Un viaggio nel mondo del produttore cinematografico, sceneggiatore, animatore e disegnatore oltre che regista Timothy Walter Burton significa entrare nella mente di un personaggio unico nel suo genere. Bizzarro e amato tanto quanto da molti incompreso. Quando fu più volte rifiutato nelle sue iniziative dalla Disney capì che doveva proseguire da solo, e solamente con chi capiva la sua arte, apprezzandola nella sua totalità.

Dall’esperienza delle collaborazioni che lui definì come deludente capì che si sarebbe dovuto dedicare unicamente al suo personale universo, abbandonando l’idea di un multiverso (per utilizzare le sue parole) ovvero non scendere a compromessi con altre case di produzioni nel realizzare le sue opere. Il regista pluripremiato e dalla portentosa vena artistica nel disegno era infatti molto testardo nei suoi progetti. Classe 1958 questo autore atipico e geniale riuscì a distinguersi fin dai suoi esordi per il suo gusto visionario e per la sua estetica fantastica e neo-gotica, dalla sua immancabile passione per le storie horror. Proprio per questo la sua arte è stata soggetta a molte censure in fase di produzione da parte della Disney. Un esempio è il film di animazione frankewennee, a seguito del quale culminò la rottura provvisoria con la casa di produzione.

Stanco dei compromessi quando fondò la sua Tim Burton production poté far fluire e rappresentare al meglio la sua estetica. La poetica di Burton si compone di magia, scenari gotici e macabri. Nel tempo egli ha saputo creare un genere unico, fatto di atmosfere cupe e narrando le tematiche più sensibili dall’emarginazione al calore dell’amicizia.
Il suo mondo ormai venuto alla luce nella sua totalità iniziò ad essere apprezzato senza subire più nessuna censura o reindirizzo.

A decenni dall’uscita del suo primo film indipendente Edward mani di forbice e dall’innesco di altri suoi capolavori nasce oggi il museo di Tim Burton a Madrid per immergersi nel mondo dei suoi personaggi che per la prima volta si ritrovano tutti insieme in unico universo: quello burtoniano. Un viaggio nel regno della fantasia con prezzi che oscillano dai 15,50 ai 23,50€ per la durata di un’ora circa di percorso creativo.
Il labirinto si presenta come una mostra sensoriale in cui perdersi tra gli esseri immaginari che popolano le sue opere. Si tratta di personaggi misteriosi, buffi, spesso paurosi. L’itinerario immersivo e creativo verrà molto probabilmente esportato anche in altri paesi.

Lo scenario visivo donato allo spettatore nelle opere cinematografiche rende le storie di Tim Burton immediatamente riconoscibili, anche da un semplice simbolo o da un colore. Ciò innesca quei rimandi inequivocabili al suo stile inconfondibile. Con il suo ultimo lavoro Wednesday tornano le tipiche atmosfere dark mentre il dramma narrato assume la forma specifica di quello adolescenziale.

La sua tecnica d’esordio per i film di animazione è stata lo stop motion, in cui gli oggetti al centro della scena vengono spostati di pochissimo e mossi progressivamente. Il montaggio consiste in un assemblaggio di scatti fotografici creando l’illusione di movimento. Si tratta di una tecnica molto minuziosa, per un solo secondo di animazione sono necessarie circa 24 fotografie.

I paesaggi e lo stile

Il genere scritto e diretto da Burton è un ibrido tra horror, fantasy, thriller e pertanto non categorizzabile, al punto di aver coniato il termine “burtoniano” per utilizzare un aggettivo che rimanda allo stile unico del suo regista. Uno stile gotico e malinconico reso perfettamente dai colori bianco e nero scelti in alcune delle sue pellicole. Le ambientazioni e i personaggi macabri riflettono le tematiche trattate: paurose ma anche profonde e delicate come è nel bisogno della natura umana di affrontare e comprendere i nostri mostri interiori.
Gli scenari fiabeschi tipici del mondo fantasy catapultano lo spettatore in realtà pittoresche e strampalate. Esse accolgono la narrazione dei sentimenti umani più reconditi, che spesso affiorano e hanno bisogno di essere visti e raccontati dal mondo da cui provengono. Tale mondo emozionale appare nei suoi capolavori sotto la forma di città fantasma, mondi incantati e spettrali. Tali scenari curati nei minimi dettagli donano all’osservatore una particolare estetica, anche grazie allo sposalizio dei colori cupi.

