Roma, in uno spazio che divide le mura colorate di San Lorenzo e le sempre più diffuse luci notturne di Centocelle, lungo la via Prenestina, nel tratto che da Largo Preneste si snoda sino a qualche centinaio di metri prima di Via Palmiro Togliatti, si trova un quartiere, una borgata, la cui storia molto spesso si conosce più per i fatti di cronaca (negativa) – o per  i “non fatti” delle amministrazioni che nel corso degli anni hanno operato su questo territorio e sul suo “patrimonio” – che non per le sue bellezze archeologiche e non solo.
La cronaca, appunto – specie negli ultimi anni – ha portato in primo piano il nome di Villa Gordiani legandolo spesso alla criminalità, alla carenza di servizi, ai rifiuti, alla piromania o ancora ad interventi figli (forse) di interessi particolari e non rivolti alla comunità.
Una comunità, prima che collettività, che vede in Villa Gordiani molto più di un quartiere da abitare.

Disinteresse, impotenza o incapacità?

Devono esser queste le tre conclusioni a cui più frequentemente ricorrono gli abitanti di Villa Gordiani nel domandarsi come – e perché – il quartiere in cui molti di loro sono nati, cresciuti o “capitati”, si ritrovi oggi in una situazione così complicata.
Degrado, sporcizia e inciviltà sono probabilmente comun denominatore dell’intera città.
Ed è pur vero che questi problemi, per chi vive a Roma, rappresentano un qualcosa con cui convivere, un qualcosa che non si spera più ormai di poter migliorare, ma al quale ci si è rassegnati, un qualcosa per cui forse non vale più la pena “combattere”.
Tutto giusto, forse, sicuramente comprensibile.
Eppure, entrare oggi nel cuore di Villa Gordiani, all’interno del parco archeologico, dove è possibile ammirare i resti di una vasta villa patrizia – tradizionalmente identificata con quella della famiglia imperiale dei Gordiani – è ancora un qualcosa di emozionante ed affascinante, ma certamente diverso da qualche anno fa.
Nel 2019, la giunta comunale, dopo un crescente degrado ed abbandono, ha deciso di spegnere le luci sul campo da calcio che per più di 50 anni, contornato dai “resti della villa”, ha rappresentato per il quartiere un punto di ritrovo, di aggregazione e di crescita.
Era l’unica scelta possibile?

Lo smantellamento dello storico campo da calcio di Villa Gordiani.

Tanti campioni hanno calcato quel campo di terra e sassolini (un campo di pozzolana).
Tanti ragazzi sono cresciuti lì, sfuggendo a situazioni problematiche e/o nel tentativo di alleviare problemi personali.
Tante domeniche sono trascorse e hanno coltivato quel senso di comunità che ha sempre caratterizzato Villa Gordiani, una delle borgate ufficiali di Roma.

“Un altro pezzo di Roma è stato ridotto in macerie con uno scempio, […] La spregevole soluzione finale dell’abbattimento non è legalità, ma totale incapacità di gestione e di confronto: fa ancor più rabbia questa vicenda se si pensa che se ne va un campo di calcio popolare per bambini e cittadini mentre sulla stessa via Prenestina viene inaugurato l’ennesimo centro commerciale, con nuovo cemento a due passi dalla tenuta agricola della Mistica”

Il commento sulla vicenda, da parte di Legambiente, fu forse fin troppo pacato.
In questi anni ci sono state battaglie, comitati, appelli.
Giovani che hanno cercato di salvare il salvabile dinanzi all’ostruzionismo del Municipio e delle giunte.
Una sconfitta per tutti, per i ragazzi in primis ma anche per le loro famiglie, per la comunità, per la città di Roma e per il suo futuro.
Ne rimane oggi un grande prato verde che divide una parte del parco dall’altra, per fortuna ancora calpestabile, venisse mai in mente a qualcuno di farne un parcheggio con “vista archeologica”!

Che sia disinteresse, incapacità, impotenza dinanzi alla burocrazia e all’incapacità di restare al passo coi tempi, chi può dirlo?
Si tratta però di una sconfitta per il quartiere, una delle tante e sicuramente non l’ultima.
Una sconfitta alla quale però ci si rassegna più difficilmente rispetto al traffico che caratterizza e occupa la vita di ogni abitante di questa città.
Una sconfitta che rimbomba nelle voci del quartiere, tra speranze, ricordi e stanchezza.
Così come risuonano, quotidiane, nei bar della borgata, nelle strade, la delusione e l’amarezza generata dai disservizi che il quartiere fronteggia quotidianamente, come d’altronde il resto della città.
Residenti che, qualche anno fa, armati di bombolette e ironia tipicamente romana, furono costretti a intervenire lungo Viale Partenope, “disegnando” una segnaletica stradale che potesse evitare incidenti, richiamando cosi l’amministrazione ad intervenire al grido di “te devi fermà”.
Le parole di un papà, pubblicate sotto forma di lettera da Romatoday nell’ottobre 2020, racchiudono una realtà tristemente vera.
[come spiegare a una figlia che tale] magnificenza, che studierà sui libri di storia, non è visitabile – se non in rarissime e contingentate occasioni – perché non c’è che un misero (e arrugginito) pannello che ne illustri le gloriose vicende [?].

17 settembre 1983

Sul finire dell’estate 1983, a Villa Gordiani, va in scena una tappa del Bollicine tour.
Nel programma della festa de l’Unità, dopo Lando Fiorini, Luca Barbarossa ed altri, si esibisce un certo Vasco Rossi. Costo del biglietto duemila lire.
Chi allora si recò ad ascoltarlo probabilmente, era inconsapevole (come probabilmente lo stesso rocker di Zocca) di chi aveva davanti a sé.
Forse 150 persone, a Villa Gordiani, nella prima esibizione romana di quello che diventerà una delle più grandi rockstar italiane di sempre, forse la più grande, oggi ambasciatore di Roma nel Mondo, dopo aver ricevuto un anno e mezzo fa, nell’Aula Giulio Cesare, la Lupa d’Oro.
Da 150 persone a milioni di biglietti venduti, fino al Circo Massimo.
Una parabola, forse, inversamente proporzionale a quella della Borgata.
Storie che si intrecciano e al tempo stesso di dividono. Il successo da una parte, gli insuccessi e le nefandezze dall’altra.
“Siamo soli” è forse il testo di Vasco Rossi che più di tutti oggi lega queste due storie.
Un capolavoro musicale, datato 2001.
Ma anche e soprattutto, per chi nasce e vive a Villa Gordiani, un urlo che rimbomba tra i resti di quella villa patrizia che diede a Roma, tre imperatori, nel III secolo.

Il programma del festival de l’Unità, settembre 1983.

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