A chi appartengono le strade?

All’indomani del drammatico crollo del ponte Morandi a Genova, sono evidenti gli sconvolgimenti che hanno investito opinione pubblica e vertici economici. Al di là del dolore e lo sconcerto, il focus è sul forte dibattito riguardante la nazionalizzazione delle società legate alle infrastrutture. Un punto fermo sembra essere la revisione della concessione alla società Autostrade per l’Italia; secondo il ministro delle Infrastrutture Toninelli «è vero, la politica ha abdicato dal ruolo di controllore. Ma la responsabilità sulla tenuta delle opere è del concessionario». Dal momento che da parte di Autostrade non trapela nessuna ammissione di responsabilità, Toninelli ribadisce «Privata è la società, non il servizio pubblico che avrebbe dovuto garantire. Quindi oltre che legittima, è assolutamente doverosa la richiesta di dimissioni».

LA PRIVATIZZAZIONE IN ITALIA

Alla luce della situazione delicata è opportuno ripercorrere brevemente i passi delle privatizzazioni in Italia. La prima fase inizia nel ’92, sostanzialmente per ridurre il debito pubblico e creare occupazione; secondo il primo decreto gli enti di gestione delle partecipazioni statali e gli altri enti pubblici economici, nonché le aziende autonome statali, possono essere trasformati in società per azioni; alla guida sono personaggi ancora oggi al centro delle cronache politico-finanziarie: Giuliano Amato (allora primo ministro) e l’attuale governatore della Banca centrale europea Mario Draghi; il decreto del 1992 nº 333 ha trasformato in SpA le aziende di Stato IRI, ENI, INA ed ENEL; la legge 8.8.2002, n. 178, art. 7, prevede la trasformazione dell’Ente nazionale per le strade ANAS in società per azioni. Nel ’99, il presidente del consiglio D’Alema privatizza Autostrade, e cede in blocco all’azienda Benetton, sia il servizio sia l’Infrastruttura stessa.

Ora, secondo un documento pubblicato nel febbraio 2010, a quasi 20 anni dalla stagione delle privatizzazioni, la Corte dei Conti ha reso pubblico uno studio nel quale elabora un’analisi sull’efficacia dei provvedimenti adottati. Si segnala certamente un recupero di redditività dalle aziende passate sotto il controllo privato, ma non è dovuto alla ricerca di maggiore efficienza; piuttosto all’incremento delle tariffe di energia, autostrade, ecc.al di sopra degli altri paesi europei; senza contare la mancanza di progetti d’investimento atti a migliorare i servizi offerti.

DOVE SI È SBAGLIATO

Il periodo 2006-2010, con i governi prima di Prodi poi di Berlusconi, ha portato l’emblema del fallimento delle privatizzazioni: Alitalia; nata dal centrosinistra ma effettivamente realizzata dal centrodestra, la dismissione prevedeva che lo Stato si facesse carico di debiti, personale e vecchi aerei; l’esborso fu di quasi 3 miliardi di euro. Certo, dal processo di privatizzazione l’Italia ha incassato oltre 127 miliardi di euro; nonostante questo, non si è colta l’occasione per riconvertire e modernizzare l’economia italiana; il debito pubblico e la vicenda di Alitalia lo dimostrano. Spesso i monopoli, come telefonia, trasporti o autostrade, sono stati semplicemente trasferiti dallo Stato Imprenditore a degli imprenditori che non hanno capito appieno l’importanza dei beni che stanno gestendo.

Tornando alle reti autostradali, inutile nascondere che alla base del problema c’è anche la vendita allo stesso soggetto sia dell’attività che eroga i servizi, sia delle infrastrutture; Autostrade ha di fatto controllo su strade e caselli. Togliendo la concessione, si stima che gli oneri per lo stato arriverebbero a 20 miliardi di euro; per il ministro delle infrastrutture e dei trasporti converrebbe: i ricavi attraverso i pedaggi tornerebbero per rafforzare la qualità dei servizi e soprattutto la sicurezza delle strade. Il ministro dell’interno Salvini intanto continua sicuro sulla sua linea «il privato fa bene e meglio del pubblico.»; sicuro, pur ammettendo di aver firmato nel 2008 per il Decreto “Salva Benetton”.

QUALE SOLUZIONE?

Andando oltre alla questione delle colpe che gravano intorno alla tragedia accaduta a Genova, è necessario ripensare alle politiche delle concessioni stradali. L’efficienza della gestione e l’attenzione per gli utenti dovrebbero essere al primo posto; ci sarebbe da lavorare sugli accordi delle concessioni, sui diritti e doveri dello Stato concedente e del concessionario gestore privato. Se lo Stato si è dimostrato inefficiente nella gestione di un bene, fa giustamente intervenire un privato; questo però non deve arginare i benefici all’utente in proprio favore. ciò dovrebbe valere per Autostrade, ma anche per il servizio idrico, sanità, energia ecc. Un tornaconto economico non può più valere la vita delle persone.

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