Le parole pseudo e complottismo, sembrano le più appropriate per descrivere gli ultimi avvenimenti che hanno riguardato il CONSIP, centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana. Per definire meglio il perché di questa considerazione è utile fare riferimento alla teoria del complotto, ovvero la concezione secondo cui in occasione di eventi che suscitano forte impressione nell’opinione pubblica, anche come effetto di una copiosa trattazione da parte dei mass media, si tende a elaborare “supposizioni” frutto di una cospirazione organizzata. Preso atto di tale definizione, possiamo anche metterla da parte, poiché il caso che ha visto come protagonista la CONSIP, successivamente all’inchiesta, ha visto venire a galla quelle che in realtà erano solo “false apparenze”, per l’appunto pseudo-complotti.

Per capire meglio, è doveroso trattare gli avvenimenti passo per passo. Lo “scandalo” CONSIP riguarda un caso di presunta corruzione e pressioni illecite nei confronti della società italiana per l’assegnazione d’importanti appalti pubblici. Si tratta sicuramente di un’indagine complicata poiché diramata in diversi filoni, i quali nonostante la stessa radice, raccontano di protagonisti e vicende diverse.

Un primo episodio vede l’imprenditore napoletano Alfredo Romeo, spesso in concorso tramite le sue attività per gli appalti della pubblica amministrazione. Secondo le intercettazioni dei magistrati sembrerebbe che l’imprenditore in questione, a seguito di alcuni fallimenti ai bandi di CONSIP, avrebbe cercato di corrompere Marco Gasparri, dirigente della stessa, promettendo soldi all’imprenditore Carlo Russo affinché incontrasse Tiziano Renzi (padre dell’ex primo ministro), per far si che quest’ultimo facesse a sua volta pressione alla CONSIP. Secondo i magistrati anche al padre di Renzi, sembrano essere state promesse ricompense in denaro in cambio dell’aiuto per incontrare Luca Lotti, ministro dello sport e Luigi Marroni, capo di CONSIP.

Il secondo evento in questione riguarda invece le rivelazioni segrete e il favoreggiamento, sospettati nei confronti del ministro Lotti. Quest’ultimo avrebbe avvertito Luigi Marroni riguardo le indagini aperte nei confronti della sua società.

Ad oggi poche sono le certezze: alla confessione di Gasparri sul pagamento in suo favore, per un totale di 100 mila euro in cambio di informazioni sull’appalto, è conseguita la reclusione a Regina Coeli per corruzione di Alfredo Romeo. La parte fragile dell’inchiesta riguarda invece le intercettazioni in merito a “bigliettini”, il cui contenuto sarebbe stato interpretato in maniera al quanto arbitraria da parte dei magistrati. Questi cosiddetti “pizzini”, sono infatti stati presi, quale prova evidente dei pagamenti avvenuti nei confronti di Tiziano Renzi (indicato come T.), Luca Lotti (indicato con L.) e Luigi Marroni (indicato con M.). Dalle dichiarazioni rilasciate dai protagonisti di queste vicende sembrerebbe però che i suddetti incontri e pagamenti non siano mai avvenuti. Non è dello stesso parere il presidente CONSIP, il quale afferma che questi presunti incontri tra Renzi e Russo sembrerebbero aver avuto luogo, come anche le pressioni nei suoi confronti al fine di favorire l’imprenditore napoletano. Marroni avrebbe inoltre affermato di non aver dato seguito a nessuna delle richieste. La sua figura è altrettanto importante per le vicende che coinvolgono il ministro dello sport Luca Lotti, giacché Marroni avrebbe anche in tal caso rilasciato testimonianze secondo le quali il ministro (che non ha mai voluto spiegare le accuse, dichiarandosi “tranquillo”) lo avrebbe effettivamente avvertito dell’indagine in corso. Per quanto riguarda le conseguenze di Luca Lotti, sembrerebbero mancare i numeri necessari alla sfiducia, proposta dalle opposizioni. Possiamo ora concentrarci sulla pseudo-accusa che vede protagonista Tiziano Renzi. Per quanto la testimonianza di Marroni sembri essere stata di fondamentale importanza per i magistrati, non è altrettanto sufficiente ai fini dell’indagine. Si viene a creare così un terzo filone, di cui diviene partecipe un nuovo protagonista: il capitano Scafarto. In seguito a delle accuse contro quest’ultimo il caso coinvolgente il papà di Renzi ha iniziato a vacillare. Scafarto avrebbe falsificato le dichiarazioni di un’intercettazione di Romeo Alfredo e inserito nelle annotazioni ufficiali perplessità riguardo il ruolo dei Servizi, nonostante fosse stata già fatta chiarezza in merito arrivando alla conclusione che non vi erano elementi di cui dubitare.

Come si può intendere è una storia dai risvolti surreali, difficili da mettere in chiaro. Possiamo affermare che dopo la notizia dell’indagine per falso da parte del carabiniere del Noe, data anche la fragilità intorno all’interpretazione dei “pizzini” (secondo la Procura di Roma non ci sono dubbi siano stati scritti da Romeo) cui non dovrebbero aver avuto seguito pagamenti, il principale “alone di mistero”, se così può essere chiamato, rimane attorno alle testimonianze dell’AD di CONSIP Luigi Marroni. Quest’ultimo non si è voluto sottoporre alle domande dell’avvocato di Tiziano Renzi, al fine delle indagini difensive. Al momento il legale di Renzi è fiducioso, date le false intercettazioni diffuse, di una prossima archiviazione del caso.

Dato l’operato della magistratura, le cui conclusioni sostenute da indizi, che a gran parte dell’opinione pubblica, risultano al quanto labili, sembra quasi d’obbligo chiederci se ci troviamo nuovamente di fronte ad un caso di giustizia ad orologeria. Dati i precedenti italiani, sembra ormai una prassi consolidata quella di usufruire della giustizia quale strumento d’influenza negativa nei confronti di determinati uomini, allo scopo di ottenere un risultato a favore della propria propensione politica. Ci troviamo dunque di fronte ad alibi ad hoc cui la magistratura si “aggrappa” al fine di influenzare opinioni pubbliche nei riguardi del potere giudiziario? Gli elementi per sostenere una tesi in tal senso non mancano, dato le prove insufficienti alle accuse. Contribuisce anche la fuga di notizie verificatasi, anch’essa prassi ormai diffusa, ovviamente non ammessa dalle legge dato il rischio di influenzare le indagini in corso. D’altra parte è anche vero che quando “si grida al lupo” troppo spesso nessuno vi crede più, ossia, per essere più chiari, si sta venendo a creare la tendenza a far passare le ipotesi di reato come un attacco infondato a determinati uomini politici, quando in realtà con troppa frequenza tali ipotesi si rivelano concrete.
Quindi a cosa dobbiamo credere noi cittadini? Qual è la verità cui fare riferimento, specialmente in occasioni d’indagini a tal punto contorte e mancanti di limpidità? Possiamo avere fiducia nelle autorità competenti o siamo oramai inseriti in un incontrovertibile gioco di ruoli in cui ognuno esercita il potere per fare i propri interessi? Ci auspichiamo che la “filosofia” dell’ex primo ministro Renzi, di avere fiducia nella Magistratura, possa essere la strada migliore verso una maggiore giustizia.

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