Ma il giorno è indegno il giorno è movida

Un orrido di luce

Come puoi fidarti

Di una cosa così bella

Quando anche il più tenue raggio

La tua noia

Saprà mordere feroce

Quando i nostri occhi

Smetteranno di squarciare

La pelle degli altri

Un amico e il suo sorriso da cavallo drogato

Non c’è pena più atroce del perdono non c’è

Religione più sublime

Dell’anfetamina

 Il giorno sarà indegno fino a quando il sole splenderà non sul nostro lavoro, ma sul nostro tempo perso.” (_t_w_i_g_, 2023, p. 84) 

 

Si è parlato a lungo in quel di Bologna, ma in generale nella narrazione pubblica e mediatica italiana degli ultimi cinque anni – fortemente caratterizzata da una rimonta della destra – con una retorica anti-movida. Nel caso specifico dell’attuale governo Meloni, tale “parlata” ha cessato di essere unicamente tale per arrivare ai fatti nei primi mesi subito successivi al voto fiduciario, materializzandosi nei famosi decreti “anti-rave”. Tali decreti, che nel mese di ottobre hanno scatenato svariate polemiche nelle falde giovanili dell’opinione pubblica, son poi stati convertiti a seguito del “lascia passare” parlamentare, nella legge 30 dicembre 2022, n. 199 “recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”.

Si tratta, a ben vedere, di una legge che richiama fortemente l’eco dei famosi “decreti sicurezza” del governo Salvini risalente a qualche legislatura fa. Di fatti, si vanno ad attaccare le manifestazioni di natura ludica o d’intrattenimento organizzate nei siti occupati illegalmente per una questione di “sicurezza collettiva” o “ordine pubblico”, con un afflato fortemente paternalista e basato sul sillogismo dogmatico assunto in partenza per cui tali raduni sarebbero caratterizzati da un via vai di sostanze illegali che altererebbero fortemente la lucidità dei partecipanti. Dunque invece di emettere un decreto volto a rivalutare i territori abbandonati dal pubblico o espropriati ai privati spesso lasciati imputridire come cadaveri di cui spesso i giovani si appropriano per riconferirgli vitalità, o agire direttamente sull’illegalità di tali sostanze stupefacenti al fine di poter esercitare un controllo pubblico su tale mercato, in linea con ogni governo populista di destra che si rispetti, si è optato per continuare a strizzare l’occhio alle mafie, e piuttosto agire con misure strettamente repressive cavalcanti e incentivanti pregiudizi e stereotipi nei confronti della terrificante “movida” giovanile.

Ma al di là di un giudizio sull’operato complessivo di tale governo o sul decreto in questione, è interessante notare la narrazione di partenza sfruttata dall’orda populista, oramai divenuta archetipo collettivo in Italia, per cui viversi la notte equivale molto spesso ad un atteggiamento criminale generante nient’altro che degrado, orrido e terrore. A tal proposito, la città di Bologna è simbolo e fulcro di tale fermento giovanile, caratterizzata da una vita notturna fortemente “underground” e costellata di manifestazioni musicali pubbliche adatte alla dolce vita degli studenti che sostano di lì per un po’. Ed è proprio in tale contesto, non esente da scontri quotidiani con la politica delle istituzioni, che il comune ha scelto di aprire un tavolo di concertazione con vari gruppi di interesse locali in merito ad un nuovo progetto concernente l’economia della notte. L’idea sarebbe in soldoni quella di sparpagliare la vita notturna in vari punti nevralgici della città, non più unicamente nel centro storico, implementando le navette e gli spostamenti verso l’esterno nonché le fasce orarie di apertura dei locali (e dunque aumentare i lavoratori notturni), al fine di disseminare la movida in un range orario che copra le 24h, chiudendo tali attività a scaglioni. Ma non è finita qui: in tale operato, fondamentale sarebbe stata l’introduzione di una figura di consulenza, nota anche come “il sindaco della notte”, dai più soprannominato night-maire (dall’inglese “night”, “notte” e dal francese “maire”, “sindaco”, la cui pronuncia genera la comica assonanza con la parola “nightmare” che in inglese vorrebbe dire “incubo”).

Tale “tavola rotonda” si è riunita in aprile, nell’ambito deli Stati Generali della Notte ove la news letter giovanile SECCHIATE ha potuto organizzare un talk dal titolo SECCHIATE presenta: altre voci della notte con Scomodo magazine, Foolhard e _T_w_i_g_. La proposta ha visto nascere un dibattito infuocato tra il comitato dei residenti nel centro storico e i gruppi di interesse giovanili nel gestire la quale, la vice-sindaca Emily Marion e il night-maire di Amsterdam restavano posati.