Il cliché arte e follia viene toccato in modo nuovo nelle sue opere, nella misura in cui l’emarginazione e la solitudine vengono viste come la nuova concezione di follia nella società odierna.
Tra i suoi temi non manca inoltre la magia. Come nel mondo di Alice (Alice in Wonderland) che precipita nella tana del bianconiglio finendo in un mondo fantastico dove tutto è possibile e tutto è anche “buffo, buffissimo”. L’immaginazione che diviene realtà è presente anche in Miss peregrine, la casa dei ragazzi speciali, che ospita ragazzi dotati ciascuno di un talento soprannaturale.

Dialettica vita morte

La tematica della morte viene abbracciata perfettamente dal paesaggio macabro e pittoresco dei suoi racconti. Il tema della morte è onnipresente tra le tematiche più profonde delle sue opere, ovvero quelle che rimandano alle questioni esistenziali umane più importanti. Tim Burton ricrea spesso una connessione tra il mondo dei morti e il mondo dei vivi e la sposa cadavere ne è l’esempio più evidente. Gli scheletri e i fantasmi incarnano il mondo dell’aldilà. Questi esseri si comportano ancora come umani, creando una continuità tra il prima e il dopo la vita.
In a nightmare before christmas il protagonista vuole vedere cosa c’è al di là del suo mondo di sempre (quello di Halloween) per scoprire qualcosa di più felice e caloroso rispetto allo spaventoso da cui è circondato. Ribaltando l’ordinario, il buffo e inquietante Jack Skeletron visiterà un mondo che è agli antipodi del suo, vestendo i panni di Babbo Natale.
Ciò rimanda al contrasto presente anche nel film cult Edward mani di forbice tra i colori sgargianti della cittadina e quelli bui di Edward.
In Frenkewennee il protagonista riesce grazie al suo ingegno scientifico a riportare in vita il cagnolino morto. L’ossimoro morte/vita , colorato/tetro connotano inconfondibilmente le storie, rendendole immediatamente riconoscibili e a Burton attribuibili. I contrasti più impensabili con lui divengono incredibilmente connessi e in continua comunicazione.

I personaggi

Gli esseri creati dal regista sono così simili di opera in opera da parlare di una vera e propria tipologia umana.
Tim Burton narra di personaggi che inizialmente vivono indisturbati il loro quotidiano. Queste vite comuni a un certo punto sprofondano (in genere da un evento apparentemente insignificante ma improvviso, altre volte in modo inquietante e scioccante) in un’avventura tanto assurda quanto avvincente. Ad esempio in Edward mani di forbice sarà il bussare alla porta di Peggy Boggs, rappresentante di cosmetici, a stravolgere la vita di Edward.
I personaggi, spesso grotteschi, vengono visti come dei mostri all’apparenza e le loro caratteristiche insolite li portano all’isolamento. I tratti caratteristici oggetto di caricature vengono visivamente enfatizzati.
Ma i tratti insoliti possono anche essere di indole caratteriale: personaggi goffi, timidi, dalle strane abitudini, impacciati e con difficoltà a vivere nel mondo, spesso perché più sensibili e riflessivi.
Il personaggio parte in genere da una condizione isolata, con caratteristiche giudicate anormali e perso nella sua storia dai confini indefiniti. Finché quell’evento crea una drastica interruzione con la vita precedente. Al punto che un simile sconvolgimento era forse sempre stato bramato nel profondo del protagonista, già nel corso della sua vita ordinaria. Qui le caratteristiche umiliate del personaggio assumono un ruolo nuovo, ritrovando il loro valore. In particolare divengono delle qualità in grado di aiutare nel superamento di alcune prove, come strumenti preziosi. Altre volte faticano ad essere comprese. I personaggi -come descrive lo stesso Burton con chiari riferimenti autobiografici- passano una vita ad immaginare di essere altrove, ovunque tranne che nella realtà. La loro vita è quella in cui non si sentono apprezzati nel loro essere ma nel mondo di fantasia trovato (o comunque nel nuovo evento) ne divengono protagonisti a tutto tondo. Dopo quell’esperienza tornano cambiati, più consapevoli di sé e sono ormai in grado di affrontare la loro vita reale, mettendo a frutto le loro qualità e dando un nuovo valore al loro modo unico di stare al mondo. Come Alice che tornando dal paese delle meraviglie è più consapevole e decisa su come affrontare i problemi che prima la affliggevano.

