Lusso, divertimento, vizi, potere e fama. Sembrano questi i temi fondamentali che caratterizzano la nostra società oggi giorno, edonistica e superficiale che vive nel
”carpe diem”, nel mordi e fuggi. Ma siamo davvero così? O c’è qualcos’altro che si cela dietro questa famigerata grande bellezza?

Ad undici anni dall’uscita del film premio Oscar di Paolo Sorrentino: La Grande Bellezza (2013), siamo cambiati ben poco, e potremmo ancora riconoscerci nell’accurata rappresentazione che il regista è riuscito a dare di una società in decadenza, che si ostina alla ricerca della felicità nel lusso, nell’esaltazione di sé e nel pettegolezzo: il ”bla bla bla” che Jep Gambardella, (scrittore e Re dei mondani interpretato da Toni Servillo), usa per descrivere tutte quelle maldicenze dette alle spalle, senza sostanza, cariche di ipocrisia e che celano in coloro che le compiono soltanto uno straziante vuoto interiore. Così cita nel film lo scrittore: ”È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura… Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile”.

Come sfuggire allora a questo ”vuoto” secondo il regista?

Paolo Sorrentino, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano, sembra non aver nulla da invidiare ad un sociologo. Egli infatti è molto attento alle dinamiche del sociale, riuscendo con successo a rappresentare i fatti quotidiani e a denunciarne altresì quelli considerati come degradanti. Ha prodotto anche Il Divo (2008), ed il più recente ”È stata la mano di Dio” (2021).
In queste opere il regista è assai abile nel compiere una descrizione precisa e dettagliata del contesto in cui i protagonisti (Giulio Andreotti ne ”Il Divo” e Fabietto Schisa in ”È stata la mano di Dio”) si muovono, tanto da essere in grado di far immergere lo spettatore nel vivo della vicenda.

In ”La Grande bellezza” (2013) il regista rappresenta una società sull’orlo della decadenza morale e spirituale, non tanto perché questa si distacca dai valori portanti come la religione o l’etica, ma piuttosto perché mostra come l’uomo moderno non riesca più ad intravedere la felicità dentro di sé, cercandola perciò nelle cose materiali.

A seguire i due punti fondamentali che il regista, Paolo Sorrentino, intende mostrarci affinché possiamo soffermarci nella ricerca della vera felicità e non in quella precaria e ingannevole.

Definire gli scopi
Il divertimento non va sempre demonizzato, anzi rappresenta una parte fondamentale della nostra vita, senza il divertimento si cadrebbe nell’apatia, e allora ben venga il divertimento. Il punto, come evidenzia il regista, è che spesso ci nascondiamo dietro l’intrattenimento per non pensare alla mancata definizione di uno scopo nella nostra vita.

Come scrive il filosofo Umberto Galimberti in ”Giovane, hai paura?” (2014), egli dice che : il collasso dei valori non è l’elemento decisivo per capire che cosa sia il nichilismo che invece accade quando, dopo il collasso di un sistema di valori, posto che i valori siano dei coefficienti sociali che tengono insieme una società, non ne nascano di nuovi. A questo punto resta il niente, a cui fa riferimento la parola: ecco qui il nulla e il nichilismo.
Questo nulla, nel film La grande bellezza, appare attraverso le vicende di Jep Gambardella (Toni Servillo), scrittore che grazie al successo ottenuto dalla pubblicazione di un romanzo scritto in giovane età riesce ad inserirsi nel panorama della cosiddetta Roma bene, passando il tempo tra le feste notturne e le chiacchiere da salotto con altri intellettuali o alti borghesi.
Lo scrittore soffre questa mancanza di scopo nella propria vita, il personaggio usa spesso un’ironia pungente contro le persone che lo circondano, irritato dalla moralità corrotta di questi personaggi – nonostante egli si includa in questi ultimi – mentre rivolge una genuina sensibilità nei confronti di personaggi tutt’altro che illustri, come ad esempio la sua domestica, considerata in un certo senso pura e spontanea. 
Nel film si nota come i pensieri più profondi che catturano l’attenzione dello scrittore non derivano né dall’arte né dal lusso, bensì da quegli attimi vissuti con innocenza e semplicità, come il ricordo per il suo primo amore, Elisa, la quale compare più volte in alcuni flashback durante il film. 

La felicità dipende dalle cose materiali o dai sentimenti interiori?
Certamente avere il denaro non guasta mai, ma il regista ci avvisa che il prestigio o il conto in banca non rappresentano propriamente il grado di felicità di una persona. È di fondamentale importanza riconoscere che le cose materiali sono fugaci e precarie mentre i nostri sentimenti non lo sono. Tale semplicità si riconosce in Romano (Carlo Verdone), vero amico di Jep che si distingue fin da subito per la sua bontà e allo stesso tempo ingenuità. Romano, produttore teatrale molto appassionato, sebbene non ottenga dalle sue produzioni uno strabiliante successo, si invaghisce di un’accompagnatrice (Anna della Rosa), la quale lo sfrutta per i suoi favori nonché per un ritorno economico. Stanco e provato alla fine Romano lascerà Roma, senza dare spiegazioni a nessuno dei suoi amici ad eccezione di Jep, riconosciuto dallo stesso come un vero amico. Romano uscirà di scena con la seguente frase: <<Roma mi ha molto deluso>>. Frase che coglie in pieno il significato di ciò che Sorrentino allude in una citazione su Roma: <<ferma e assolata, monumentale e bellissima. E insensibile>>. Una sensibilità che si sfuma e si indebolisce, lasciando sempre più spazio alla mondanità. All’inizio del film Jep Gambardella ci parla un po’ di questa sensibilità, e lo fa con una citazione: “Quando, da giovane, mi chiedevano: cosa c’è di più bello nella vita? E tutti rispondevano: “la fessa!”, io solo rispondevo: “l’odore delle case dei vecchi”. Ero destinato alla sensibilità.”

Ad undici anni dall’uscita del film dovremmo allora imparare a cogliere la differenza tra realtà e apparenza, e dedicarci maggiormente alla ricerca silenziosa e sincera verso l’interno di noi stessi, laddove risiede la nostra sensibilità e dove possiamo trovare la vera felicità. Felicità che spesso si cela dietro le piccole cose, i gesti spontanei e puri, diffidando invece da coloro che, non intravedendo una luce dentro di sé, si perdono nella ricerca ossessiva dell’euforia nella materialità delle cose.

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