Le interviste 

In virtù di tale acceso confronto, abbiamo voluto indagare se quello dell’eccessivo chiasso o pericolosità prodotti dalla “movida” fosse un reale problema per gli abitanti nel centro storico di categoria pseudo-giovanile, esaminando un campione di due ragazzi tra i ventisei e i trent’anni, lavoratori o studenti, a cui abbiamo rivolto le medesime domande.

Giorgio 

La tematica è in generale sui disagi del posto in cui vivi ed in particolare riprende il dibattito che si è svolto contestualmente all’Assemblea degli Stati generali di aprile per quanto concerne la vita notturna qui a Bologna. In quella sede è stato proposto un progetto di sviluppo, volto ad introdurre la figura del “sindaco della notte” e quindi a ragionare su una riorganizzazione dell’economia della notte. Il dibattito ha visto scontrarsi il comitato dei residenti nel centro storico (una categoria che riguarda principalmente signori dai 50 anni in su) e i gruppi giovanili che effettivamente vivono, fanno, la notte di Bologna. I residenti nel centro storico in particolare hanno riportato una narrazione della vita notturna come luogo (spazio/temporale) adibito ai giovani, i quali lo adoperano all’insegna del degrado e della distruzione. Per quanto concerne il sindaco della notte, si tratta di un’entità proposta da un’azienda di consulenza che si affiancherebbe ai comuni delle varie metropoli europee e non, al fine di riqualificare il territorio in senso sostenibile, in apertura alle esigenze di tutti i gruppi sociali portatori di interesse a riguardo.

Sì, certo.

Sì, e l’hanno realizzato già in altre grandi città. Tra le varie proposte vi era la possibilità di estendere la giornata lavorativa ad h 24 per molte mansioni e quindi creare una vita notturna che chiudesse a scaglioni, prolungando dunque l’apertura dei locali. Altre opzioni riguardavano invece il trasporto pubblico notturno, per collegare meglio e con maggiore frequenza le zone centrali e periferiche della città sempre al fine di spalmare la movida su più poli. Queste domande verteranno sulla tua percezione in generale della notte. Nonché della movida. Iniziamo dalle basi. Da dove vieni, come ti trovi e da quanto stai qui a Bologna.

Mi chiamo Giorgio, sono laureato in filosofia e vengo da Bergamo. Abito a Bologna consecutivamente da quattro anni e mi trovo abbastanza bene nella città.

Ok, bene, addentriamoci nel tema. Per quanto riguarda la movida notturna bolognese, secondo te ha qualcosa di speciale rispetto ad altre città in cui ti è capitato di vivere?

Sicuramente è una città con un’alta percentuale di studenti fuori sede, ovvero di gente giovane che eventualmente non ha un lavoro e quindi si può gestire gli orari come meglio crede. Gente che magari non deve per forza studiare alle 08:00 am, ma può studiare il pomeriggio e chiaramente in questo è mobile, il che la può portare a bramare maggiormente una vita notturna piuttosto che diurna, spingendosi verso gruppi di aggregazione sempre più grandi e così via. Vedi la zona universitaria.

Dunque, la accomuneresti a qualsiasi altra città universitaria in questa sua caratteristica?

No, più che altro qui in particolar modo c’è un’alta percentuale di studenti rispetto alla popolazione, cioè da un millennio è una città studentesca ormai, si sa, no? E chiaramente la vita anche della città si è sviluppata per esprimere questa necessità di gente giovane che vuole vivere la vita senza avere limitazioni. Cioè senza avere ancora un effettivo lavoro stabile dal lunedì al venerdì di 8 ore al giorno.

Quindi, secondo te la vita notturna qui è principalmente vissuta da universitari?

Sicuramente nel centro storico è così, poi più si va avanti con l’età più magari ci si stabilizza e tanta gente che si ferma definitivamente in città si allontana dal centro, ma come forma naturale, perché c’è un sacco di gente che vuole far festa, rendendolo dunque un delirio. Ovviamente più ci si allontana dal nucleo, più la situazione è tranquilla, essendo abitato da fasce di età superiori che tendenzialmente cercheranno di viversi la notte tramite eventi culturali piuttosto che con una semplice sbronza al bar. Ma mi sembra un’evoluzione anche naturale.

Questo tipo di movida ti sembra rispettosa delle esigenze del resto della città?

Sicuramente per la situazione che è appunto composta da tanti studenti, c’è un’esasperazione della vita notturna. In un certo senso c’è sia un’esasperazione sia un’esagerazione della movida. Soprattutto il rispetto verso le altre fasce della popolazione non c’è, nonostante si tratti di una città che è vissuta anche dalle persone che invece hanno un lavoro, e che la mattina si devono svegliare. C’è questo conflitto. Non credo che la situazione di Bologna sia paragonabile a situazioni di altre città, perché normalmente queste città sono anche molto più grandi e direzionano la movida verso delle zone molto più ristrette, sempre in rapporto alla loro grandezza. E quindi al di fuori di quello spazio la vita notturna in qualche maniera viene contenuta.

