Ravenna da più di due millenni desta l’attenzione di imperatori e di artisti. Non è una coincidenza se nella sua storia ha ricoperto per ben tre volte il ruolo di capitale, prima dell’Impero romano d’Occidente, poi del Regno ostrogoto e, infine, dell’Esarcato bizantino. Tutt’oggi passeggiando nella città si possono osservare monumenti e palazzi che raccontano di un territorio ricco di storia e di diversità. Uno dei fil rouge che unisce secoli di storia è l’oro, quello musivo, e quello che segna il passaggio di gloria e potere nei vari secoli. Oggi Ravenna appare come una collana di perle, otto con precisione, riconosciute come patrimonio dell’umanità. Da Sant’Apollinare in Classe al Mausoleo di Galla Placidia passando per la Basilica di San Vitale si possono cogliere tutte le influenze dei vari occupanti che hanno governato la città. Ravenna è anche natura, il suo rapporto con il mare, dista a pochi kilometri dalle coste del Mar Adriatico, e quello con le sue vaste pinete. Ma, in quest’articolo, cammineremo, e ci perderemo, su quel labirintico filo di perle che compongono la “collana Ravenna” fatta di storia e tessere.
La “collana Ravenna”
A proposito di labirinto partiamo dalla Basilica di San Vitale che lo vede protagonista di un rifacimento del pavimento davanti al presbiterio, commissionato dai monaci benedettini a metà del XVI secolo. Il tema del labirinto, risalente al mito di Teseo, è quello del percorso di penitenza e dell’approdo alla rinascita spirituale. In questo caso, è raffigurata da una conchiglia, anch’essa figura di origine pagana secondo il mito della nascita di Venere, che riprende il tema della Resurrezione. La Basilica di San Vitale è uno dei più importanti monumenti bizantini al mondo e venne consacrata dal vescovo Massimiano nel 547. L’occhio viene catturato dai mosaici che ricoprono l’intero presbiterio. Su una parete è presente la storia di Abramo che ospita i tre angeli, sull’altra il sacrificio di Abele e Melchisedec. Non potevano mancare le figure dell’imperatore Giustiniano, insieme a Massimiano, primo arcivescovo di Ravenna e uomo di fiducia dell’imperatore, e dell’imperatrice Teodora entrambi raffigurati partecipanti al banchetto santo. In realtà non misero mai piede a Ravenna. Accanto alla Basilica di San Vitale è eretto il Mausoleo di Galla Placidia. Questo è un vero e proprio gioiello, incastonato sotto l’ombra di un platano centenario, di forma cruciforme stante a simboleggiare la vittoria della croce sulla morte. Il Mausoleo venne infatti costruito nel V secolo per poter conservare le spoglie di Galla Placidia, governante reggente dell’Impero romano d’Occidente, che in realtà sono conservate a Roma. All’interno i mosaici, dispiegati sulla cupola e su tutti i lunotti che la sorreggono, rappresentano gli apostoli e i quattro evangelisti. Sono presenti anche le storie del Buon Pastore tra le pecore e il martirio di San Lorenzo. Abbandonando il pieno centro storico, a un paio di kilometri, incontriamo il Mausoleo di Teodorico. L’unico delle otto perle spoglio di mosaici ma che si prende la scena per la sua imponenza, resa tale, da una cupola monolitica di dieci metri di diametro. Questo venne costruito per volontà di Teodorico, sovrano del Regno ostrogoto, come propria sepoltura all’inizio del VI secolo ed è la più importante testimonianza di edificio funerario ostrogoto in Italia. All’interno è custodita una vasca in porfidio nella quale fù depositata la salma di Teodorico, successivamente dispersa a causa della dominazione bizantina. Spostandoci nella vicina località Classe (8 km da Ravenna) è possibile visitare la basilica di Sant’Apollinare in Classe. La località è famosa anche per la sua posizione strategica che venne utilizzata già in epoca romana con l’imperatore Augusto che dislocò una grande flotta militare pronta a vigilare sul “mare nostrum”.
