Tanto si è scritto e forse ancor di più dibattuto negli ultimi anni, dell’impianto – ubicato lungo viale Tiziano (strada che corre parallelamente a via Flaminia nel tratto compreso tra viale delle Belle Arti e Ponte Milvio) -progettato dall’architetto Antonio Nervi con la collaborazione ingegneristico-strutturale di suo padre Pier Luigi, che da ormai più di un decennio rappresenta una delle peggiori discariche a cielo aperto della Capitale.
Sorto nel cuore di Roma – tra i Parioli e il lungotevere – nell’area su cui fino al 1957 insisteva lo stadio Nazionale, ha ospitato sino al 2011 – tra gli altri – gli incontri interni dell’Atletico Roma, società professionistica che militava in Lega Pro e, nel passato recente, è stata sede per un breve periodo degli incontri della squadra di football americano dei Marines Lazio. Dal febbraio 2014 lo stadio è condotto dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, a seguito della rinuncia della Federazione Italiana Rugby a continuare a utilizzarlo (in delega dal CONI che ne aveva la gestione) per via degli eccessivi costi di rinnovamento. L’impianto è da luglio 2018 è sotto tutela della soprintendenza Speciale delle Belle Arti di Roma.

Alla luce del disposto dell’articolo 10 del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 lo stadio Flaminio è un bene di interesse artistico e storico sotto tutela a partire dal 2008, cinquantesimo anno dal suo completamento; gli eredi di Pier Luigi Nervi,   tramite la fondazione che porta il suo nome, detengono la proprietà intellettuale e i diritti morali sull’opera e, in forza di ciò, hanno espresso contrarietà ai vari piani di ristrutturazione presentati dal Comune di Roma ( il primo nel 2010 e anche un successivo progetto dell’architetto Renzo Piano per la riqualificazione dell’intera area, rimase lettera morta).
Nell’ ottobre 2013, furono avviate delle trattative con il comune di Roma tramite il suo assessore allo sport, Luca Pancalli, al fine di acquisire la gestione dello stadio per ristrutturarlo a proprie spese non escludendo l’ipotesi di renderlo l’impianto interno delle Nazionali di calcio giovanili dalla Under-21 a scendere; la convenzione con la FIGC divenne operativa il 26 febbraio 2014 dopo la formalizzazione della F.I.R. alla rinuncia alla gestione dello stadio nel corso della stessa seduta della giunta comunale che deliberò la nuova destinazione. Nel percorso che ha condotto all’odierno (e orrendo) spettacolo rappresentato oggi da quel che resta dello stadio, nel luglio 2017, rispondendo a un concorso per un progetto di riqualificazione dell’impianto bandito dal Comune di Roma , la facoltà di architettura della Sapienza predispose un piano conservativo destinatario di un finanziamento di137mila euro da Getty Foundation; a luglio 2021 il piano, una relazione multidisciplinare di circa 600 pagine, è stato pubblicato da Getty e reso disponibile al pubblico.
Negli anni, anche in quelli meno recenti, la Storia dello stadio Flaminio si è molto spesso legata a quella della Società Sportiva Lazio. E’ però dal 2021 che la suggestione di una intera tifoseria sembra essersi fatta più seria. Parallelamente alle elezioni comunali del 2021, nasce il comitato Laziali per il Flaminio. Il vociferare dei tifosi col passare dei mesi – e con l’avvento di una nuova amministrazione e con un (inatteso) interesse di Claudio Lotito, patron della SS Lazio – assume i contorni di un’opportunità, per la Lazio, per il Comune e per l’intera città di Roma.

Un’operazione (Im)possibile?

Fare dello Stadio Flaminio, nel cuore di Roma, la casa sportiva della Lazio. Una suggestione affascinante per i tifosi biancocelesti. Un possibile successo per l’amministrazione capitolina. Un’operazione complessa. Tempi, costi, volontà contrastanti. La possibilità di restituire alla città di Roma un punto di ritrovo e aggregazione a due passi dal Tevere, una possibilità di riscatto, crescita, sviluppo. C’è però l’immobilismo, gli interessi e la cara vecchia burocrazia che potrebbe, come spesso accade e non solo a Roma, ostacolare una presa di coscienza e un intervento decisivo.
Tornando alle elezioni comunali del 2021, Carlo Calenda – leader di Azione e candidato sindaco – fu fermo nel sostenere la tesi secondo cui chi parlava di uno Stadio Flaminio “della Lazio” non faceva altro che prendere in giro i suoi interlocutori e/o elettori.
Nel settembre dello stesso anno il tifo organizzato della curva laziale assieme al Comitato laziali per il Flaminio, organizzò un sit-in sotto l’impianto, radunando tra i tanti tifosi, diverse personalità legate all’ambiente e alla storia della Lazio, che intervennero sul palco.

“Il progetto dello stadio Flaminio e […] alcune tematiche di carattere burocratico le stiamo affrontando e ora dobbiamo contemperare le esigenze delle normative pubbliche con quelle nostre. Da parte nostra c’è tutta la volontà di trovare una soluzione. Speriamo di arrivare a trovare la soluzione definitiva”. 