Ti sembra una città che imposta la vita notturna sul concetto di sfascio?

Ah, sicuramente ci sono delle parti in cui è così, come può essere magari via Petroni, piazza Verdi, Aldrovandio San Francesco. Ci sono poi altre zone, come via del Pratello che essendo anche meno economiche e dunque più tranquille, raccolgono un bacino di persone più grandi che sono a Bologna da più tempo, lavorano, e potenzialmente sono meno portate ad esagerare.

Pensa anche ad esempio al confronto tra come viene impostata anche al livello di offerta di eventi ed iniziative dal basso rispetto ad altre città italiane e non, da Milano a Roma, da Amsterdam a Londra. Ti sembra che tutte abbiano impostato la “night life” sul consumismo alcolico adibito allo “sfascio” in egual misura? Oppure a Bologna potrebbe esserci anche una sorta di Melting pot culturale, che si crea in particolar modo nell’ambito della vita scevra dai ritmi del giorno, anche in termini di iniziative notturne nate dal basso e volte ad incrementare il capitale umano-sociale[1] della collettività?

 Penso che esistano tutte e due le realtà in maniera abbastanza parallela. E che, piuttosto che un Melting potdirei una Salad Bowl[2] . Questo, anche in termini di sostanziali differenze di età, per cui al primo approdo di qualcuno a Bologna, costui ha una certa impostazione mentale, e spesso e volentieri andrà a ricercare un certo tipo di movida potenzialmente più vicina al concetto di “sfascio” il che probabilmente lo poterà in via Petroni etc. mentre in realtà ci sono tutta un’altra serie di attività che la città propone. Anzi, piuttosto che la cittàdirei che tali proposte provengano proprio da associazioni ed individui slegati dalla dimensione pubblica statale. Però è anche vero che non sono direzionate a quegli studenti appena arrivati, essendo realtà che bisogna cercare, per trovarle. Conferenze, seminari, proiezioni, presentazioni di libri. Però sono tutte realtà che appunto, occorre scovare. Ecco perché secondo me sia la declinazione di vita notturna come ancella dello sfascio che, come luogo di fermento culturale, sono semplici espressioni dei bisogni che la città effettivamente pone. Che le persone che la abitano effettivamente hanno. Sono necessità differenti di persone che sono in momenti della vita differenti e Bologna le raccoglie tutte quante, anche perché è un centro densamente popolato e facilmente abitabile. Sicuramente però la dimensione dello sfascio fa molto più rumore rispetto alla seconda.

In generale secondo te la vita notturna, e quindi quella serale, ma con forte riferimento proprio alla dimensione della Notte, ti sembra un bene di valore che andrebbe apprezzato, che possa apportare ricchezza ad un determinato territorio o mero sfogo consumistico che innesca circoli di degrado? Anche in termini slegati dal discorso relativo alla concretezza di Bologna. Soprattutto con riferimento alla narrazione, sempre più presente nel linguaggio mediatico e politico degli ultimi anni, che va ad associare alla movida notturna problemi di sicurezza collettiva e di ordine pubblico.

Secondo me una cosa interessante di Bologna, e delle sue realtà, è proprio che prevede delle alternative al mero sfascio consumistico e che sia presente una proposta culturale che non per forza si concentri sul capitale umano. Nel senso, non per forza ci deve essere apprezzamento economico relativo alle persone, in termini ad esempio di quanto le persone possono spendere, di quanto le persone possono investire in quella determinata roba, di quanta ricchezza economica possano portare. Quando XM24[3] esisteva, dava uno spazio che non può essere definito o quanto meno, è incredibilmente riduttivo definire in funzione del capitale umano. Si parla di una realtà che dava spazio ad altre realtà che esistono e che ci sono tuttora, a meno che non si vogliano chiudere gli occhi o girare la testa dall’altro lato. Questo perché di fatto “XM” aveva una serie di progetti, una serie di organizzazioni, un certo anche legame con il quartiere in cui stava che è da biechi ignoranti negare [con riferimento all’approccio adottato dall’amministrazione pubblica a riguardo]. Questo è un mero esempio, però ci sono una vastità di altre realtà che propongono attività non apprezzabili economicamente, partendo dall’assunto che la vita serale può far star bene le persone. Essendo sottratta ai ritmi del giorno, la notte, la sera, se il lavoro non ti distrugge puoi vivere e avere una vita bella. Purtroppo, tale discorso non interessa alla dimensione pubblica, perché non sembra essere più suo interesse quello di garantire la felicità del cittadino.

