La pandemia di Covid-19 sta attraversando una fase di forte aumento dei contagi a livello globale e, come se la sola preoccupazione sanitaria non bastasse, sta portando con sé nuovi scenari di crisi, con dati legati alla disoccupazione e più in generale al mondo del lavoro, che ci consentono di confrontare il periodo pre-Covid a quello attuale in termini di tracollo economico. In Italia si parla addirittura della più grave crisi economico-sociale dalla Seconda Guerra Mondiale, peggiore di quella del 2008: vediamo perché. Covid-19: gli effetti sulla crisi economica in Italia. Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Disoccupazione e categorie a rischio ai tempi del Covid

Quando a marzo 2020 il Governo ha stabilito il lockdown del Paese, l’Italia arrancava già a livello economico e la chiusura forzata delle attività lavorative, con conseguente aumento dello smart working dove possibile, ha intaccato degli equilibri fin troppo fragili. Il tasso di disoccupazione, nonostante il blocco dei licenziamenti previsto dalla manovra anti-Covid, è incrementato notevolmente, con circa mezzo milione di lavoratori che ha perso il proprio posto e soprattutto, a pagarne le conseguenze, sono i lavoratori con contratto a termine e i lavoratori autonomi che, a differenza dei dipendenti stabili, non hanno avuto la tutela della cassa integrazione.

Le misure a sostegno degli autonomi non si sono rivelate sufficienti a sostenere intere famiglie perché, nonostante l’aumento dai 600 € previsti per marzo e aprile nel Decreto “Cura Italia” ai 1000 € dal mese di maggio, la clausola della riduzione del reddito nel Decreto “Rilancio” ha escluso intere categorie che non rientravano nei requisiti della domanda. Oltre il danno, la beffa.

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La riattivazione del circuito economico dopo la chiusura ha fatto emergere il quadro critico per le piccole economie, gli artigiani, i lavoratori nel mondo dello spettacolo, ma anche i giovani, che si trovano a dover affrontare un futuro sempre più incerto. Una stima dell’ILO riporta che da marzo i giovani tra i 20 e i 29 anni hanno subito di più gli effetti della crisi economica perché impiegati in settori non ritenuti essenziali durante il lockdown e perché assunti con contratti precari.

Per approfondire da vicino l’instabilità economica del momento abbiamo intervistato Francesco, lavoratore autonomo nel settore agricolo, tra quelli più in difficoltà. Ecco cosa ci ha raccontato:

1)Qual è la tua professione?

Crisi, crisi economica, settore agricolo, mercato, disoccupazione, lavoratori autonomiSono un contadino. Gestisco autonomamente la mia impresa agricola e vendo i prodotti raccolti al mercato ortofrutticolo all’ingrosso della mia zona. Produco principalmente insalata, bieta, cicoria, ma anche prezzemolo o basilico.

2)Da quanto tempo sei un contadino?

Da quasi 45 anni. Ho preso le redini dell’impresa di famiglia.

3)Spiegaci meglio com’è organizzato il mercato all’ingrosso.

I titolari degli stand dedicati alla vendita, come me, hanno il proprio posto fisso e si vende dall’una e mezza di notte. Rivenditori e negozianti hanno l’ingresso dalle 3 alle 7.30 circa, così come operai e aiutanti. L’entrata dalle 3 in poi è libera per chiunque volesse acquistare, invece per uscire si paga un pedaggio in base a quanto si è acquistato.

4)Durante il lockdown hai lavorato?

Durante la prima settimana sì. La situazione è cambiata quando molti banchi, non rispettando le distanze di sicurezza, sono stati chiusi e circa il 40% dei clienti se n’è andato.

5)Qual è stata la principale differenza nel tuo lavoro tra il pre-lockdown e il dopo?

Un notevole calo di guadagno e la perdita di molti clienti che non ha permesso di vendere come prima. Un aiuto sono stati i clienti fissi, titolari di negozi o chi aveva necessità di rifornirsi  che non ha smesso di venire, a differenza di chi gestiva ad esempio i mercati settimanali che invece aveva dovuto sospendere la propria attività e di conseguenza i contatti con noi dell’ingrosso. Noi contiamo molto su quei pochi clienti sicuri che abbiamo e se ne mancano 40 su 100, com’è successo, il mercato ne risente.

6)Se il governo dovesse decidere per un nuovo lockdown, in che misura ne risentirebbe di più il tuo settore?

