Il 1° novembre 1922 è la data che segna la fine dell’ Impero ottomano, quello che era stato al suo apice  durante il XVI e il XVII secolo, sotto il regno di Solimano il Magnifico, una delle più grandi potenze militari ed economiche del mondo. Nato nel 1299 dopo 623 anni ha visto il suo tramonto, ed è stata necessaria una guerra mondiale per porgli fine, con l’abolizione del sultanato e l’abdicazione dell’ultimo sultano ottomano, Mehmed VI. Eppure, dopo 101 anni è ancora presente l’influenza del passato storico dell’Impero Ottomano sulla Turchia moderna.

Se vogliamo sintetizzare le ragioni che hanno portato alla fine dell’impero certamente non è possibile identificare un’unica causa ma ciò è stato il risultato di una pluralità di fattori. Era una società estremamente disomogenea in termini di etnia, lingua, geografia ed economia, il cui territorio eccessivamente esteso, andava da Vienna a nord fino allo Yemen a sud, e dal Golfo Persico a est fino all’Algeria a ovest. Queste differenze portarono nei secoli alla ribellione dei popoli, e a partire dal 1870 iniziò la secessione di territori proclamatisi indipendenti come la Bulgaria, con le Guerre Balcaniche, scoppiate tra il 1912 e il 1913 l’impero perse tutti i territori europei. Altro fattore determinante è stato l’ influenza di paesi come la  Russia e l’Austria che sostenevano i nazionalismi balcani, la Gran Bretagna e la Francia che desideravano strappare i territori nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Lo schierarsi con la Germania durante il primo conflitto mondiale fu forse la causa più significativa della fine del soprannominato “malato d’Europa”.

Tra tutti i paesi sconfitti nella Grande Guerra, l’Impero Ottomano è probabilmente quello che ha subito una delle sorte peggiori. Già ridimensionato territorialmente, subiva l’influenza della Francia e della Gran Bretagna. Sorse allora un movimento di riscossa nazionale, composto da intellettuali e da buona parte della borghesia turca, guidato dal generale Mustafà Kemal. Nella primavera del 1920 Kemal fu incaricato da un Assemblea nazionale riunita ad Ankara di scacciare gli invasori dal territorio turco. L’esercito turco riuscì ad indurre la Francia e la Gran Bretagna ad abbandonare le loro mire espansionistiche, lasciando l’esercito greco solo a combattere con i turchi. Tra il 1921 e il 1922 l’esercito turco riuscì a sconfiggere i greci liberando la zona di Smirne, la Turchia vide riconosciuta così la sua sovranità sull’Anatolia e sulla Tracia orientale ottenendo il controllo degli Stretti. Il 1° novembre 1922 fu abolito il sultanato, segnando la caduta dell’Impero Ottomano. Un anno dopo fu proclamata la repubblica e nel 1924 Kemal soprannominato Ataturk, ossia “padre dei turchi “ venne nominato presidente con poteri semidittatoriali. Fu avviata la trasformazione della Turchia in uno Stato nazionale laico e occidentalizzato. Questo processo avvenne attraverso l’abolizione del califfato, l’adozione di codici inspirati a modelli occidentali, lo scioglimento dei  tribunali che giudicavano basandosi sui principi coranici, l’adozione dell’alfabeto latino, l’abbigliamento occidentale e il divieto per le donne di indossare il velo negli uffici pubblici. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la Repubblica turca proclamò la neutralità fino al febbraio del 1945 quando dichiarò guerra alla Germania nazista. Nel 1952 la Turchia aderì alla Nato per sottrarsi all’influenza esercitata dall’ Unione Sovietica. Con l’avanzare del processo di democratizzazione, si passò dal partito unico al pluripartitismo e fu concessa maggiore tolleranza ne confronti delle tradizionali forme di culto. Nel 1960  un colpo di stato ad opera dei militari depose il primo ministro Adnan Menderes, che, accusato di aver abusato del potere in maniera autoritaria e di aver tradito l’eredità di Ataturk con le sue aperture nei confronti della religione islamica, fu mandato a morte. Da allora il paese ha intrapreso un percorso di sviluppo  economico e di rafforzamento sul piano dei rapporti internazionali, nonostante la vita politica sia stata agitata, nel 1971 e nel 1980 dagli interventi dell’esercito, custode della tradizione laica.

UNA RIVOLUZIONE DAL BASSO?

La caduta del muro di Berlino ha posto le condizioni per il revisionismo della Turchia, ma nonostante negli anni 90 venisse perseguita una politica pienamente filoccidentale, con la domanda di adesione all’UE presentata nel 1987 e la creazione di un’unione doganale, si ebbe un generale recupero delle pratiche religiose tradizionali, tra cui l’uso del velo da parte delle donne. Le elezioni tenutesi nel 2002 registrarono la vittoria del partito islamico moderato “Giustizia e Sviluppo” guidato da Recep Tayyip Erdogan. Il suo governo fu caratterizzato da una politica autoritaria crescente sul piano interno e severamente repressiva nei confronti delle minoranze, soprattutto quella curda. Emerse allora il contrasto tra gli abitanti dei grandi centri urbani che prospettavano una società civile, moderna e vicina all’Europa e coloro che risiedevano nelle zone rurali che propendevano per una riscoperta della tradizionale religione islamica. Imponenti manifestazioni di piazza si tennero ad Istanbul nel 2013, organizzate dalla popolazione laica e progressista contro il governo, i suoi metodi autoritari e la reintroduzione delle pratiche religiose tradizionali. Gli anni successivi videro l’elezione di Erdogan alla Presidenza della Repubblica nel 2014, un tentativo di colpo di stato fallito nel  2016 ad opera dei militari e la conseguente reazione di Erdogan che portò all’arresto di migliaia di militari, dipendenti pubblici, insegnanti e magistrati. Nel 2017 si tenne il referendum costituzionale che ha condotto alla unificazione della figura del Presidente della Repubblica con quella del capo di governo, instaurando un regime presidenziale unitario.