Dunque, tali realtà restano capillari e alternative, nonché dislocate dalla cosa pubblica e magari ti propongono ad esempio un corso di bonghi al parco. Allora bella lì, andiamo a suonare i bonghi semplicemente, perché è una cosa che magari ti interessa e ti fa star bene e non per forza perché debba avere un riscontro di tipo economico.

Per quanto riguarda la domanda dopo, se la movida implichi necessariamente problemi di ordine pubblico, direi di si. Nel senso, quel tipo di movida, cioè quella lì. La cultura dello sfascio viene direzionata in una certa zona della città, ad esempio qua a Bologna in zona universitaria, perché? Ci sono dei motivi storico politici del perché quella sia la zona che è oggi. Chiaramente no, non si è creata a caso, semplicemente perché è la zona universitaria che tutti conoscono, ma perché lì ci sono state scelte politiche che hanno portato a quella dimensione specifica. Ci sono possibilità di rendere una cultura dello sfascio in una maniera sana, senza che vada ad influire sulla gente che magari invece vuole solo dormire. Difficile, chiaramente, assolutamente difficile. Però le uniche cose che l’amministrazione pubblica ha tentato sono un’ulteriore gentrificazione. Quindi hanno provato a “riqualificare” la zona universitaria, piazzando qualche anno fa, dei container, a cui solo chi aveva un sacco di soldi poteva effettivamente accedere. E allora sì, chiaro che lì non ti ci vengono più gli studenti a bere, ma si spostano da un’altra parte. E questo è un punto importante: non sono scomparsi. Lo stesso discorso per vale per i tossici. Non è che scompaiono. I senzatetto, non è che scompaiono. Semplicemente si muovono. Si spostano in altre zone della città dove tu li decidi di confinare, lontano dall’occhio pubblico. Il problema è che poi creano delle situazioni di disagio ancora peggiore.

Quindi, secondo te, se ci fosse un progetto volto ad istituzionalizzare la vita notturna bolognese al fine di rendere la città un sistema integrato di cooperazione top down e viceversa, sarebbe un vantaggio o no per la città? Qualcosa si andrebbe a perdere?

 Non credo che l’amministrazione pubblica in questo momento, da nessun lato dello spettro politico possa uscirsene con una soluzione che non escluda qualcuno. Perché appunto ci si concentra su altri valori piuttosto che su quelli di far star bene la gente, di far vivere una vita piacevole per il più possibile di persone. Sono molto più convinto in un approccio capillare di piccole realtà gestite da semplici, ma nobili valori, per quanto semplicistica possa essere tale visione. Il problema è che non è l’amministrazione pubblica che si deve prendere carico di questa cosa, in questo caso, ma deve creare le condizioni affinché queste piccole associazioni si creino e possano agire. E quindi dare fondi a gallerie d’arte per far mostre, ai locali per fare concerti etc. Ci sono esempi virtuosi di altre città che hanno usato questo approccio: ha funzionato, e la città risponde. Poi si tratta semplicemente di creare una nuova contro cultura.

Secondo te, se ci fosse un’apertura dal punto di vista istituzionale in termini di una cooperazione con queste realtà dal basso, e una volontà di integrarle, di regolarizzarle nel senso di una sorta di cooperazione bidirezionale, questo le andrebbe a penalizzare da un punto di vista delle loro peculiarità, che appunto rendono la città unica, snaturando il loro approccio valoriale originario, oppure no? Essendo quindi un approccio auspicabile da parte della PA[4]?

Non ho idea se effettivamente questa cosa possa funzionare, o se sia una buona idea. Insomma, sicuramente c’è gente che può saperlo meglio di me, però sono convinto che la regolarizzazione da parte dell’apparato statale pubblico di realtà capillari e che nascono dal basso, venga con i propri contro e cioè un’incredibile controllo e soprattutto un retropensiero volto ad una monetizzazione di quella cosa li [magari per un baias mio eh], cioè nel senso “o ci cacci fuori i soldi da quest’attività, o sennò non mi interessa farla”, mentre invece se l’amministrazione lasciasse libero campo a queste realtà, magari dandogli fondi, farebbe indubbiamente meno danni. Chiaramente ci vogliono dei criteri per concedere fondi alle realtà, ovvio, però se poi lasciassi loro libertà di espressione, magari sostenendoli per l’affitto di uno stabile, per insonorizzarlo [nel caso dell’esempio dei bonghi] etc. e poi facendoti da parte, allora quella realtà potrebbe crescere e diventare interessante, senza creare fastidio a chi i bonghi, ad esempio, non li vuole sentire. E questo è un solo un esempio, appunto. Chiaramente poi si espande a tutte le altre realtà capillari che vengono dal basso, che hanno solo bisogno di soldi per poter avere una struttura effettiva, e dei materiali di sostegno per crescere, rendersi note a più persone, essere pronte ad accoglierne di più.

