Come gli esseri umani, così anche gli edifici hanno un proprio ciclo vitale che, una volta concluso, spesso li destina all’abbandono e/o alla demolizione. A conferma di ciò, l’Associazione Culturale Ascosi Lasciti, analizzando una ricerca dell’ISTAT, successivamente rimossa dagli archivi online, ha sottolineato come l’Istituto nazionale di statistica avesse notato che nel 2020 le strutture inutilizzate nel nostro Paese ammontavano a circa 7 milioni.

Tra tutti i luoghi fantasma d’Italia degne di note sono senz’altro le Torri di Ligini, sorte nel quartiere EUR di Roma e costruite per ospitare gli uffici del Ministero delle Finanze.

Il quartiere EUR di Roma

Simbolo del ventennio fascista, l’EUR nasce nel 1935 per volere di Benito Mussolini e in previsione dell’Esposizione Universale del 1942, da cui l’acronimo. Realizzato negli anni 30 del secolo scorso, il quartiere non fu mai terminato a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale. La costruzione dell’area fu ultimata solo alla fine degli anni 50: le Olimpiadi del 1960 furono l’occasione per rimettere insieme i pezzi di un quartiere che, negli anni 80, diventa uno dei punti di riferimento fondamentali per la città.

Il commissario straordinario dell’Ente EUR, portando avanti un progetto di decentramento amministrativo della capitale, incarica l’architetto Cesare Ligini e altri suoi collaboratori di costruire la nuova sede del Ministero delle Finanze. Da qui il nome delle cd. Torri di Ligini o Torri delle Finanze, da tempo in disuso e in stato di abbandono, e di cui ormai rimane soltanto la struttura in cemento armato.

Torri delle Finanze

È prevalentemente Cesare Ligini a occuparsi della progettazione della nuova sede del Ministero delle Finanze a Roma su un’area di oltre 15.000 m2. L’architetto romano aveva predisposto la creazione di tre torri affiancate da due costruzioni più basse, che avrebbero poi ospitato la sede del Ministero con gli uffici di rappresentanza e la sede del comando generale della Guardia di Finanza.

La vicenda

La vicenda delle Torri delle Finanze, che fino all’inizio degli anni 2000 ospitavano la sede del Ministero delle Finanze, inizia il 24 dicembre 2002, quando con un decreto del Consiglio dei ministri, l’Agenzia del Demanio viene autorizzata a dismettere, senza il ricorso ad alcuna asta pubblica, tutta una serie di beni statali. Tre giorni dopo, le Torri furono vendute a Fintecna che, nel 2005, iniziò lo smontaggio degli infissi, lasciando soltanto la struttura in cemento armato. Ciò preludeva l’abbattimento complessivo della struttura per costruirci residenze di lusso progettate dall’attuale senatore a vita della Repubblica italiana, Renzo Piano. Nonostante le molteplici proteste contro l’abbattimento di uno dei complessi edilizi più caratteristici degli anni 50, una modifica del Piano regolatore generale (PRG) ne permise la demolizione. Fortunatamente, però, il Comitato tecnico-scientifico per la qualità architettonica urbana e l’arte contemporanea, presieduto da Paolo Portoghesi, si è espresso in termini negativi sulla demolizione. “Per chi entra nel quartiere dall’esterno, la veduta dei due volumi simmetrici, entrambi sviluppati in altezza, costituisce un insieme di grande importanza paesaggistica che andrebbe irrimediabilmente perduto se le Torri venissero sostituite da un volume a prevalente sviluppo orizzontale”: è questo il commento espresso nel 2010 dal Comitato tecnico-scientifico.

Da Torri di Beirut a quartier generale della TIM

Il 13 gennaio 2013, l’amministratore delegato di Telecom Italia presentò al pubblico un progetto per la nuova sede della società che avrebbe dovuto occupare le Torri di Ligini nel quartiere a Sud di Roma. Le Torri TIM avrebbero dovuto essere completate entro i primi sei mesi del 2017 ma il progetto venne poi abbandonato, riportando l’area al completo abbandono, perché il Comune di Roma ha revocato i permessi per procedere alla ristrutturazione della struttura. Sarebbe stato questo un passo fondamentale verso l’obiettivo di sanare la ferita rappresentata dallo scheletro delle Torri di Ligini, soprannominate dai residenti “Beirut dell’EUR” e riconoscere l’importanza storica dell’edificio.

L’attuale condizione delle Torri delle Finanze

Le torri, private persino della loro facciata, sono diventate nel corso degli anni una struttura completamente nuda che mostra stanze interne in cui troviamo cumuli di macerie abbandonate. È così che si mostrano oggi, a chiunque decida di visitare il quartiere, le Torri che avrebbero dovuto apportare un grande contributo, a livello tanto economico quanto sociale, alla città. Una riqualificazione delle stessa contribuirebbe senza dubbio a valorizzare una delle aree più belle e moderne della capitale, che meno ancora di tanti altri quartieri merita di essere deturpata. Se ciò dovesse realmente accadere migliaia di cittadini potrebbero giovarne in maniera differente: c’è chi potrebbe trovare un nuovo impiego, qualora le Torri fossero destinate alla creazione di uffici, e chi invece, potrebbe avere la possibilità di comprare un appartamento in uno dei quartieri più moderni della città, qualora la struttura fosse adibita ad uso residenziale. Dunque, qualunque destinazione d’uso venisse riservata alle Torri gioverebbe sia al singolo cittadino per un eventuale futuro impiego o potenziale acquisto di un immobile, sia alla città in sé e per sé in quanto verrebbe privata di un angolo di evidente degrado ambientale.  

Abbandono di edifici privati e commerciali: ripercussioni sul tessuto sociale ed economico

L’abbandono di edifici, tanto privati quanto commerciali, è un evidente segnale di crisi che ha profonde ripercussioni sul tessuto sociale ed economico della nostra società in evidente e inconfutabile difficoltà. Le tante strutture inutilizzate in Italia sono contemporaneamente causa e conseguenza della diminuzione di potenziali opportunità a disposizione di cittadini e imprese che, in caso contrario, potrebbero indubbiamente beneficiarne. Oltretutto, i troppi edifici in stato di abbandono e la noncuranza del patrimonio immobiliare e culturale del nostro Paese sta pian piano conducendo il cittadino ad una perdita di fiducia nelle istituzioni che stanno dimostrando di non essere in grado di gestire l’Italia in maniera adeguata ed efficiente. L’appellativo usato per riferirsi alle Torri in questione, denominate la Beirut dell’EUR, è l’evidente dimostrazione di uno stato di malcontento da parte dei cittadini verso i leader politici e la loro gestione del patrimonio immobiliare del Paese. Ciò inevitabilmente crea sentimenti di sconforto negli italiani che, demoralizzati per l’abituale andamento delle cose, faticano a sperare in un futuro migliore per le proprie città. Riuscire a restaurare integralmente le Torri dell’EUR, come annunciato nel 2019 da Cassa Depositi e Prestiti, proprietaria del complesso, potrebbe essere un tassello importante per rivedere le relazioni sociali ed economiche e le politiche di welfare dell’Italia.

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