Trump contro il mondo
«È ora di riconoscere Gerusalemme come capitale dello Stato d’Israele». Questo annuncio, al limite della tracotanza, apre senz’altro un nuovo capitolo nel complicato conflitto israelo-palestinese. L’Assemblea Generale dell’Onu si oppone, quasi in toto, alla decisione del Presidente Donald Trump contemporanea allo spostamento dell’ambasciata americana. Intanto l’atmosfera si fa pesante e gli equilibri internazionali sempre più instabili.
Durante i primi di dicembre il presidente degli Usa Trump annuncia il riconoscimento di Gerusalemme come capitale d’Israele. A concretizzare, anche lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv. Yemen e Turchia hanno richiesto una risoluzione da parte dell’Onu e 128 paesi hanno di conseguenza approvato la condanna, a fronte di nove paesi contrari.
Le fondate preoccupazioni di buona parte della comunità internazionale, però, devono fare i conti con le prove di forza del presidente americano. «Quando prendiamo una decisione, per volere del popolo americano, su dove localizzare la nostra ambasciata, non ci aspettiamo che coloro che abbiamo aiutato ci prendano di mira. Ora ci sarà un voto per criticare la nostra scelta. Gli Usa prenderanno i nomi»: così ha minacciato, non proprio velatamente, l’ambasciatrice americana all’Onu Nikki Haley, prima del voto.
In seguito ai risultati dell’Assemblea Generale, la rappresaglia da parte degli Stati Uniti non tarda ad arrivare. Le Nazioni Unite potrebbero dire addio ai 285 milioni di dollari di finanziamenti da parte degli Usa per il prossimo anno. Cifra imponente, specie se messa a confronto con il ricavato annuo complessivo. Una rappresaglia che ha l’aria di un atto di bullismo, per quanto la Haley parli di “inefficienza e spese facili dell’Onu”. Non è sicuramente nuova a questi atteggiamenti, l’ambasciatrice, a giudicare da un discorso molto simile fatto poco dopo l’insediamento di Trump. L’avvertimento a “non mettersi di traverso rispetto alle posizioni Usa” è stato in qualche modo rinnovato. In aggiunta rimane il fatto che, a dispetto della disapprovazione generale, quella dell’Assemblea non è una risoluzione vincolante. Non si può nascondere che si tratta di un atto sostanzialmente simbolico.
In questo contesto sono le reazioni nei territori del Medio Oriente a preoccupare davvero: manifestanti hanno protestato contro Gerusalemme Capitale davanti all’ambasciata Usa di Beirut, portando delle bandiere palestinesi; in una stazione bus di Gerusalemme, una guardia israeliana è stata accoltellata da un palestinese residente in Cisgiordania; il premier israeliano Benjamin Netanyahu era certo che in molti avrebbero approvato la scelta di Trump, mentre adesso l’esercito israeliano ha rafforzato la presenza di truppe in Cisgiordania. Scontato dire che, anziché portare un presunto embrione di pace, Gerusalemme Capitale sembra aver infiammato ulteriormente i rapporti.
Dati questi presupposti, cosa ci si dovrà aspettare nell’imminente nuovo anno? Sarà una volta di più la conferma della supremazia statunitense sul resto del mondo? Una supremazia che potrebbe avere come emblema una stazione ferroviaria costruita vicina al Muro del Pianto e intitolata proprio al presidente Donald Trump? E’ questo infatti, il progetto fortemente criticato ma quasi certamente inevitabile del ministro dei trasporti israeliano: Israel Katz. Una considerevole parte del mondo resta a guardare con disappunto gli ultimi risvolti di questa faccenda quasi grottesca. Comunque vada, a farne le spese sono come sempre i civili, che nulla hanno da spartire con qualsivoglia strategia politica.