Secondo te, a prescindere dal concetto di movida, c’è un problema di sicurezza, o di ordine pubblico a Bologna in generale? Se sì, a cosa pensi sia dovuto e come reputi si potrebbe agire per contrastarlo?

 Ah, sicuramente c’è. Non nel senso che io mi senta non sicuro in quelle zone, poiché le conosco, sono zone che giro e va bene così. Sicuramente però capisco che per chi ci vive, tutte le notti, e magari vuole semplicemente dormire, sia problematico. Sia veramente problematico. Non ho idea di come si possa risolvere questa situazione, so solo che si è venuta a creare per scelte politiche che sono state fatte, e di cui si possono vedere tangibilmente i risultati. L’importante sarebbe non ripeterle spostando semplicemente il problema in un’altra zona, magari attualmente più degradata, più povera.

Secondo te la problematica che si sente per esempio tra il comitato dei residenti del centro storico, e le altre fasce di popolazione che spesso fanno la movida, ha delle origini anche in un certo gap generazionale?

Sicuramente un divario di quel genere c’è, ma più che generazionale, è proprio dovuto dalle necessità individuali, perché se uno ha cinquant’anni e deve alzarsi il lunedì mattina per andare a lavorare è ovvio che non vuole che la domenica gli strillino sotto la finestra, mentre invece quello che lunedì magari non ha lezione o ce l’ha a 12:00 se la passa pure bene a stare fino alle due in piedi. Inoltre, c’è una feticizzazione nelle estremizzazioni di queste situazioni. Ma, come dicevo, nascono naturalmente da quelle condizioni che il comune stesso ha voluto creare: vogliono spillare un sacco di soldi agli studenti fuori sede, “accogliendoli” ma solo alle loro condizioni. Questo è il risultato.

“Dentro questa trasformazione del concetto di movida ci sono due fenomeni paralleli che si rafforzano mutuamente: la riduzione della movida a consumo e la riduzione della percezione della movida a controllo. Il resto è contorno. Il risultato? un’evidente crociata, non tanto e non solo contro i giovani, ma contro la soggettivazione politica e l’espressione artistica”. Sei d’accordo con questa affermazione? Si tratta di un estratto ripreso da un articolo che affronta le origini del termine movida riscoprendole nella Spagna subito post-franchista nella cui occasione questi giovani si erano ripresi le piazze con manifestazioni pubbliche di ballo e musica dal vivo. Movida, infatti, deriverebbe da “movimento” e nell’etimo stesso sembra sia valorizzata l’importanza dell’aggregazione pubblica dei cittadini, come contropotere di una dittatura illiberale. Invece, come espresso dalla citazione virgolettata sembra che nella narrazione pubblica attuale, il dibattito sia andato a spostarsi su una bieca demonizzazione del termine, spesso intendendolo implicitamente in quanto malamovida, e le due riduzioni che frequentemente avvengono sono appunto quelle riportate.

Più che altro ci sono molti casi in Italia e, anzi, ce ne sono sempre di più, sembra proprio un trend della politica italiana quantomeno comunale proprio quello di uccidere la città.

Ci sono molti casi, per esempio con riferimento a Roma, dove sembra avvenga una stigmatizzazione della movida giovanile in particolar modo, come se fosse un po’ la causa di tutti i problemi di ordine pubblico. Il che porta a delle manovre miopi e poco focalizzate. Se una ragazza viene stuprata nei pressi di San Lorenzo la risposta è la repressione della vendita di alcolici in vetro. Misure apparentemente scevre da ogni rapporto di casualità con l’evento.

 Però è anche vero, cioè nel senso, è chiaro che quel tipo di realtà implica delle problematiche. Non credo che alcol la sera e stupri siano fenomeni necessariamente correlati. Il punto è: tutte le realtà hanno una necessità di espressione. La movida è una necessità di espressione per una buona parte di realtà, all’interno delle città. Se tu togli questa possibilità di espressione tramite una misura proibizionista che va a ledere la vendita di alcolici, nonché a impedire che circolino vetri in giro oltre una certa ora, la città muore. La città muore se diventa semplicemente una città in cui la gente si sveglia, va al lavoro, ritorna a casa, si guarda la TV.

Infatti, c’è questa dimensione anche della notte, come luogo deputato al sottrarsi dai ritmi lavorativi angoscianti che albergano il giorno, il che sembra in controtendenza con l’altra proposta che ha fatto appunto il comune di Bologna per regolamentare la questione, che verteva appunto sui lavori notturni. Secondo te, ha un senso cercare di distribuire l’impatto della movida, chiudendo a scaglioni le attività notturne e quindi incrementandole?