Queste furono le parole del presidente della Lazio, Claudio Lotito, margine della presentazione di una iniziativa di carattere sociale della società biancoceleste, in quei giorni. Arrivava dunque da un lato il sostegno dei tifosi a tale iniziativa e un’apertura, seppur contenuta, dalla società. E il Comune?
Le elezioni del 2021 condussero all’elezione di Roberto Gualtieri come nuovo Sindaco della Capitale mentre fu nominato Alessandro Onorato, nuovo Assessore al Turismo, allo Sport e ai Grandi Eventi.Fu proprio l’Assessore a ricevere nel pomeriggio del 7 febbraio 2022 una delegazione del Comitato. Tuonante la risposta del comune: “Non c’è nessuna proposta ufficiale della Lazio per il Flaminio”. Tuttavia in quell’occasione venne ribadita la disponibilità dell’Amministrazione Capitolina ad intavolare un discorso qualora tale interesse fosse venuto alla luce.
Con lo scorrere dei mesi, il degrado nella zona antistante lo Stadio non è diminuito, anzi. Nel Giugno 2022 è un’importante testata nazionale a parlare di un incontro segreto tra il patron biancoceleste Claudio Lotito ed il sindaco di Roma Gualtieri. Un summit riservatissimo – si racconta – forse non il primo e a che quanto risultò aver fatto seguito a una visita personale del Presidente sui terreni dell’impianto. L’apertura e la disponibilità del Comune, la volontà della Lazio di avere “un impianto moderno” capace di ospitare 45.000-50.000 tifosi, nel quadro di una struttura polifunzionale all’interno della quale l’intera Polisportiva (la più grande d’Europa) potesse crescere. Tra vincoli, posizioni diverse, volontà di non snaturare le caratteristiche dell’impianto – o impossibilità di farlo – oggi, il dibattito sembra più che mai acceso.

Il Flaminio biancoceleste, ora o forse mai più.

L’architetto Mauro Schiavone parlava nel 2014, 10 anni fa, di “vincoli superabili” e di un piano regolatore che “ammette la possibilità di interventi nell’area intorno allo stadio per costruzioni commerciali e servizi”. La viabilità, i parcheggi, l’afflusso e deflusso rappresenterebbero altri problemi tutt’altro che secondari. È su questi piani che ancora oggi sembra svilupparsi il dialogo tra le parti interessate. Un confronto che nella sua dimensione pubblica appare molto macchinoso.
Il presidente della Lazio, dopo aver mosso i primi passi nell’ombra, ha manifestato il suo interesse ufficiale. La lettera indirizzata al Comune sul finire del 2022 e il commissionamento di uno studio di fattibilità ne sono una concreta testimonianza. Il patron biancoceleste insiste sulla necessità di un’impianto che superi le 40,000 unità di capienza. La palla sembra rimbalzare da una parte all’altra con dichiarazione che, almeno pubblicamente, vedono alternarsi toni entusiastici e dopo una manciata di giorni secche smentite. Sui dibattiti in corso continua ad aleggiare l’ipotesi dell’abbattimento che prescindendo da qualsiasi giudizio di parte, rappresenterebbe una sconfitta per tutti.
I tifosi biancocelesti attendono trepidamente una svolta. Il presidente Claudio Lotito ha promesso “il massimo impegno possibile” per donare loro una nuova casa, storicamente e simbolicamente legata alla Lazio. Solo pochi giorni fa, l’Assessore Onorato – che nell’Ottobre 23 dichiaró che in un paio di mesi il Flaminio, in un senso o nell’altro, avrebbe trovato la sua strada – ai margini dell’evento Roma XXIVh, presso il Forum Sporting Center, ha ribadito che “più di dire in tutte le lingue davanti a Lotito che siamo pronti a dare massimo sostegno affinché la Lazio possa fare il proprio stadio al Flaminio […] ci manca che lo costruiamo noi.” Confermando poi in seconda battuta come l’Amministrazione Capitolina sia in attesa di una proposta ufficiale della società biancoceleste ma che qualora arrivasse “[…] non c’è un conto alla rovescia (perchè) […] c’è un’ottima interlocuzione sul Flaminio, quando uno non vede, non crede”.
Sembra un braccio di ferro, una sfida di nervi. Tanti interessi in gioco ma una possibilità da non perdere. È forse l’ultima. Alla vigilia del Giubileo, con Roma che da mesi assiste ad un sorgere quotidiano di nuovi cantieri, la decisione sul Flaminio non può più essere rimandata, qualsiasi essa sia. Il degrado dell’intera zona che circonda lo stadio non è più accettabile. I tifosi della Lazio e i cittadini romani attendono passi concreti e chiedono a gran voce di sfruttare l’occasione. Fare dello Stadio Flaminio la nuova casa biancoceleste – a quasi 20 anni dalla presentazione del progetto dello Stadio delle Aquile e donare a Roma un piccolo gioiello moderno, al passo coi tempi e a poche centinaia di metri da Piazza del Popolo.
Ora o (forse) mai più.

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