La Basilica di Sant’Apollinare in Classe, intitolata all’omonimo primo vescovo di Ravenna, venne costruita nel VI secolo grazie al banchiere e mecenate bizantino Giuliano Argentario, finanziatore anche della Basilica di San Vitale. La Basilica di Sant’Apollinare è stata consacrata nel 549 da Massimiano, personaggio che ormai abbiamo imparato essere uno dei protagonisti della storia di Ravenna. A catturare l’attenzione in questa basilica è nuovamente il mosaico, vero protagonista della zona absidale. Al centro capeggia una croce gemmata circondata da raffigurazioni di vari personaggi biblici, e nella fascia inferiore del mosaico, è posto Sant’Apollinare che prega in un prato circondato da dodici agnelli. Siamo ora giunti a metà della “collana Ravenna” e per osservare la quinta perla torniamo nel centro storico dove è situata la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Chiamata così perché nel IX secolo le spoglie di Sant’Apollinare vennero spostate dalla basilica in Classe a una basilica più sicura e dentro le cinta muraie, approdando quindi in una “nuova” basilica. La storia di questa basilica ci fornisce una chiave di lettura per capire l’intera storia ravennese e, principalmente, quella del suo periodo d’oro a cavallo tra V e VI secolo. Questa infatti venne costruita per volere del re goto Teodorico come chiesa palatina per il culto ariano, una dottrina che vede il Figlio di Dio subordinato e inferiore a Dio. Successivamente, con la conquista della città da parte dell’Impero bizantino nel 540, l’imperatore Giustiniano impose il passaggio di tutti i beni ariani alla Chiesa cattolica. Questo cambiamento è impresso sulle pareti di questa splendida basilica dove ancora oggi si osservano dei dettagli risalenti all’epoca della dominazione di Teodorico, mentre la maggioranza dei mosaici risalgono al secolo successivo e alla dottrina cattolica.
Proprio sulle due parete laterali, dove si estendono i due principali mosaici della basilica, è osservabile il palazzo di Teodorico. Rifatto in epoca bizantina, ma che lascia intravedere vecchie figure, probabilmente la corte del re stesso, che fuoriescono dalle colonne e dai tendaggi. Suggestivo il fatto che nel 1916 la basilica subì un grave bombardamento che distrusse il porticato e squarciò la facciata, ma le tessere dei mosaici, rimasero praticamente intatte. A Ravenna ci sono poi due battisteri. Il primo il Battistero degli Ortodossi, anche detto Neoniano, e il secondo fatto costruire dal re goto Teodorico per il culto degli ariani. Questo per far convivere pacificamente i Goti con il culto ariano, e la precedente occupazione latina con il culto ortodosso. La differenza principale tra i due edifici è la minor presenza mosaicale nel Battistero degli ariani, e sopratutto, la dinamicità delle figure del battistero degli Ortodossi dove, i dodici apostoli, sembrano danzare. L’ultima perla di questa collana è la Cappella di Sant’Andrea situata nel Museo Arcivescovile, a pochi passi dal Battistero degli Ortodossi. I mosaici all’interno di questa cappella risalgono al periodo teodoriciano quando, culto ariano e culto ortodosso, convivevano nella stessa città. Questo è l’unico edificio di culto ortodosso arrivato integralmente fino ai nostri giorni. La cappella, dedicata a Sant’Andrea solo dopo l’occupazione bizantina, è proprio un inno al culto ortodosso in contrapposizione al nemico culto ariano. Se Ravenna è cinta da questa collana aurea, dobbiamo osservare che sul capo porta una corona d’alloro.
L’alloro di Ravenna
Più precisamente è la corona che Botticelli pone eternamente sulla testa del poeta Dante Alighieri. Il Sommo Poeta ha infatti passato a Ravenna gli ultimi tre anni di vita quando, nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1321, si spense lasciando a questa città l’onere e l’onore di conservarne le spoglie e le sue memorie. Qui venne accolto, insieme ai suoi figli, dal signore di Ravenna Guido Novello da Polenta e qui, osservando, respirando e vivendo quelle magnifiche bellezze, sopra citate, ha scritto l’ultima cantica della sua più grande opera: La Divina Commedia. La Basilica di San Francesco, vicino alla Tomba di Dante costruita nel 1782 e al museo dantesco, ospitò i funerali del poeta. Inizialmente le spoglie del poeta vennero conservate in un sarcofago all’esterno della basilica per successivamente, nel 1677, essere spostate dai frati francescani presso il Quadrarco di Braccioforte, temendo un reclamo di queste da parte dei fiorentini . Dante, con ogni probabilità, si recò a Ravenna già all’inizio del XIV secolo immortalando per sempre questa sua visita nei versi del Purgatorio, Canto XXVIII. Scrivendo della pineta di Classe “in su ‘lito di Chiassi” come “la divina foresta spessa e viva”. In conclusione, Ravenna cosa può dirci oggi? Ebbene se il suo patrimonio continuerà ad essere tutelato, il problema non si pone. Perché come per i romani, come per Teodorico, Giustiniano e Dante, Ravenna concentra in sé un messaggio universale che abbiamo il dovere di tutelare e di godere. Una forza, artistica e storica, capace di ispirare e parlare in tutte le lingue e in tutte le epoche.