 Secondo me no, sicuramente scaglionare l’apertura dei locali non cambierebbe la realtà della movida. La movida per definizione è un luogo di aggregazione, quindi al di là che i bar aprano ad orari differenti, la gente troverebbe comunque un modo per riunirsi in grande quantità. Dunque, se c’è un bar aperto, tutti vanno al bar a quella ora, esattamente come tutti escono il venerdì sera o il giovedì sera per ricercare aggregazione, e non solo per questioni culturali. È un po’ nato prima l’uovo o la gallina? Cioè secondo me può avere i suoi pro e i suoi contro l’idea di chiudere a scaglioni, però non è legato in nessuna maniera al fatto che sia effettivamente capace di ridurre o no la movida. Perché, secondo me, la gente va in posti dove c’è tanta gente perché è esattamente quello che cerca.

Cioè chiaro che poi avrebbe un effetto se ci fosse un solo bar per tutta la via, però mi sembrerebbe più di creare una situazione di disagio per la gente che sta lì che poi li deve in qualche modo scacciare o per fare andare in altre zone piuttosto che effettivamente risolvere la situazione al nocciolo. Cioè mi sembra più un approccio negativo alla cosa piuttosto che positivo. Perché invece non si realizza un programma più a lunga durata volto a finanziare e fomentare quelle realtà che abbiano una proposta culturale interessante piuttosto che semplicemente dei bar? Detto ciò, comunque, entrambe le realtà continueranno ad esistere. Però, piuttosto che un approccio a breve durata per mettere le toppe e uccidere la vita notturna e la voglia di vivere delle persone, avere un approccio di più lunga durata può avere degli effetti, mentre scaglionare la vita notturna non andrebbe di fatto ad incidere sul problema della movida. Ho paura che finirebbe unicamente per rappresentare un ulteriore opportunità di sfruttamento da parte del datore di lavoro nei confronti di certe categorie di lavoratori che sarebbero tali per 24 ore su 24.

Tuttavia, un ulteriore aspetto di questo dibattito sottolineava come all’aumentare della gamma di lavoratori notturni, aumenterebbe anche il loro potere contrattuale nell’alveo del dibattito pubblico in quanto portatori di un gruppo di interesse più grande, e quindi con maggiori possibilità di essere ascoltato e migliorare la propria condizione, differentemente dalla situazione attuale in cui essendo una minoranza, restano categoria emarginata.

 Certo, però mi sembra anche assurdo fare il discorso: “creiamo un sacco di schiavi perché prima o poi si ribelleranno”, no? Cioè mi sembra l’ennesima maniera negativa di approcciarsi alla situazione. Cioè va bene, può essere un approccio, però mi sembra che ne esistano anche di più intelligenti, nonché sicuramente di più umani.

L’altro aspetto era quello di, invece, aumentare il servizio pubblico di trasporto, rafforzandone le tratte che, a raggiera, si sviluppano al di fuori del centro.

 Ah, sicuramente avere più trasporto pubblico. È sempre utile, sempre comodo.

Per concludere, pensi in base alla situazione attuale, che questa sia una tematica rilevante da portare al dibattito pubblico o no?

 Assolutamente. Però devono essere rappresentate tutte le parti, perché sennò l’effetto sarà quello di una feticizzazione della movida, nella sua declinazione più degradante, e non invece per quello che effettivamente è la vita notturna, e cioè un insieme incredibilmente complicato di realtà e di complessità che si, possono portare anche a realtà di aggregazione e di espressione interessanti. Purtroppo, però, nella riprogettazione di tale universo si tende sempre ad ascoltare solo una campana. Escludendo una fetta importante di persone dal dibattito, come ad esempio i fuori sede, privandoli del diritto al voto nella regione che vivono. A quel punto, se l’intervento pubblico mira solo a peggiorare la situazione o a rendersi sordo a tali esigenze, tanto vale non averlo.

Come pensi che la realtà Bolognese nel complesso si potrebbe porre rispetto a tali iniziative dall’alto, con riferimento all’economia della notte?

Bologna è una città abbastanza complessa e densa, per cui ci sarebbero delle realtà che le accetterebbero sicuramente rendendosi effettivamente disponibili a lavorare in quegli orari. Ma non so alla fine se effettivamente possa essere una cosa positiva e sinceramente lo vedo solo come l’ennesima modalità di sfruttamento. Il lavoratore che ti fa un turno dalle 06:00 pm fino alle 06:00 am vede la sua vita mangiata, e purtroppo si finisce così a vivere per lavorare, non a lavorare per vivere.

Roberto

Sentiamo ora il parere di Roberto, trent’anni, studente magistrale in ingegneria.

Di dove sei, da quanto vivi qui, come ti trovi a bologna?

Sono di Bari, nel complesso mi trovo abbastanza bene a Bologna, è una città che rispecchia quelle che erano le mie aspettative. Vivo qui da tre anni, anche se il primo era ancora in corso la pandemia [con riferimento alla seconda ondata] quindi non sono riuscito a vivere appieno la città. L’anno scorso, inoltre, sono stato sei mesi fuori; quindi, si potrebbe dire che ho vissuto a Bologna all’incirca per un anno e mezzo.

