Al principio, prima dell’Unione Europea, c’era l’Euratom, l’organizzazione dei Paesi produttori di energia nucleare nata nel 1957 con gli accordi di Roma che hanno portato alla nascita della Comunità economica europea (CEE). In quel periodo, per limitare le carenze energetiche degli anni Cinquanta, i sei Stati fondatori (Germania, Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi) pensarono al nucleare come una possibile soluzione per raggiungere l’indipendenza energetica. L’Unione Europea spaccata in due sul nucleare Direttore Claudio Palazzi
Il nucleare è tornato ad essere centrale nell’agenda di Bruxelles, vista l’urgenza del cambiamento climatico. Una questione alquanto rilevante, oltre che sul piano della sostenibilità, anche su quello economico e geopolitico. Al momento, infatti, dall’energia atomica deriva un quarto della produzione di elettricità dell’Unione, con 106 reattori in funzione in 13 dei 27 Stati membri. Ma l’UE, di contro, è il più grande importatore di energia al mondo, e acquista da Paesi non comunitari il 61% del suo fabbisogno di combustibili fossili, a un costo annuo di circa 300-350 miliardi di euro. Cifre che fanno intendere quanto in realtà sia molto lontana in Europa l’indipendenza energetica. 

Entro il 7 dicembre la Commissione Europea è chiamata a decidere se gas e nucleare rientrano o no nella tassonomia verde, ossia tra le fonti sostenibili. Per questo, i governi di 8 Paesi membri dell’Ue (Francia, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Slovenia, Croazia, Repubblica ceca, Slovacchia e Finlandia) hanno sottoscritto, poco più di un mese fa, una lettera rivolta a Bruxelles affinché punti sul nucleare nelle sue misure di promozione della transizione ecologica. Inoltre, alcuni di questi Paesi hanno in programma la costruzione di nuovi reattori.

É notizia più recente, invece, la dichiarazione sottoscritta durante la conferenza in ambito Cop26 da parte dei governi di Germania, Austria, Lussemburgo, Portogallo, Danimarca, Irlanda e Spagna nella quale si dicono contrari ad un inserimento del nucleare nella tassonomia Ue. Un vero e proprio botta e risposta all’interno dell’Unione. E l’Italia? In silenzio. Perché alla Cop26, il governo italiano non ha neanche partecipato alla conferenza, dando prova della sua confusione in merito al nucleare. 

Ma cerchiamo di capire quali possano essere effettivamente, e non senza una discreta approssimazione, i pro e i contro di questo tipo di energia.

Dopo la seconda guerra mondiale, si sono realizzate centrali che producevano energia attraverso particolari trasformazioni dei nuclei atomici, innescate dallo scontro tra più elementi. Questo tipo di energia può essere prodotta per fusione o fissione: nella prima si uniscono alcuni di tali elementi, mentre nella seconda si scindono. Con le tecnologie attuali, soltanto la fissione riesce a fornire quantità ragguardevoli di energia.  L’Unione Europea spaccata in due sul nucleare

Durante questi processi, si crea radioattività e quindi radiazioni che contaminano alcuni materiali, generando scorie nucleari, che sono altamente pericolose per la salute umana ed impiegano migliaia di anni per eliminare la loro nocività. Uno dei principali aspetti negativi di questa scelta è quindi la produzione e lo smaltimento di questo genere di scarti. Questi, infatti, devono essere racchiusi e conservati all’interno di siti sicuri, per evitare danni all’ambiente e all’uomo.

Altro elemento negativo sono gli incidenti che possono accadere nelle centrali nucleari. Infatti, alcuni particolarmente gravi sono accaduti sia in Europa (Chernobyl, nel 1986) e sia in Asia (Fukushima, in Giappone, nel 2011), causando oltre che migliaia di morti, anche inquinamento radioattivo di diverse aree abitate. 

Esistono, tuttavia, anche diversi vantaggi nel produrre energia elettrica attraverso l’uso di centrali nucleari. Il principale è chiaramente l’autonomia energetica. Poi, l’energia nucleare, dal punto di vista delle emissioni, è pulita, a differenza della combustione dei fossili.

Attualmente, tra l’altro, ci sono molte difficoltà di approvvigionamento energetico globali dovute a una forte crescita dei prezzi di tutte le fonti primarie, con ricadute gravi sulle imprese e sulle famiglie. Ciò mette a rischio la stessa credibilità dei piani europei per la transizione. 

Una decisione contro il nucleare quindi danneggerebbe interi settori industriali, renderebbe insostenibile la diffusione delle fonti rinnovabili, aggraverebbe i problemi sociali e allontanerebbe gli obiettivi del Green Deal

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