Alcuni colleghi hanno già detto che con un nuovo lockdown la loro attività è a rischio fallimento; sono in rosso a seguito dei tre mesi di chiusura e non incassando abbastanza è difficile riuscire a pagare le tasse, che a differenza di tutto il resto non hanno smesso di gravare.

7)Il bonus del Governo a favore dei lavoratori agricoli non è stato d’aiuto?

Non ha aiutato molto. 600€ per mandare avanti una famiglia non sono granché. A me, tra l’altro, è stato versato solo i primi due mesi.

8)Come passi il tuo tempo quando non lavori?

È difficile che io non lavori. Tra vendita, semina, innaffiamento, trattamenti ai prodotti un contadino lavora sempre.

9)Hai mai pensato di cambiare professione?

Ci ho pensato di questi tempi, sì. Il guadagno ottenuto dal mio lavoro ormai non ricompensa la fatica spesa giorno e notte.

10)Quindi se avessi la possibilità di cercare un altro lavoro, lo faresti nonostante la disoccupazione stia crescendo?

Lo farei se mi capitasse di rischiare per un posto fisso. Non ci sarebbero certezze, ma sicuramente avrei meno problemi rispetto a quelli che ho ora, a livello di investimento agricolo. In campagna il guadagno non è immediato: non si semina per raccogliere il giorno dopo. Ci sono concimazioni, preparazioni del terreno, spese obbligatorie che aumentano insieme al costo delle sementi, mentre i prezzi di vendita restano quelli di 30 anni fa.

11)Qual è la maggior differenza rispetto a 30 anni fa?

Il costo della vita era inferiore e i guadagni erano gli stessi, non si lavorava per sopravvivere. Con il Covid siamo arrivati al punto che le attività rischiano di rimanere aperte ma senza vendere, andando incontro solo a perdita.

12)Se ne avessi la possibilità lasceresti il tuo paese e cambieresti vita dopo la pandemia?

Se fossi stato più giovane avrei provato, adesso non rischierei nonostante la situazione. Ricominciare da capo significherebbe cambiare vita e cosa potrei fare?

13)Il tipo di mercato del tuo settore è legato all’economia del contante. Adesso con l’e-commerce e le nuove tecnologie, saresti a favore dell’introduzione di modifiche per dare una spinta al tuo lavoro?

La maggior parte dei miei colleghi non è ancora a favore e per apportare modifiche dovremmo essere tutti d’accordo. L’obbligo del POS per noi ancora non c’è e avendo molti clienti di fascia d’età avanzata si preferisce l’uso del contante; c’è una mentalità poco incline alle nuove tecnologie.

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14)Rispetto ai prezzi, c’è stato un adeguamento durante la pandemia?

Io non ho cambiato i prezzi rispetto a prima della pandemia, anche se so che dei negozi li hanno aumentati. I clienti hanno comprato un po’ di più a marzo probabilmente perché hanno fatto scorte, ma poi si è tornati ai livelli normali. La logica del nostro tipo di mercato è legata alla quantità del prodotto: più ce n’è e meno costa. Visto che la clientela è diminuita e la quantità dei prodotti è rimasta la stessa, per noi c’è stata addirittura una perdita e per loro un guadagno.

15)Con l’aumento dei contagi e il peggiorare dell’andamento, quali soluzioni adotteresti per risollevare il tuo settore?

Per aumentare la clientela si parlava di aprire un mercatino domenicale di prodotti locali adiacente al nostro, che invece la domenica è chiuso, ma nel mio caso l’azienda è a conduzione familiare e se la domenica devo raccogliere i prodotti per la vendita del lunedì, non mi è possibile partecipare.

16)Non avete mai pensato di modificare la logica del mercato contadino e creare un vostro sito per le vendite online e le consegne a domicilio?

Sì ci abbiamo pensato e secondo me sarebbe una buona opzione, ma è difficile mettere d’accordo tutti i colleghi per coprire più varietà di prodotti possibili. La difficoltà sta nel modificare la logica dei lavoratori del mio settore da individuale a cooperativa.

17)Cosa ti aspetti dai prossimi mesi? 

Spero che i contagi non continuino ad aumentare e che il nostro mercato non venga chiuso, perché finora sembra non ci sia stato nessun caso positivo tra noi. Non ci vorrebbe davvero.

Il punto di vista di persone come Francesco ci permette di riflettere su realtà che spesso sono tenute in considerazione in modo marginale, ma che sono più vicine a noi di quanto pensiamo. La pandemia ci pone di fronte a difficoltà economiche ancora più accentuate e la fine, purtroppo, sembra ancora troppo lontana.

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