Per quanto concerne la movida, cosa ha di speciale questa città rispetto al resto delle città che hai vissuto?

 Allora io vengo da Bari, ho vissuto lì e sei mesi a Barcellona oltre che a Bologna. Sono le uniche tre città che dunque posso paragonare in questo frangente. Quello che caratterizza la movida bolognese, secondo me riguarda la mentalità che uno si aspetta di trovare qui e che poi, di fatto, trova. Con questo mi riferisco ad una certa apertura mentale ed accoglienza. Al rispetto e alla libertà di poter essere sé stessi senza sentirsi giudicati sotto moltissimi aspetti.

Ti sembra rispettosa con le esigenze del resto della città? Ti sembra una città che imposta la vita notturna sul mero sfascio, o con dei risvolti costruttivi in termini di capitale umano e sociale?

 Rispettosa? Beh, è una domanda complicata, in quanto è una città piena di studenti e la maggior parte di essi non hanno le possibilità economiche per poter stare sempre nei locali ed essendo ragazzi hanno comunque voglia di uscire a socializzare per conoscere persone nuove. Di conseguenza capita spesso di stare in giro e a volte fino anche a tarda notte. Essendoci poi tante persone concentrate, può capitare di creare disagi a livello sonoro e di immondizia. Sfascio? Non penso. Personalmente almeno non ho avuto esperienze di questo tipo. Mi verrebbe piuttosto da dire ci siano dei risvolti propositivi, per via della particolare atmosfera di apertura a cui accennavo prima, implicante che nell’uscire hai la possibilità di conoscere tanta gente nuova e di poter crescere.

In generale, la vita notturna (non serale) ti sembra un bene di valore? Che andrebbe apprezzato? Che possa apportare ricchezza ad un determinato territorio?

Beh, la vita notturna ha sicuramente la sua importanza. È chiaro che non tutte le persone possono approfittare di questo momento della giornata, in quanto tendenzialmente chi lavora ha bisogno di alzarsi presto la mattina, per cui è una situazione anche questa complicata. Ritengo comunque che sia un qualcosa da valorizzare, che sia importante esisti. Sicuramente anche il contesto sociale, e geografico, impattano sul tema. Poiché variano gli “orari” del sole. Ad esempio, in estate, tramontando tardi, le persone tendono ad uscire, non lo so, alle 10 p.m., stando fuori anche durante parecchie ore prettamente notturne. In merito allo “sfogo incivile” per quella che è Bologna, personalmente ritengo di no. Ovviamente, mi riferisco alle mie esperienze. Potrei fare un paragone pensando a Bari dove invece ritengo che la movida notturna crei davvero disagi e degrado tendenti a peggiorare certe zone.

“Movida” implica necessariamente problemi all’ordine pubblico?

“Implica necessariamente”, direi proprio di no. È chiaro che più persone ci sono, più può esserci disordine, ma per quanto concerne soprattutto l’inquinamento acustico. Poi dipende anche dai vari contesti, dalle varie zone, però ecco, dire che lo “implichi necessariamente”, no. Non penso proprio.

Secondo te, se ci fosse un progetto volto ad istituzionalizzare la vita notturna bolognese al fine di rendere la città un sistema integrato di cooperazione Top-Down e viceversa, sarebbe un vantaggio o no per la città? Qualcosa si andrebbe a perdere? O si tratterebbe di un esperimento innovativo?

Bella domanda. Mah, sicuramente dipende da come verrebbe attuato questo progetto. L’idea di base la ritengo molto, molto buona. Penso che potrebbe portare molto più vantaggi che svantaggi. Anche per quanto riguarda il controllo sui giovani, la repressione. Penso che l’unica differenza, appunto, se fatta bene, sarebbe semplicemente una questione, diciamo, di location e di situazioni che sarebbero magari un po’ meno poetiche. Ma comunque penso che nel complesso sarebbe una gran bella cosa.

Secondo te c’è un problema di sicurezza, di ordine pubblico a Bologna?

Io abito nel centro storico, proprio dietro piazza Verdi, alle spalle di via Petroni, teoricamente quelle che sono tra le zone più caotiche durante la vita notturna e non ho mai avuto grossi problemi se non nel weekend, oppure quello che mi viene in mente essere un problema sul fronte della sicurezza, più che i giovani, riguarda i tossicodipendenti. Però questo è un altro discorso.

Quanto è reale il problema di concentrazione movida nel centro storico?

Sicuramente si potrebbe fare di meglio, quindi dire che non esiste il problema, non sarebbe vero. Tuttavia, la parola “problema” mi sembra anche molto grande. Servirebbe sicuramente una gestione più appropriata che vada incontro ai ragazzi, agli studenti, per l’appunto.

