Rino Gambardella è un poeta e scrittore romano. Laureato in Scienze Politiche presso l’Università La Sapienza, ha da sempre un rapporto con l’arte nelle sue forme più diverse. Grande appassionato di fotografia ed amante della poesia, ha fatto parte di un gruppo irlandese percorrendo in lungo e in largo  l’Italia e ha anche pubblicato un disco. La fantascienza è un tema caro all’autore, che porta la realtà altra anche nella sua recente raccolta Frammenti d’Osservazione, pubblicata da Edizioni Progetto Cultura. La scrittura è una scintilla interiore che la tecnica aiuta a raffinare Direttore responsabile: Claudio Palazzi
L’intervista

D: Qual è la trama della sua opera e come nasce?

R: Sono 21 racconti fantastici che occupano una dimensione tra sogno e realtà; il piano del reale e l’altro sono due piani che si intersecano. Il filo conduttore di tutti i racconti è l’amore nelle sue accezioni più diverse, ma anche temi sociali come il bullismo.

Un rapporto con la scrittura ce l’ho avuto sempre e quando ho iniziato a scrivere poesie ho pensato di vedere se questa scrittura potesse essere migliorata, quindi mi son iscritto ad alcuni corsi di scrittura a Roma. In quell’ambito ho cominciato a scrivere racconti.

D: Perché la forma della raccolta di racconti?

R: Ho pensato che il romanzo è un qualcosa di più complicato, anche se in realtà, in seguito a scambi con altri autori, ho capito che il racconto è molto più difficile perché il climax dev’essere sempre molto alto. Tuttavia, in Italia lo scrittore di racconti brevi non ha un grande seguito; forse per mentalità o per cultura, si preferisce il romanzo.

D: Quali modelli hanno ispirato la carriera di scrittore?

R: Mi sono avvicinato alla narrativa negli ultimi tre o quattro anni. Fin ad allora ho letto molti saggi di filosofia e teologia, di cui sono molto appassionato.  Quindi da questo punto di vista la mia formazione è recente. Ci sono degli scrittori che hanno influenzato il mio modo di scrivere e in cui mi sono ritrovato: Raymond Carver, ad esempio, che è abilissimo a  descrivere aspetti della realtà, anche un singolo momento o un semplice pomeriggio. Nei miei racconti invece c’è sempre una storia con una trama e un finale a sorpresa. Sono dei racconti densi che potrebbero essere ampliati a romanzi. Altri autori fonte di ispirazione appartengono alla letteratura fantastica come Borges e Cortàzar; in ambito italiano, Buzzati è quello che sento più vicino, insieme a Calvino e Tommaso Landolfi.

D: Come nasce la vocazione dello scrivere? La scrittura è un hobby o una necessità?

R: Fondamentalmente per il bisogno di trasferire su carta le emozioni e perché volevo capire se ciò che scrivevo poteva avere una sua oggettività, ovvero se suscitava un’emozione; questo credo faccia parte dell’essere umano, scrivo per me ma scrivo anche per gli altri. A mio avviso  scrivere fa parte dell’opera della creazione, come quando una donna mette al mondo un bambino.

D: Secondo Lei chiunque può essere scrittore?

R: Secondo me siamo tutti scrittori ed artisti. Che cos’è l’arte se non l’espressione di una ricchezza che abbiamo dentro?! siamo tutti artisti in questo senso, ognuno nel suo ambito: una madre, un contadino, due innamorati che condividono ciò che hanno di più profondo. L’espressione di qualsiasi sentimento è un’espressione artistica.

D: Si può essere scrittori senza essere lettori?

In tutti i corsi di scrittura viene detto che per diventare scrittori bisogna leggere tanto perché così si ha la possibilità  di metabolizzare il tutto e farlo tuo. In realtà questo è vero se vuoi svolgere questa professione. Lo scrittore è una categoria. Personalmente mi considero solamente una persona che quando sente il bisogno scrive. Penso che si sia scrittori prima di essere lettori: pensiamo all’uomo della pietra, non aveva nulla su cui orientarsi. Quindi nasce prima l’emozione e poi  lo scrittore. Sicuramente la lettura affina la tecnica.

D: Quanto è difficile tale professione nel mondo contemporaneo, aggravato dalla crisi da  Covid19?

R: In libreria già c’è una grande differenza tra narrativa e poesia; per la sezione poesia si troverà uno o due scaffali al massimo, mentre la narrativa ancora si vende. Il Covid19 crea un problema molto grosso: non poter fare presentazioni del libro, se non su piattaforma, ma non è la stessa cosa. Il problema più serio è il fatto che un autore non possa condividere in presenza quello che ha scritto. È interessante il momento in cui il pubblico può fare domande perché è un momento di verifica. Inoltre, ai nostri tempi c’è una crisi della lettura che venti o trenta anni fa non c’era, forse perché oggi si consuma tutto in fretta.

D: Progetti per il futuro?

R: Il prossimo libro che vorrei pubblicare è un libro di poesie d’amore. Mi piacerebbe scrivere anche un romanzo: avevo iniziato un racconto che potrebbe avere futuri sviluppi, per cui l’idea c’è. Oggigiorno, ormai si è scritto di tutto, quindi è difficilissimo essere originali.

Nel XXI secolo, la società di massa sembra essere governata dall’ ’imperativo ‘tutto e subito’. La scrittura  appare allora un indiscutibile atto coraggioso. Tuttavia, forse la pandemia può rappresentare un’occasione per allentare ritmi e stili di vita,  soffermarsi e rivalutare aspetti della realtà per i quali non si ha mai tempo; che sono meno immediati ma che offrono una realtà altra in cui rifugiarsi. Tra tanti, il mondo della lettura.

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