La storia mineraria della Sardegna ha tradizioni lontanissime. Secondo gli scienziati, l’attività estrattiva sarebbe stata avviata già nel Neolitico antico (6000-4000 a.C.), ad opera di popolazioni locali che avrebbero incominciato a frequentare il Monte Arci, non lontano da Oristano, e l’Isola di San Pietro, mossi dalla necessità di utilizzare la ricchissima risorsa dell’ossidiana, un vetro vulcanico la cui formazione è dovuta al rapidissimo raffreddamento della lava.

Continuarono la tradizione, prima dei romani, fenici e cartaginesi, che prima di tutti sfruttarono i giacimenti metalliferi sardi, ricchi di piombo e argento, soprattutto presso le zone del Sulcis-Iglesiente-Guspinese. Quegli stessi giacimenti che circa 2000 anni dopo, durante il periodo sabaudo, sotto la casata dei Savoia, e successivamente durante il periodo moderno, fecero si che la Sardegna, con la sua industria estrattiva, acquisì una grande importanza nazionale e internazionale.

Successivamente, dopo le Guerre Mondiali, gli alti costi di produzione, il continuo calo del valore dei metalli ed il progressivo esaurimento dei giacimenti segnarono il declino delle attività estrattive nell’isola. Neanche l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) riuscì a invertire la rotta e decise di vendere le miniere, acquistate intorno agli anni ‘80, alla S.I.M (Società Italiana Miniere SpA). La situazione non migliorò, e dopo una serie di vendite e acquisti che interessarono altre aziende, tra cui l’IGEA, e la Sardinia Gold Mining, nei primi anni 2000 l’estrazione mineraria fu definitivamente dichiarata terminata.

La chiusura delle miniere in Sardegna ha portato ad una crisi che ha toccato sia la sfera economica che quella sociale creando, da un lato un aumento della disoccupazione e dall’altro un indebolimento dell’identità mineraria. I progetti di promozione turistica sembrano rappresentare una delle poche opportunità in grado di riqualificare il patrimonio industriale e di riaffermare l’identità mineraria. Uno sviluppo turistico integrato ed equilibrato deve sfruttare, con rispetto, tutte le risorse disponibili e la storia e la cultura di un luogo possono divenire un veicolo per attirare visitatori in cerca di attrazioni diverse.

Oggi, la dismissione pressoché totale dell’attività estrattiva in Sardegna ha lasciato un’importante ed insolita eredità di valori storici ed ambientali altamente peculiari all’interno di un contesto di paesaggi naturali veramente straordinari che rappresentano un’identità culturale unica al mondo da salvaguardare e trasmettere. Questo è l’obiettivo del Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, nato per indentificare e raggruppare 8 aree minerarie dismesse per un totale di 3500 km². Avvalersi del heritage tourism – turismo in luoghi in cui è la storia la principale attrazione – portando il turista in zone marginali e offrendogli una visione diversa di ciò che generalmente viene inteso come scenario o paesaggio esteticamente bello, è la scelta più corretta per dare una nuova identità a questi luoghi, anche a detta di molti ex minatori. Ciò che non convince a pieno, però, è il quadro politico che non rende il geo-parco operativo ed efficiente al 100%.

Un esempio concreto è il monumentale Cantiere Sanna di Montevecchio, che pur essendo uno dei pozzi più grandi del guspinese, con 300 metri di pozzo e una intricata rete di gallerie estese per oltre 10 chilometri, è comunque uno dei cantieri meno conosciuti. Per questo motivo è considerato un gigante silenzioso che si estende per più livelli, dove nel suo periodo di maggiore attività, hanno lavorato e sofferto, fino ai primi anni ’80, migliaia di persone.

“La miniera mi è rimasta dentro, non perché la ami o l’abbia amata, anzi, l’ho odiata, però mi ha dato tanto. Ho appreso i veri valori della vita, come altruismo e umiltà. Se uno era in ritardo con il lavoro, noi tutti andavamo a dargli una mano per terminare. Mi sono rimasti questi valori dentro, ecco perché sono grato alla miniera”.

I discorsi dei minatori sul proprio lavoro si nutrono di un’ambivalenza enorme: il dolore e il valore da un lato, l’odio e l’amore dall’altro, assumono un carattere mitico all’interno dei racconti. Questi eroi hanno significato tanto per l’economia della Sardegna. Per ogni sito minerario dimenticato, e perciò silenzioso, echeggiano le voci di migliaia di lavoratori, che tra i rottami e gli scheletri dei macchinari, sperano che in un futuro non tanto prossimo, il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna e più precisamente la Regione Sardegna, gli riconoscano la dovuta grandezza: l’immortalità.  

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