L’isola dalle case colorate, dei borghi medievali e dei panorami a picco sul mare. Stiamo parlando di Procida, una delle isole partenopee più belle e suggestive che, insieme all’isolotto di Vivara, poco distante, fa parte dell’arcipelago delle isole flegree nel golfo di Napoli.

È stata Procida la meta scelta da me per trascorrere gli ultimi giorni di fine estate e, senza ombra di dubbio, è stata una bellissima scoperta. Dopo un inverno ricco di lavori universitari e scadenze lavorative, non potevo non decidere di passare qualche ultimo giorno di relax in una delle isole campane che da sempre mi affascina, dove il tempo sembra essersi fermato e dove i panorami fronte mare sembrano portarti indietro nel tempo.

Essendo gli ultimi giorni di agosto e non volendomi allontanare troppo da casa, ho deciso di visitare Procida approfittandone anche del fatto che, proprio quest’anno, è stata proclamata Capitale della Cultura 2022 dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo.
Ho preso il traghetto a Napoli e, dopo solo un’ora di viaggio, eccomi a destinazione. Come prima tappa, ho deciso di fermarmi in una pasticceria proprio di fronte al porto per provare la famosa “lingua di bue”, un dolce tipico procidano fatto con pasta sfoglia farcita con crema di limone, chiamato così proprio perché la sua forma allungata ricorda la lingua di questi animali.
Dopo aver mangiato e preso un buon caffè espresso, mi sono incamminata verso il centro storico dell’isola per visitare uno dei suoi luoghi più suggestivi, Terra Murata, borgo fortificato a picco sul mare dove, essendo il punto più alto, si può godere di un panorama mozzafiato.
Il borgo è raggiungibile solo attraverso una salita abbastanza faticosa, ma, nonostante ciò, ne vale assolutamente la pena. Appena arrivati in cima, vi è una piccola piazza che accoglie due cannoni a lunga gittata risalenti alla Repubblica napoletana del 1799. Qui si viene accolti da un panorama bellissimo su Marina di Corricella, il borgo di pescatori famoso per le sue case colorate. Ne sono rimasta davvero affascinata e, ovviamente, non potevo non scattare qualche foto.

Proseguendo la mia passeggiata per il borgo di Terra Murata vengo subito accolta dalla bellezza dell’enorme Palazzo D’Avalos. Se si viene a Procida, è tappa obbligatoria visitarlo. Nonostante non sia messo nei migliori dei modi, visitarlo all’interno è stato una vera scoperta. Dopo aver attraversato il cortile, insieme alla guida mi dirigo all’interno del palazzo per ammirare da vicino le bellezze di questo luogo a mio parere misterioso ma contemporaneamente affascinante.
Il palazzo è stato costruito nel 500 dalla famiglia D’Avalos, a quell’epoca governatori dell’isola, per volere del Cardinale Innico D’Avalos. Fu palazzo signorile e poi palazzo reale dei Borbone che, solo nel 1815, lo trasformarono in scuola militare. Successivamente divenne un carcere del Regno. Venne chiuso solo nel 1988 e trasformato in Patrimonio dello Stato nel 2013.
La visita è durata circa due ore; all’interno è possibile visitare la caserma delle guardie, l’edificio delle celle singole, il padiglione delle guardie, l’edificio dei veterani e la medicheria. È un luogo molto suggestivo dove il tempo sembra essersi fermato ad anni fa. Ciò che mi ha più colpito è che all’interno delle varie celle vi sono ancora scarpe e vestiti dei detenuti ma anche rotoli di canapa e macchine per cucire. Tutto è rimasto così com’era: registri con i nomi dei detenuti ma anche posate, piatti e letti. Tutto ciò circondato dall’immenso mare.

