Il tema dell’aborto è sicuramente ricorrente in un mondo che, da un lato si sviluppa esponenzialmente, mentre dall’altro cade in stand-by di fronte ad argomenti che fanno letteralmente e gravemente scontrare le persone le une contro le altre.

Quali sono le prospettive per il futuro riguardo il diritto all’aborto? Qual è la storia dell’attuale legislazione? E per quanto riguarda l’Italia?

Proviamo ad analizzare questo delicato e complesso argomento cogliendone i punti e le argomentazioni chiave, puntando a una conclusione che ricerca non solo una logica, ma anche una giustizia emotiva e morale per tutte le donne vittime degli obiettori di coscienza, nonostante le leggi esistenti.

D’altronde, il corpo della donna è sempre stato al centro di numerose battaglie, e in questo caso la decisione di abortire viene messa alla pari di un assassinio.

L’aborto come reato

L’interruzione volontaria della gravidanza in Italia era considerata un reato; infatti, nel codice Rocco era vietato non solo l’aborto in sé, a prescindere che la donna fosse consenziente o meno, ma anche l’istigazione a esso. L’aborto era punito come “reato contro l’integrità della stirpe”, anche perché la donna veniva (e spesso viene ancora adesso) considerata come una figura debole il cui compito è unicamente quello di procreare.                                                                                                                                              Ciò comportò un altissimo numero di aborti illegali, fra i 100.000 e i 3.000.000 annui.

Ai tempi vi erano 3 modi principali per ricorrere all’aborto:

  • Tramite istituzioni o medici privati, i cui nomi si trasmettevano da donna a donna
  • Metodi empirici come lavande o pozioni erboristiche
  • Medicinali

Le ultime due opzioni riguardavano soprattutto le donne senza sufficienti mezzi economici, e quelle anche meno informate sui metodi contraccettivi, i quali comunque non erano ancora legali.

La Legge 194

Con lo sviluppo scientifico e della prevenzione, è aumentata la consapevolezza sui rischi della pratica se effettuata al di fuori delle strutture ospedaliere, e al contempo si sono fatti sempre più sentire i diritti sociali e della donna. Infatti, paesi come l’Unione Sovietica, Islanda e Svezia sono stati fra i primi a legalizzare varie tipologie di aborto.

In Italia ciò avvenne nel 1975 nella sentenza n.27 della Corte Costituzionale, in cui risulta scritto che “ricorrere all’aborto è conforme al diritto, non in assoluto ma nei casi indicati dalla legge”. Successivamente, nel 1978 ci fu una svolta, con la famosa e super discussa Legge 194. Essa consente alla donna, sempre nei casi previsti dalla legge, di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in una struttura pubblica nei primi 90 giorni di gestazione. Fra il quarto e quinto mese ciò è possibile solo per motivi terapeutici.

L’obiezione di coscienza

L’obiezione di coscienza in Italia rappresenta, secondo recenti dati ISTAT, circa il 68,4% dei ginecologi e ginecologhe, e il 45,6% degli e delle anestetiste. In Molise si registrano il 96,4% di obiettori, in Veneto il 73,7%. Nonostante l’eventuale obiezione di coscienza non debba esimere il personale medico nel procedere al trattamento, oltre il 40% delle strutture non lo erogano.

Si tratta oggettivamente di un abuso dell’obiezione di coscienza, costringendo le donne a spostarsi di regione o addirittura di andare all’estero, e non tutte hanno i mezzi per farlo. Ciò comporta molti aborti clandestini, ovviamente molto meno sicuri, grazie all’accesso a metodi farmacologici messi in commercio nelle strutture ospedaliere dal 2009. Tali farmaci sono legali ma solo in ambito ospedaliero e con obbligo di ricovero, ma vi è un fiorente commercio illegale anche attraverso internet.

Secondo alcune ricerche, ai medici conviene diventare obiettori di coscienza non solo per convincimenti etici, ma anche per la carriera, per il consenso sociale. Alcuni dottori hanno addirittura dichiarato di essere diventati obiettori per scelta forzata. Vi sono poi ovviamente anche i motivi religiosi.

Inoltre vi è la questione non solo della stigmatizzazione dell’aborto stesso, definendolo un “lavoro sporco”, ma dati i metodi contraccettivi disponibili, i medici si chiedono anche come mai non vengano utilizzati dalle donne. La risposta mette in gioco problemi spesso economici, legati alla possibilità o meno di permettersi la pillola o altri strumenti. Inoltre, vi è il grave problema della mancata educazione sessuale a livello scolastico e della bassa partecipazione maschile alla contraccezione.

