Quant’è bella Roma, con i suoi palazzi multicolore e quelle immense zone verdi in cui andare a sdraiarsi il pomeriggio. Il tramonto a primavera: quanto è suggestivo. Mi piace guardarlo mentre bevo una cioccolata calda a Piazza Bologna, quella di noi studenti, squattrinati, irresponsabili; quelli che ancora si fanno tirare le orecchie dai genitori e prendono i soldi dalle tasche degli altri, che non lavorano e fanno i parassiti. Allora assalito dai cattivi pensieri me ne ritorno a casa, guardo l’orologio e mi ricordo che mancano dieci giorni all’esame. Forse ho ancora il tempo per godermi l’ultimo sabato, prima di ritirarmi tra le mie mura e studiare come i forsennati. Forse mi sto facendo prendere troppo dal panico, non dovrei stare così in ansia.

Al Telegiornale hanno detto che vogliono chiudere la piazza. “Si può chiudere una piazza?”- ho chiesto al mio coinquilino. Lui mi ha fissato e non ha saputo rispondermi. In conclusione, sì, si può fare: basta recintare il perimetro con delle cancellate altissime, per impedire alla gente di sostare sulle panchine nel weekend. Dunque, i residenti non ne possono più di noi, si lamentano da settimane. La scorsa settimana la tv aveva persino mandato un giornalista di sana pianta al centro della piazza per farci un servizio. 

“Gli studenti di Piazza Bologna non ci fanno dormire, sono degli ubriaconi e dei vandali, urlano fino alle cinque di mattina e rompono qualsiasi cosa”. Rimango stupito, attonito. Lasciare il futuro dello Stato nelle mani di questi scappati di casa, che pensano solo ad ubriacarsi. Per carità. E intanto inizia a scendermi il magone; ma no, forse è il caso di pensare all’esame. Nulla. Non riesco a smettere di pensare all’assurdità di quanto ho appena sentito. Quale valore ci attribuiscono? Dov’è la riconoscenza per il futuro che stiamo costruendo? 

La gente che protesta io la vedo tutti i giorni: sono padri di famiglia, cinquantenni che il futuro se lo sono costruito mattone dopo mattone, quando 1500 euro al mese erano una garanzia e il costo della vita era bassissimo: non si tirava a campare ma si viveva sul serio. I ragazzi a Piazza Bologna li vedi felici un giorno sì, due no. Alcuni non sanno se usciranno tutto il weekend, perché di sicuro non possono permetterselo. Altri vanno a lavorare per 30 euro al giorno, sfruttati da qualche ristoratore. Altri ancora studiano per settimane e poi non passano l’esame per un capriccio del professore. Poi tornano a casa e vomitano succhi gastrici, perché quella mattina non hanno neppure fatto colazione.

Noi di piazza Bologna sappiamodi non avere un futuro roseo, non sorprendetevi se ci troverete a bere un cocktail scadente in un bar, o se l’insonnia ci tiene svegli fino alla cinque di mattina; stiamo solo cercando di distrarci. E non c’è nulla di peggiore che guardare avanti con incertezza, perché genera dipendenze, cattive abitudini, apatia. Quanta ne incrocio, di apatia, nelle strade della mia piazza. La guardassero ogni tanto negli occhi dei giovani; solo così comprenderebbero che spesso siamo vuoti, involucri che vagano nel nulla.

Sentire quelle urla, la gente allegra che fa festa, il chiasso fino alle cinque del mattino, è ciò che ancora ci fa sentire giovani e vivi. Invece spesso la gente dimentica quanto sia stato bello essere giovani; un pò per ciascuno. Prima di tutto quelle cancellate hanno un valore simbolico, significa che vogliono frenare ciò che siamo, vogliono toglierci la libertà di esprimere la nostra gioia. Prima di tutto non guardano infondo ai nostri occhi: chissà cosa realmente si cela dietro quei volti che ridono e scherzano in un venerdì qualunque. Potresti incrociare sofferenza, noia, panico, pressione, nemmeno te ne accorgeresti. 

Sono sicuro che la nostra generazione sarà capace di comprendere un giorno, guardando alle nuove leve.E questa piazza è troppo importante per noi, di qui passa il nostro futuro, non toglieteci anche questo.   

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here