LA TRASFORMAZIONE TURCA AGLI OCCHI DELL’OCCIDENTE

Complesso è stabilire il rapporto intercorrente tra Turchia e Occidente. La svolta autoritaria del 2017, con l’indebolimento del principio di separazione dei poteri, della libertà di stampa e delle altre libertà e diritti fondamentali dei cittadini, se da un lato ha attratto il presidente turco a modelli di governo altrettanto autoritari, in particolare quello di Pechino e di Mosca, dall’altro ha suscitato scontenti in Europa. Infatti,  gli stati membri dell’UE hanno condannato le misure adottate dal premier turco considerate eccessive e sproporzionate, e dal 2018 hanno chiesto formalmente la sospensione del processo di adesione all’UE. Come risposta si è assistito da parte di Erdogan all’adozione di misure sempre più rigide nei confronti dei diritti delle donne e delle minoranze. Con lo scoppio del conflitto russo-ucraino la Turchia si è schierata dalla parte della Federazione Russa, ritenendo che la NATO e l’UE hanno mire nei confronti del loro vicino russo. Ciò non ha però comportato il venir meno della tradizionale alleanza con gli USA, attualmente preoccupati delle relazioni tra Ankara e Mosca, dal momento che i due paesi si scambiano merci reciprocamente. La Turchia ha acquistato il sistema missilistico S-400 dalla Federazione Russa e commercia illegalmente carburante russo  tramite  gasdotti e oleodotti, violando le sanzioni Nato adottate contro la Russia. Erdogan e l’Onu sono entrambi impegnati a convincere Putin a ritornare sull’Accordo del grano, abbandonato nel luglio 2023,  accordo che, secondo le Nazioni Unite, ha contribuito ad alleviare la crisi alimentare immettendo il grano ucraino sul mercato. Inoltre, il presidente turco esorta l’Ucraina ad ammorbidire i suoi approcci per intraprendere passi congiunti con la Russia. Per quanto riguarda le relazioni tra Italia e Turchia, ci sono profondi legami dal punto di vista economico e commerciale, con più di 1500 imprese italiane presenti in Turchia ed un volume di scambi bilaterali in continua crescita, stimato a circa 25 miliardi di dollari nel 2023. Anche dal punto di vista culturale si registra oggi una forte presenza di studenti turchi nelle università italiane. Come ha affermato nel gennaio 2023 l’allora ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, la Turchia si impegna a cooperare con l’Italia per contrastare l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani, promuovendo la stabilità internazionale e regionale, anche nell’ambito della NATO.

LA RINASCITA DELL’IMPERO ?

L’Impero Ottomano a partire dal tardo Medioevo sviluppò una politica globale. Nonostante le difficoltà di controllo amministrativo riuscì a sfruttare i vantaggi quali la ricchezza del territorio, il controllo delle rotte commerciali che giungevano in oriente e le ingenti somme versate dalle potenze europee per poter sfruttare queste vie, la sostanziale tolleranza religiosa che gli ottomani mostravano nei confronti degli altri gruppi religiosi presenti nell’Impero. L’Imperialismo turco non è scomparso nel 1922 ma è sopravvissuto alla rivoluzione kemalista ed è giunto fino ad oggi. Ciò è dimostrato dalla politica estera turca,  l’ambizione dell’attuale presidente di trasformare la Turchia in una potenza globale, e le idee revansciste di Erdogan che considera la Turchia come il successore dell’Impero Ottomano, i cui abitanti sono rimasti gli stessi. Determinante è il fattore demografico, ovvero il maggiore tasso di natalità presente nella regione dell’Anatolia, dove la popolazione è più religiosa e conservatrice, rispetto al tasso registrato nell’area più occidentalizzata di Istanbul e della costa dell’Egeo. Erdogan ha sfruttato l’adesione alla NATO per aumentare la sua influenza sulla regione e intende sviluppare un Islam forte, aiutato dal fatto che la rivoluzione kemalista non ha cancellato gli oltre cinque secoli di storia di un’Impero ritenuto il centro del mondo musulmano. Il supporto dei paesi occidentali alla minoranza curda, il fatto che la Turchia detenga il secondo esercito più grande dell’alleanza Atlantica, lo spostamento delle mire espansionistiche russe dal Medio Oriente all’Artico, e quindi la possibilità per la Turchia di espandersi avendo mano libera in Medio Oriente, sono fattori che allontanano il paese dal blocco occidentale, considerato come ostacolo alla realizzazione di tale progetto neo-ottomano. Al di là delle implicazioni geopolitiche, il rifiuto delle idee democratiche e dello stato di diritto, oltre a determinare l’allontanamento dall’Occidente, ad oggi sta comportando una seria violazione dei diritti e in particolare delle donne su cui è necessario un impegno collettivo.

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