Una visita all’Abbazia di San Michele Arcangelo e al Casale Vascello

Una volta conclusa la mia visita al Palazzo D’Avalos, mi dirigo all’abbazia di San Michele Arcangelo, fondata nel 1026 e dedicata a Sant’Angelo; solo successivamente, nel XV secolo, fu dedicata a San Michele Arcangelo, patrono dell’isola. Mi dirigo all’interno e noto subito come la chiesa sia divisa in due piani: il piano superiore dove si trova la chiesa e quello sotterraneo dove risiede il complesso museale. Una volta entrata, resto subito affascinata dalle numerose opere d’arte che la chiesa ospita tra cui la statua in legno e oro zecchino della Madonna del Carmelo e l’imponente soffitto a cassettoni di fine 1600 con il dipinto centrale di S. Michele. In un’altra cappella, vi è invece la statua in argento del santo e patrono dell’isola e la cappella della Madonna di Lourdes realizzata in carta pesta. Al piano inferiore, il complesso museale è articolato su tre livelli: il primo accoglie un Presepe con pastori di scuola napoletana del XVIII secolo, cui segue la Cappella della Madonna del Rosario; il secondo livello comprende una Biblioteca con ben 8.000 opere letterarie realizzata verso la metà del XVI secolo e il terzo livello ospita l’ossario, accessibile attraverso delle botole, tutt’oggi visitabile.

Dopo aver visitato l’abbazia, mi sono recata in uno dei panorami adiacenti la struttura e, visto il caldo, ho deciso di prendere una fresca granita fatta con i famosi limoni di Procida, detti anche “limoni di pane” per lo strato bianco e spugnoso che si trova sotto la scorza gialla. Una piacevole scoperta essendo amante dei sopori aspri. Dopo aver scattato altre foto al panorama, mi incammino per la discesa di Terra Murata e la mia attenzione viene subito catturata da un cartello con su scritto “Casale Vascello”. Non ne avevo mai sentito parlare e, dunque, decido di recarmi all’interno. Appena entrati, si viene subito accolti da un grosso cortile centrale su cui si affacciano abitazioni colorate. Mi dicono che, in occasione di alcune feste, questo cortile viene usato anche per eventi culturali.
Il suo nome si pensa che derivi da “vesciddo”, espressione dialettale che si può tradurre con “di giu”, in riferimento alla posizione che il nucleo abitativo occupa.  Altre fonti, invece, fanno risalire il termine alla presenza di due ingressi, che permettono l’accesso al casale e che gli avrebbero attribuito l’iniziale nome di “Vascello Sfondato”. Ciò che mi ha colpito sono state le numerose case colorate al suo interno che rimandano alle vecchie abitazioni di anni fa. Anche qui, il tempo sembra essersi fermato e la sensazione che si prova è incredibile.

Il borgo dei pescatori

Conclusa la mia visita al Casale Vascello, ed essendo ormai tardo pomeriggio, decido di andare a vedere il tramonto in un posto, a mio parare, magico: Marina di Corricella. Priva di auto, caratterizzato da piccole case tutte colorate addossate le une sulle altre (le case dei pescatori) sulla ripida costa, la Marina procidana è uno degli scenari più fotografati da turisti e artisti. Arrivata a Piazza dei Martiri, scendo le rapide scalinate, ed arrivo subito alla marina. Il luogo, molto silenzioso, è caratterizzato da numerosi ristoranti e negozietti con articoli del posto e non mancano le barche che i pescatori quotidianamente utilizzano per pescare.

Camminando sulla stradina principale, noto immediatamente una piccola piazzetta dedicata a Massimo Troisi. Il legame di quest’isola con l’attore napoletano è forte poiché, proprio qui, egli ha girato il celebre film “Il Postino” ed è per questo motivo che gli abitanti del posto, insieme al sindaco, nel 2010, hanno deciso di dedicare tale piazza, luogo in cui sono state girate le scene più celebri, all’attore. Il film, un vero capolavoro cinematografico premiato con un Oscar, ha fatto il giro del mondo e ha permesso a tutti, registi e attori, di conoscere l’isola partenopea; infatti, negli anni successivi molti sono stati i film girati sull’isola di Procida.

