non è così e che si tratta di una forma di solitudine mascherata.
Anche Theodore, come vediamo nel film, era convinto di aver superato quello stato di solitudine derivato da un rapporto finito male e di star finalmente vivendo qualcosa di bellissimo insieme a Samantha. Ma come ci mostra Jonze, la sua era solo pura illusione; illusione di poter far a meno di una relazione vera con una persona e che un sistema operativo potesse regalargli emozioni più forti di una storia d’amore reale, illusione di aver finalmente ritrovato la felicità.
Her ci mostra una realtà sempre più evidente e cioè la ricerca continua dell’uomo della perfezione nei rapporti e la conseguente difficoltà nel trovarla. Attraverso i social siamo continuamente esposti a persone e relazioni apparentemente perfette ma quando ci ritroviamo poi di fronte a qualcuno che riteniamo interessante, spesso, quella perfezione iniziale non la troviamo e tendiamo a cambiare strada. Motivo del quale le persone sono alla continua ricerca di qualcosa che, purtroppo, non esiste. Questo perché i social network ci hanno abituato ad una visione della realtà distorta, bella ma impossibile.
Svariati sono i consigli degli esperti per uscire da questo stato di ansia. Alcuni tra i quali limitare l’uso del cellulare e farsi aiutare da esperti in modo che la FOMO possa trasformarsi in JOMO (“Joy of Missing Out”) ovvero la gioia di aver perso qualcosa. Ciò significa vivere serenamente la propria vita e fare ciò che più ci fa stare bene con noi stessi senza inseguire gli altri nelle loro scelte. Fare un passo indietro e ascoltare finalmente i propri bisogni.