Nel contrasto tra i residenti nel centro storico e i componenti della movida notturna, si potrebbe riscontrare un problema di divario generazionale?

Mah, sicuramente lo stile di vita e la movida di trent’anni fa erano differenti rispetto ad oggi. Quindi si, suppongo che esista un po’ questa differenza.

“Dentro questa trasformazione del concetto di movida ci sono due fenomeni paralleli e che si rafforzano mutuamente: la riduzione della movida a consumo, la riduzione della percezione della movida a controllo. Il resto è contorno. Il risultato è una evidente crociata non tanto o non solo contro i giovani, ma contro la soggettivazione politica e l’espressione artistica.” Sei d’accordo con quest’affermazione? Come pensi si applichi al contesto bolognese e/o ad altri contesti in cui ti sei trovato ad abitare?

Purtroppo, sembra che si cerchi di, in qualche modo, bloccare la movida e quello che può essere prevalentemente lo svago sociale serale. Questo accade a Bologna come anche nelle altre città in cui ho vissuto. Per le altre due direi però più a Bari che a Barcellona, che mi sembra una città abbastanza preparata su questo aspetto. Sicuramente ritengo che si tratti di un problema più italiano. Ed è un peccato perché questa è una parte molto importante della nostra vita e crescita personale.

Ti sembra una soluzione adeguata, quella di stendere la giornata lavorativa a 24 ore?

Penso in generale che si. Chiaramente non sarebbe una cosa facile da attuare, andrebbe fatta bene e come si deve, perché vorrebbe comunque dire lavorare durante la notte per determinate persone o determinati periodi. Se sia una soluzione? Diciamo di si, perché per quanto riguarda questa situazione potrebbe giovare in qualche modo. Però bisogna capire di quali lavori e quali servizi stiamo parlando.

Quella invece di incrementare, intensificare il servizio pubblico di trasporto nelle ore notturne?

Si, quello penso che sia molto importante sia per quanto concerne l’ordine che per la sicurezza. Nonché per la possibilità, appunto, di chi non ha dei mezzi propri, di poter sfruttare appieno la città. Potrebbe anche essere una soluzione per questa situazione specifica [in merito alla movida], bisogna capire però se sarebbe più usato per allontanarsi dal centro o per avvicinarsi [e creare dunque ancora più concentrazione].

In base alla situazione attuale, quella appena trattata ti sembra una tematica rilevante da portare al dibattito pubblico?

Sì, poiché [riferendosi alla Movida] si tratta di qualcosa di importante che, come dicevo prima, andrebbe protetto e gestito meglio. Nonché fatto crescere, in qualche modo.

Pensi che il melting pot bolognese accetterebbe il concetto di economia della notte?

Mah, come accennavo prima, se gestita come si deve, e fatto per bene, penso che Bologna lo accetterebbe. Il problema è che al momento non penso sia qualcosa di attuabile per quella che è la situazione.

Proposte per il futuro?

Mi viene in mente la possibilità di sfruttare meglio determinati luoghi della zona universitaria, nei quali ci sono solo edifici universitari. Di conseguenza la notte sono vuoti, e se venissero sfruttati per spostare la movida lì probabilmente non creerebbero problemi ai residenti. Quindi direi di sfruttare di più questi luoghi. In che modo? Non so, valorizzando queste zone con eventi, stand o magari baretti amovibili etc. Basta che si tratti di qualcosa che sia economicamente accessibile ed in linea con le finanze di uno studente medio fuori sede.

Ci tengo a concludere tale dibattito prendendo in prestito le parole di _t_w_i_g_, scrittore trentenne della realtà bolognese che ha presenziato al dibattito in seno agli Stati Generali e particolarmente legato alla dimensione immaginifica e creativa della notte.

Dormi, ragazza con gli occhi tondi. Non ce ne andremo. Rimarremo tra te e il fuoco, a vegliare sulla tua felicità. E domani balleremo e berremo ancora. Siamo divisi da lembi di vuoto sottile, e quel dolore che senti è il peso del cielo nero e distratto, il frastuono della vita smarrita e niente più. Le tue lacrime cadono perché non siamo fatti per essere nuvole. Adesso dormi nei parcheggi siderali incastonati nel cemento, dormi e la carne gentile ti faccia da cuscino, chiudi gli occhi e non diverremo mai mattino. Non se ne andrà nessuno” (_t_w_i_g_, Il Giorno è Indegno, 2023, p. 85)

E, nonostante gli agguati, le ostilità, i pregiudizi e i decreti volti a relegarci nelle maglie ostili del Giorno produttivo, occorre ribadirlo: “chiudi gli occhi e non diverremo mai mattino. Non se ne andrà nessuno”. Non se ne andrà nessuno.

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