Via Umberto Partini, Roma. In questa via si incrociano tante storie, così diverse tra loro da sembrare inconciliabili, appartenenti a due universi paralleli, destinati a guardarsi da lontano, con una buona dose di diffidenza. Poi arriva la crisi e rimescola le carte. Via Umberto Partini, ex fabbriche RSI: dentro questa “cittadella” si portava avanti la manutenzione dei vagoni notte per Trenitalia, quei vagoni che hanno costituito la spina dorsale del paese per tutto il dopoguerra fino a pochissimo tempo fa. Fino a quando non si è deciso di puntare sull’alta velocità e di ridurre i treni notte. Fino a quando il terreno su cui sorge la fabbrica non è diventato, improvvisamente, così ghiotto da essere individuato per una di quelle speculazioni edilizie che stanno dilaniando Roma da troppi anni.
Via Umberto Partini, una fabbrica che dava lavoro a più di 100 operai, che diventano poco più di 30 e finiscono in cassa integrazione. Una cassa integrazione che per mesi non viene pagata così da rendere quelle storie, di cui si parlava, dei veri e propri incubi. Alcuni degli operai non ci stanno e occupano la fabbrica: circa un anno e mezzo fa qualcosa smette di andare avanti per inerzia, incanalato in un binario che conosciamo perfettamente. La crisi, i licenziamenti, la cassa integrazione, la mobilità, la fine di ogni speranza e quell’insopportabile senso di solitudine.
Via Umberto Partini, Casalbertone: la rete sociale del quartiere si avvicina alla battaglia degli operai. Per anni molte di queste biografie si erano incrociate solo la mattina presto, vicino ai cancelli della fabbrica. Alcuni entravano e timbravano il cartellino, altri uscivano e tornavano a casa dopo una serata o un’iniziativa nel centro sociale lì vicino. Poi, appunto, arriva la crisi e rimescola le carte. Ci sono le prime assemblee, l’assistenza legale gratuita, le iniziative per sostenere economicamente gli operai che non percepiscono alcun tipo di ammortizzatore sociale, i dibattiti e i tavoli con le istituzioni. C’è quell’insolente voglia di non arrendersi, nonostante tutto, di non accettare semplicemente un sorriso comprensivo e tante scuse.
Via Umberto Partini, Roma: Non è semplicemente solidarietà. Lavoratori “garantiti” e precari, operai e giovani disoccupati, studenti, lavoro “manuale” e lavoro “di concetto”, artisti, comunicatori, lavoratori autonomi, tutti alle prese con un singolo problema, quello specifico contratto, quel particolare ricatto, tutti alle prese con la stessa enorme questione: quali garanzie per chi lavora? Quali garanzie per chi non ne ha mai avute e per tutti quelli a cui vengono violentemente strappate? Lentamente, giorno dopo giorno, queste storie si incontrano e quel filo sottile, che vorrebbero tenere invisibile, appare in tutta la sua concretezza. Dalla resistenza degli operai e dalla contaminazione tra soggetti differenti nasce una “Pazza Idea”.
E’ possibile unire ciò che è stato sempre diviso, quello che il mercato del lavoro frammenta e quello che i “padroni” vorrebbero separato e incapace di riconoscersi? E’ possibile inventare nuove forme sindacali in grado di tutelare i non tutelabili e contemporaneamente organizzare battaglie e vertenze sul lavoro, anche e non solo nei luoghi di lavoro? E’ possibile riattivare una produzione basata sul riciclo e sul riuso utilizzando pochi strumenti e dare avvio a un circuito economico attento all’ambiente e in grado di diventare una risorsa collettiva, proprio li dove vorrebbero portare avanti una speculazione edilizia?
Può uno studentato, dentro una fabbrica abbandonata, divenire luogo di aggregazione per tutti quei giovani che hanno toccato con mano, da molto tempo, il vuoto desolante che si nasconde oggi dietro la parola diritto allo studio e tornare ad affermare che i saperi non possono essere monopolio di pochi, che vanno condivisi e diffusi?
Per raccontare alcune storie spesso è necessario allontanarsi di qualche passo e osservare tutto con sguardo distaccato: non è il caso del meraviglioso mondo di “OZ”, Officine Zero. Zero rifiuti, Zero inquinamento e Zero padroni per costruire un esperimento che non ha modelli di riferimento o prototipi già sperimentati e proprio per questo colpisce chiunque metta piede in questo immenso laboratorio.
Non è sufficiente riconquistare spazi, connettere le lotte fra di loro e creare luoghi di mutualismo in grado di rompere la solitudine e organizzare le esistenze di chi da sempre si sente in balia del mercato del lavoro. Non è sufficiente ma è necessario, è la base da cui partire: è questa l’enorme sfida lanciata da chi ha deciso di riscrivere la storia della fabbrica di Via Partini a Roma.
Qualcuno aveva deciso un destino di fallimento e speculazione edilizia sul terreno di Oz, poi però insieme all’avanzare della crisi i lavoratori si sono organizzati: adesso sì, adesso si possono rimescolare le carte.