Il tema dell’emarginazione

Tutti i personaggi di Burton partono da un individualismo nel senso negativo del termine. Stranezza, isolamento e solitudine sono la condizione iniziale in cui il protagonista fatica a stare. Per poi passare, nel corso della narrazione, al ritrovato rapporto con gli altri. L’eroe protagonista trova dei fedeli e leali compagni di avventura senza i quali non avrebbe portato a conclusione il suo destino.

Tutti i personaggi sono degli outsider, mostri, persone bizzarre, eccessive e tutti socialmente sottovalutati nelle loro reali qualità. Essi soffrono l’allontanamento degli altri ma al contrario di loro hanno fiducia nelle proprie qualità, dunque continuano imperturbabili ad essere sé stessi, come fosse scritto nel loro destino, come se anche volendo non riuscissero a cambiare la loro natura.

Un’altra costante della sua poetica è la tecnica del ribaltamento. Sempre in la sposa cadavere il mondo dei morti è rappresentato non con i tradizionali bianco e nero ma esso si tinge anche del verde e dell’azzurro. E’ paradossalmente un mondo vitale, cioè vivace, pieno di musica (pur sempre senza rinunciare al gotico anche tra i ritrovati colori). Al contrario il mondo dei vivi, che apparentemente dovrebbe essere meno pauroso, è grigio, triste e colmo di costrizioni e regole a cui il protagonista Victor fatica ad adeguarsi.
Il classico ribaltamento burtoniano emerge anche in Beetlejuice, un esorcista che non caccia gli spiriti ma gli umani a favore dei primi. I buoni non sono i vivi ma i fantasmi. Anche qui il protagonista è un emarginato, è strano perfino per gli spiriti, unico nel suo genere, senza appartenere ad una comunità di riferimento.
Così come Mercoledì Addams in Wednesday è stramba anche nel mondo degli strambi e dei reietti.
Anche Edward è un emarginato e rappresenta tutto ciò che alla società non piace, è diverso quindi mostruoso, quando in realtà è colui che rivela l’animo più nobile e dimostra di essere la persona migliore di tutte.
Egli viene scoperto da una società colorata e zuccherosa che prima lo ama perché rappresenta una novità (quasi uno zimbello) ma poi finisce per schernirlo e allontanarlo perché diverso e potenzialmente pericoloso.
Anche Dumbo come Edward viene ridicolizzato, esaltato solo nel momento in cui può diventare una macchina da soldi o la novità del momento. Viene sfruttato come chi sta a questo gioco non perché vuole essere al centro dell’attenzione ma perché desideroso di vivere con gli altri nonostante la diversità. Emerge quindi un altro elemento fondamentale della poetica di Burton: la tematica dell’individuo contro la società, una tematica che narra la tenerezza di chi fa fatica di integrarsi e quella della violenza e prepotente superiorità di una società, nei confronti di chi non si adegua ai suoi modelli.
La sincera mostruosità di Edward nella sua purezza si scontra con la fittizia bellezza canonica della città, addobbata con colori sgargianti. Questa vivace città però nei fatti dimostra di non avere gli strumenti per accogliere il diverso, includendolo nelle sue dinamiche. Non è in grado di accettare la normalità dell’imperfezione come parte della quotidianità ma vede la diversità come una minaccia o al massimo come un elemento che stimola curiosità, ma mai una sincera e disinteressata empatia. Il diverso viene riconosciuto solo nella misura in cui serve ai loro interessi ma sempre come uno strumento e mai come persona. Il diverso dal canto suo conserva sempre il desiderio di accettazione e inclusione ma mai quello di essere come gli altri, lanciando il forte messaggio di esaltazione della diversità e necessità di tolleranza e inclusione del diverso nella società.

