Era la notte fra il 27 ed il 28 ottobre 1922 quando il presidente del consiglio Luigi Facta fu svegliato nel cuore della notte per essere informato del fatto che colonne di camicie nere si stavano dirigendo verso la Capitale. In quelle ore stava avendo concretamente inizio la marcia su Roma. A cent’anni da quel nefasto corteo, indubbiamente molto è cambiato. Nondimeno apparirebbe falso oltre che ingenuo e profondamente pericoloso affermare che la democrazia e lo stato di diritto godano di ottima salute. Se alla fine della Guerra Fredda ci si illuse che la storia fosse finita con la catartica vittoria della democrazia e dello stato liberale sull’autoritarismo e il comunismo, oggi i rapporti sullo stato della democrazia rendono cristallino come nessuna conquista debba essere data per assunta ed immutabile. In Occidente i nazionalismi stanno sempre più convogliando a proprio favore gli istinti di cittadini scontenti, le elezioni godono di sempre meno attrazione con dati sull’affluenza alle urne tutt’affatto preoccupanti ed eventi eclatanti come l’assalto a Capitol Hill mostrano come la democrazia sia un bene da preservare ogni giorno.

Le cause e gli eventi che di anno in anno indebolirono e portarono alla crisi l’Italia liberale sono molteplici così come numerose sono le avvisaglie che non furono colte o furono sottovalutate che portarono alla Marcia su Roma e all’avvento del Fascismo. Ad ogni modo l’evento che concretamente annunciò pubblicamente la marcia su Roma fu l’adunata del Partito Nazionale Fascista a Napoli il 24 ottobre 1922, quattro giorni prima della Marcia. Quel giorno Mussolini fece nomi e cognomi di chi l’avrebbe condotta: Italo Balbo, Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi e Michele Bianchi. Per fugare ogni equivoco sulle intenzioni Mussolini annunciò a Napoli: “O ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma”. Intricato è poi il ragionamento sulla dichiarazione dello stato d’assedio sulla quale molto è stato scritto. Lo stato d’assedio nel Regno d’Italia fu più volte dichiarato per esempio in momenti come i moti popolari del 1989, la cosiddetta Protesta dello stomaco o in particolari casi di contrasto al brigantaggio o ancora in occasione del terremoto di Messina del 1908. Nello specifico, in caso di insurrezione civile o calamità naturali, permetteva di equiparare tutto o parte del territorio nazionale ad una sorta di teatro di guerra in cui sarebbero state limitate le libertà previste dallo Statuto Albertino, ampliati i poteri di polizia delle autorità amministrative e militari, oltre che estese le competenze dei tribunali militari anche su fattispecie civili. Per mezzo di questa, dunque, l’esercito sarebbe potuto essere mobilitato contro i fascisti in marcia su Roma e questi ultimi sarebbero verosimilmente caduti in quanto evidentemente poco o nulla avrebbero potuto contro un esercito regolare essendo una forza molto meno organizzata e solida in quantità e qualità di quanto si volesse far trasparire. Tuttavia, lo stato d’assedio nel Regno d’Italia, seppur richiesto su proposta del governo, necessitava per entrare in essere la sua dichiarazione per mezzo di Regio Decreto, in breve, serviva la firma del Re. Per una serie di ragioni fra cui, con le parole del generale Diaz “l’esercito avrebbe certamente fatto il suo dovere, ma sarebbe stato bene non metterlo alla prova” e la convinzione che in fondo il Partito Nazionale Fascista sarebbe potuto restare uno dei vari partiti dell’arco parlamentare e sarebbe potuto essere controllato ed anzi usato a proprio piacimento, il re non firmò lo stato d’assedio e la marcia su Roma ebbe luogo indisturbata. Il resto è storia.

Nei 100 anni intercorsi da allora i mutamenti sono stati innumerevoli e più che passarli in rassegna appare rilevante fare una fotografia di come sia la situazione oggi cercando di individuare le avvisaglie che rappresentano una minaccia alla democrazia e allo stato di diritto evitando di commettere quell’errore commesso cento anni fa di sottovalutarle e sminuirle. Se dunque sembra superfluo evidenziare come siano migliorate in quantità e qualità le democrazie rispetto al 1922, importante è evidenziare come da circa 15/20 anni queste siano andate in contro ad un processo di progressivo deterioramento. Un’illuminante istantanea la fa il rapporto del 2021 relativo al 2020 della Freedom House, l’ong statunitense che sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale stila report annuali sullo stato della libertà e della democrazia. Il titolo di tale rapporto del 2021 non è affatto rassicurante, il report è intitolato “Democrazia sotto assedio”. Oltre alle crescenti politiche notoriamente autoritarie di Cina e Russia si evidenzia la sempre maggiore popolarità dei governi nazionalisti e populisti in Ue. Si sottolinea poi la drammatica parentesi di Donald Trump con il suo rifiuto di accettare la vittoria di Joe Biden accusandolo di frode elettorale o ancora l’assalto a Capitol Hill in cui manifestanti hanno fatto irruzione nel maggior simbolo della democrazia dei nostri tempi. Altro caso preoccupante è l’India di Narendra Modi, la democrazia più popolosa del mondo con i suoi 1,38 miliardi di abitanti, declassata da “Paese libero” a “Paese parzialmente libero”. Oggi meno del 20% della popolazione mondiale viene ritenuta appartenente ad un paese realmente libero secondo gli standard della Freedom House, il dato più basso dal 1995. Le restrizioni dovute alla pandemia di SARS-CoV-2 inoltre in numerosi casi hanno rafforzato autocrazie già esistenti. L’Italia, con 36 punti su 40 nell’ambito dei diritti politici e 54 su 60 in quello dei diritti civili, totalizza un punteggio finale di 90/100 includendola nel 20% sopra citato. Per un rapido confronto, a Francia e Spagna sono assegnati 90 punti su 100, alla Germania 94, Danimarca 97, Finlandia e Norvegia 100. Gli Stati Uniti a fine mandato di Donald Trump sono giunti a quota 83.

L’esempio contemporaneo forse più simbolico di avvisaglie non colte che hanno portato ad un evento completamente inatteso potrebbe proprio essere l’assalto a Capitol Hill. Se come citato l’80% dei cittadini del globo vivono in paesi che la Freedom House classifica, ciascuno con un suo peculiare grado, come non pienamente liberi e se dunque è necessario diffidare dall’essere occidentalocentrici, nondimeno l’assalto al palazzo che più di tutti è simbolo di pluralismo, dibattito e dunque libertà in un paese che a sua volta è stato considerato per decenni simbolo e guardiano mondiale di pluralismo, dibattito e libertà non può e non deve lasciarci indifferenti. In un mondo sempre più complesso, appare dunque ancor più necessario informarsi ed attivarsi in difesa della democrazia ogni giorno, affinché nessun paese si debba trovare mai nella condizione in cui si trovò l’Italia nel 1922, il cui presidente del consiglio Luigi Facta ormai impotente, nel consegnare le dimissioni al Re Vittorio Emanuele III, dopo che quest’ultimo si rifiutò di firmare lo stato d’assedio e poco prima che la barbarie fascista avrebbe ingurgitato l’Italia per vent’anni, disse al Re senza forse crederlo neppure lui: “Nutro fiducia che tutto andrà nel migliore dei modi”.

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