L’accordo Usa-Russia sulle armi chimiche e sul destino della Siria, siglato a Ginevra il 14 settembre tra il il segretario di stato americano John Kerry e il ministro degli affari esteri russo Lavrov sembra aver disteso la tensione che si era creata nelle ultime settimane tra le due potenze. Così proprio non è se si ascoltano le dichiarazione non sempre convergenti tra le due parti: a Washington, il ricorso all’articolo 7 della Carta dell’Onu (uso della forza) resta un capitolo aperto anche se meno probabile e possibile di qualche settimana addietro. Questo non vale per la Russia, come ha sottolineato Lavrov, precisando che l’uso della forza non rientra nell’accordo.

La Siria non è più sola: deve fare i conti con la guerra civile in atto e con il duello diplomatico Usa-Russia. Con la Russia soprattutto, che si sta facendo in quattro per difendere il governo di Assad da un attacco statunitense.

La tensione diplomatica venutasi a creare con la guerra civile in Siria è il risultato di una divergenza di interessi e di potere nell’area interessata.

Abbiamo chiesto al generale dell’Aeronautica militare Vicenzo Camporini una sua personale visione della situazione dei rapporti Usa-Russia a fronte della guerra siriana. Classe 1946, Vincenzo Camporini è stato, tra le altre cose, capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare dal 2006 al 2008, capo di stato maggiore della Difesa fino al 2011, nello stesso anno è stato consulente del ministro per gli affari esteri Franco Frattini ed attualmente è il vice presidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI).

La situazione siriana attuale potrebbe mutare i rapporti diplomatici tra Usa e Russia?

 Gli americani sono convinti che il mondo sia cambiato radicalmente, quindi non si può parlare di sfere di influenza perché il mondo ragiona, secondo loro, con dei nuovi parametri tutti ancora da definire. La Russia invece ragiona con dei vecchi parametri, che non sono quelli della Russia zarista o di quella sovietica, ma certamente è si basano su questo filone. Quindi la Russia, da un lato deve fare i conti con il suo ruolo da un punto di vista di prestigio nazionale, dall’altro deve poter controllare ciò che succede nelle sue immediate vicinanze. Se vogliamo, è la versione russa della dottrina Monroe americana. Che cosa conta allora per la Russia? Per la Russia conta il suo ruolo con i suoi vicini, con l’Iran, con il Caucaso nella sua interezza, con le potenze dell’area centrale; la Russia sta cercando di ricollegare e mantenere con loro un rapporto che in qualche modo, anche se non di sudditanza, è certamente di vicinanza. Da questo punto di vista, se gli americani non prendono atto di queste sensibilità e ambizioni russe, e se non cercano un accomodamento, è chiaro che si possa andare incontro ad una ulteriore effervescenza e ad una ulteriore rinascita di un antagonismo che non credo abbia ragione d’essere. Di che cosa sono preoccupati gli americani nei confronti dei russi? Non credo che i russi stiano minacciando nessun interesse diretto americano nell’area, invece i russi sentono che i loro interessi siano minacciati dagli americani. In questa situazione, che è una situazione assolutamente asimmetrica, il rischio c’è.

 Tra i Paesi vicini della Russia, di fondamentale importanza geopolitica ed economica è indubbiamente l’Iran. Una notizia di pochi giorni fa riporta che se gli Stati Uniti colpissero Damasco la Russia potrebbe aumentare la vendita di armi all’Iran. Quali sono attualmente i rapporti tra la Russia e l’Iran a fronte della situazione siriana?

 Una volta chiesi ad un alto funzionario russo: “Secondo voi l’Iran non può essere una minaccia per i vostri confini? Lui rispose: “potrebbe essere un’interpretazione. Bisogna tener conto però, che sebbene abbiamo al nostro interno delle grandi comunità islamiche, specialmente nell’area del Caucaso, dobbiamo fare una distinzione all’interno del mondo islamico; e lo sciismo non è stato mai un movimento che abbia cercato di prevaricare altri poteri locali, cosa che invece fanno i sunniti. Quindi l’Iran, sebbene islamico ed essendo una potenza che vuole affermare il suo storico dominio regionale, non è avvertita come una minaccia diretta. É un potenziale alleato e un cliente interessante”.

 Gli Usa accusano Assad di essere in possesso e di aver utilizzato le armi chimiche. La Russia accusa la resistenza. A quale tipo di verità porteranno le indagini degli ispettori Onu secondo lei?

 Una cosa è certa: gli investigatori Onu posso avere le prove che ci sono tracce di armi chimiche nell’area indagata ma non credo che abbiano un qualche strumento in grado di stabilire di chi possano essere e da chi fossero state utilizzate queste armi. Dal punto di vista di chi è la colpa si possono fare solo delle ipotesi. Certo è che chi ha da perdere nell’utilizzo dei gas in questa guerra è Assad, e non sono certo i ribelli.

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