Conclusa la mia passeggiata a Marina di Corricella, ed essendo ormai sera, decido di tornare in hotel e riprendere la mia passeggiata per l’isola l’indomani. La location scelta per la notte mi ha davvero sorpresa. L’hotel, oltre a servire del cibo buonissimo e tipico del posto, godeva anche di una terrazza che affacciava diretta sul mare dove era possibile osservare, seppur in lontananza, tutta la costa e il maestoso Palazzo d’Avalos.

La mattina successiva, visto il caldo degli ultimi giorni di agosto, decido di andare in spiaggia e, come mi hanno consigliato alcuni abitanti del posto, mi reco alla spiaggia della Chiaolella situata sul versante opposto dell’isola e vicino all’isolotto di Vivara. Ciò che mi ha colpita della spiaggia è il suo fondale completamente nero a causa della sabbia vulcanica proveniente dal Vesuvio. Una vera scoperta per me!
Per quanto riguarda l’isolotto di Vivara, purtroppo, mi sono dovuta accontentare di vederlo solamente da lontano poiché non è aperta tutti i giorni e si entra solo su prenotazione in quanto la visita sarà guidata da un esperto. Essendo una riserva naturale, il percorso da svolgere non è semplicissimo; per addentrarsi dentro l’isolotto, bisogna prima attraversare il ponte tibetano, che risulta essere il più lungo al mondo in quanto misura ben 362 metri. La prossima volta che farò ritorno a Procida, conto sicuramente di andarci!

In ricordo di Elsa Morante

Conclusa la mia mattinata al mare, il pomeriggio decido di fare un giro tranquillo per le stradine di Procida prima del mio ritorno a casa. Passeggiando per Via Pizzaco, vicino la spiaggia de “la Chiaia”, la mia attenzione viene colta da un nome, quello di Elsa Morante, a cui era dedicato il belvedere su cui mi ero fermata a scattare qualche foto. Conoscevo il nome di questa scrittrice in quanto è stata la prima donna a vincere il premio Strega, importante premio letterario. Proprio qui, sull’isola partenopea, Elsa Morante scrive il famoso romanzo “L’isola di Arturo” nel 1957; all’interno del suo libro, la scrittrice manifesta il suo amore per Procida, per il suo mare, le sue case colorate e per le sue vie variopinte. In una sua pagina leggiamo:

“Su per le colline verso la campagna, la mia isola ha straducce solitarie chiuse fra i muri antichi, oltre i quali si stendono frutteti e vigneti che sembrano giardini imperiali. Ha varie spiagge dalla sabbia chiara e delicata, e altre rive più piccole, coperte di ciottoli e conchiglie, e nascoste tra le grandi scogliere”

Elsa Morante con il suo libro, oltre a manifestare la sua attrazione per questa terra, ha anche diffuso a tutto il mondo la bellezza di Procida.

Dopo la mia visita al belvedere e dopo aver passato qualche oretta tra le stradine dell’isola, è arrivata l’ora di dirigermi verso il porto e prendere il traghetto che mi avrebbe portata verso casa. La sensazione che ho provato al mio ritorno, oltre a un po’ di malinconia per il vicino autunno e i conseguenti impegni universitari, è stata quella di un forte appagamento nell’aver visitato un posto così ricco di cose da scoprire, di panorami imperdibili e di storie che non conoscevo ma che ho adorato conoscere. Quando farò nuovamente ritorno su quest’isola, mi prometto di prendermi qualche giorno più per ammirare meglio e con più tranquillità questo luogo che trasmette, oltre che tranquillità, anche tanta allegria. I suoi colori, il suo mare e i suoi panorami mi hanno trasmesso serenità e spensieratezza e per questo motivo ricorderò con tanto affetto questi giorni che, seppur pochi, mi hanno ricaricata e data una spinta in più per affrontare l’ormai vicino settembre.

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