Da Associazione agricola a paese dimenticato

Nel cuore del Salento, tra enormi distese di agrumeti, si nasconde un piccolo borgo. Sembra quasi una scena surreale quando ci si imbatte in quell’assurdo silenzio, come se la civiltà si fosse fermata di colpo. Quel silenzio custodisce una storia lunga più di cinquant’anni, che di colpo si è interrotta. Così, Monteruga, nata come Associazione agricola, ha smesso di esistere improvvisamente nei primi anni ’80. Cosa ha significato questa piccola cittadina per il territorio, e come mai oggi assistiamo solo a un cumulo di rovine?

La storia del borgo salentino

Oggi è quasi impossibile imbattersi in questo piccolo borgo, proprio a causa della posizione dislocata. Monteruga è inghiottito dal verde, dalle enormi distese di aranci, situate tra Veglie e San Pancrazio, in provincia di Lecce. Il piccolo villaggio è nato negli anni ’30, durante il periodo fascista. Tuttavia, conosce il periodo di splendore dopo il 1950: in quel periodo centinaia di persone avevano fatto le valigie per iniziare una nuova vita tra le fitte campagne. Si stima che tra il 1970 e il 1980 circa 800 persone occupavano il paesino. Si parla principalmente di operai e contadini, specializzati nella produzione di olio, vino e coltivazione di prodotti locali. Il declino è iniziato a partire dagli anni ’80: la privatizzazione dell’omonima azienda agricola ha spinto la popolazione locale a traslocare, ma anche la forte attrazione dei centri urbani ha giocato un ruolo fondamentale.

La composizione dell’agglomerato

Come accennato, Monteruga ospitava una società numerosa e variegata. Assieme agli operai le relative famiglie, molti bambini che avevano bisogno di un’istruzione. Per questo motivo il paese era dotato di efficaci strutture, finalizzate a poter soddisfare i bisogni principali dei cittadini. La piazza centrale era strutturata per accogliere la gente durante le cerimonie o riti religiosi, abbellita con enormi palme ornamentali. Tutt’intorno sorgeva (ed è conservata anche oggi) una struttura a ferro di cavallo. Ad unire le due strutture laterali vi era una chiesa, intitolata a sant’Antonio Abate, con un grande rosone al centro e una forma pressoché rettangolare. Vi erano anche altri servizi, tra cui la scuola, perfino una caserma, una pompa di benzina e numerose cantine utili a fini lavorativi. Tutto ciò che serve per garantire una vita soddisfacente e priva di necessità.

Borgo fantasma: esiste un’ipotesi di recupero?

È inevitabile immaginare la desolazione che si respira oggi in questo piccolo villaggio. Ci si chiede, però, se possa presentarsi l’opportunità di restaurare questo piccolo tesoro nascosto. Da molti anni, oramai, l’azienda agricola continua a operare proprio a fianco al borgo, e resta distaccata dalle rovine.  Stando a quanto riportato dal blog ‘La mia Puglia’, nei primi anni duemila l’imprenditore Massimo Zamparini, ex presidente del Palermo Calcio, avrebbe cercato di avviare un progetto che consisteva nella realizzazione di un centro turistico sulle rovine della cittadina. Il piano ambizioso, però, non si è mai realizzato. Monteruga resta tutt’ora una meta per chi ama i piccoli borghi abbandonati, anche molti cittadini locali sono attirati dalla curiosità che suscita questo misterioso posto; vuoto ma affascinante, macabro ma tradizionale. In questo posto saranno sempre racchiuse le tradizioni della terra salentina.

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