Intreccio

Burton ci fa immergere in un mondo unico, magico e macabro in cui perdersi per poi ritrovarsi. Il mondo fantastico rispecchia la natura dei sentimenti umani. I personaggi nella loro stranezza e diversità avvicinano lo spettatore a quella parte più autentica di noi (quindi unica) e conferendole un valore ritrovato. L’identità del personaggio viene più volte messa in ridicolo, è apparentemente fragile ed esposta. Ma proprio quella condizione rende il protagonista consapevole della sua storia e punto di partenza da cui troverà la sua strada. Egli scoprirà il valore della sua vita unica, circondandosi di aiutanti leali che riconosceranno le sue qualità speciali. L’identità del personaggio, tanto ridicolizzata, sarà ciò che traccia il percorso da seguire e detta le azioni da compiere.

Il mistero (elemento tipico nella trama di questo autore) viene così svelato e portato alla luce. Dall’apparente caos iniziale emerge un intreccio thriller di avvenimenti unici ed estremamente caratterizzati. Difficile all’inizio dire come si evolverà la trama. Gli eventi sono molto bizzarri come lo sposare per sbaglio una donna scheletro e ritrovarsi nel mondo sotterraneo dei morti.

Gli avvenimenti psichici del personaggio e gli eventi esterni divengono simbolicamente intrecciati nello sviluppo. Il protagonista si ritroverà a dover affrontare tutte le sue paure per portare a termine il compito, sfidando tutte le sue debolezze. Ma alla fine scoprirà che proprio le sue caratteristiche peculiari lo hanno reso in grado di farlo.

Dall’individualismo alla relazione con l’altro

Alla domanda “chi sono io?” il personaggio burtoniano risponderebbe con titubanza ma anche con un’estrema fiducia nel percorso di comprensione per la risposta al quesito. Quest’ultima si costruisce nel tempo e nella ragnatela di relazioni che intesserà con le persone parte della sua storia: gli altri bizzarri personaggi.

Il protagonista alla fine diviene consapevole di quel che è e del suo valore, gradualmente acquisito attraverso le sue esperienze uniche e che nel racconto sembrano tagliate su misura per le sue difficoltà. Ogni puntino, anche fatto di sofferenza, delusioni, eventi vissuti come drammatici alla fine si unisce creando una costellazione unica. Tale percorso individuale porta alla consapevolezza del main character dei propri punti di forza e di debolezza e delle proprie qualità uniche.
Egli impara a canalizzare e a esprimere la propria identità, mai più chiusa in una fragile bolla di cristallo.

Uno tra i molteplici modi per farlo è proprio la relazione con l’altro. Gli interessi individuali ed auto-finalizzati sono solo il punto di partenza e visti anche come motore della società. Questi stessi fini auto-interessati portano ciascuno dei personaggi ad incontrarsi e divengono il pretesto per intrecciare le loro storie. Dall’inaugurazione della relazione con l’altro nasce la cooperazione per ottenere i reciproci obiettivi, in un meraviglioso gioco in cui tutti vincono. Tranne l’antagonista, il nemico delle qualità rare del personaggio principale, colui che tenta in ogni modo di sottolinearne l’inadeguatezza. L’antagonista è quel personaggio che preferisce dedicare le sue azioni a mettere i bastoni tra le ruote agli altri. E’ un corrotto o un conformista che ha tradito la sua essenza e si comporta secondo un copione senza seguire una particolare natura insita.
Il protagonista riconosce alla famiglia, all’amicizia e all’amore una certa centralità che supportano, o quanto meno spingono a riflettere, sulla realizzazione della propria identità. Individualismo e relazioni non sono più visti agli antipodi ma in una connessione e reciprocità.
La vita al contrario di come la intende l’antagonista non è solo prendere ma uno scambio che arricchisce. Non è restare chiusi in sé ma aprirsi all’altro, sia aiutandolo sia esprimendosi nella propria persona, in ciò che connota il personaggio. Il protagonista capisce che ci sarà una crescita dal suo darsi agli altri e ciò avviene solo aprendosi alla relazione, alla condivisione e alla solidarietà. Ogni personaggio è una finestra su un mondo.

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