L’Italia contro l’aborto

Il primo movimento abortista fu il Movimento per la vita, e nacque subito dopo l’approvazione della 194. Tentò infatti di abrogare quest’ultima con due referendum, per poi avviare una serie di progetti per incentivare la donna a non interrompere la gravidanza.

Il movimento propone anche il “Progetto Gemma”, ossia un servizio per l’adozione a distanza pre-nascita di madri in difficoltà.

Numerose sono poi le mozioni Anti-Aborto, prendendo d’esempio il caso di Verona. In questo caso è stato dichiarato nel 2018 che la città è “a favore della vita”, adottando iniziative varie per la prevenzione dell’aborto e il sostegno alla maternità.

La regione Veneto ha inoltre promosso un progetto chiamato “La culla segreta”, che consiste in un manifesto da collocare all’interno dei consultori per invitare le donne a partorire in maniera anonima e sicura negli ospedali.

Celebre anche il movimento “Non una di meno” di Roma.

Iniziative pro-aborto

In Italia esistono però ovviamente anche delle iniziative che pongono la propria attenzione sulle criticità del sistema e che vogliono facilitare l’accesso all’aborto.

Il progetto di ricerca “Mai Dati” analizza i dati e mette in discussione il loro valore, focalizzandosi sul tema dell’obiezione di coscienza. In tal modo le donne possono conoscere la percentuale di obiettori nella struttura che verrebbe potenzialmente scelta per la pratica.

Non mancano poi gli appelli al Ministero della Salute e azioni di informazione pubblica. Di ciò si occupa “Libera di abortire”, di nascita recente (2021). Si tratta infatti di una campagna che ha l’obiettivo di garantire concretamente il libero accesso all’aborto tramite l’affissione di manifesti, firme per il Ministero e l’accesso a un insieme di informazioni utili. In tal modo vengono proposte le testimonianze di donne che hanno non solo abortito, ma anche subito violenze nel percorso di assistenza, sia fisiche che psicologiche.

È quindi in fin dei conti possibile abortire in Italia?

Pe rispondere a questa domanda bisogna analizzare la Legge 194.

Innanzitutto, viene sottolineato come lo Stato garantisca il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconoscendo il valore della maternità e la tutela della vita fin dal suo inizio. Si da quindi per scontato che la vita inizi nell’utero fin da subito.

L’interruzione della gravidanza viene accettata solo a patto di alcune condizioni; quindi, il medico è sempre e comunque autorizzato a chiedere a una donna il motivo del suo aborto, per poi scegliere se permettere il tutto. Questo, insieme al fatto che si trovi necessario specificare solo alcuni motivi per i quali sarebbe lecito abortire, fa in modo che ci si chieda se questa sia realmente libertà.

Inoltre, pur citando appunto i casi in cui la pratica verrebbe permessa, si deve sempre tenere conto che in Italia vi è un grosso problema in merito all’esistenza di una legge e la sua effettiva applicazione.

Si sente quindi l’esigenza di intervenire sulla legge e modificarne i presupposti, in modo tale che non si vada a tutelare solamente la salute, la morale o la religione, ma soprattutto i diritti delle donne di scegliere liberamente cosa fare del proprio corpo e della propria vita.

Le parole dell’attuale governo in merito all’aborto

Il nostro governo è attualmente guidato dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, la quale si è espressa, non molto tempo dopo essere salita al governo, in merito alla Legge 194, suscitando molte polemiche. La Premier sostiene da allora che non ha intenzione di modificare o abolire la Legge, ma di volerla applicare nella sua totalità, quindi puntando anche alla prevenzione, in modo tale da dare possibilità in più a quelle donne che pensano che l’aborto sia l’unica soluzione possibile.

Ha inoltre sostenuto che in Italia è totalmente garantito l’accesso all’aborto, e che, per quanto riguarda gli obiettori non si possa costringere le persone a cambiare la propria coscienza. Ciò però diventa molto spesso un impedimento all’accesso che Giorgia Meloni considera appunto garantito, nonostante si tratti di una pratica stabilita per legge. Ciò che gli viene contestato, è quindi di mettere sullo stesso piano la libertà di abortire delle donne con quella di fare obiezione di coscienza dei medici.

Concentrandosi così tanto nel fare in modo che si superino le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza, si fanno aumentare le attività dei gruppi antiabortisti.

Secondo i movimenti femministi gli ostacoli alla maternità è giusto che vengano rimossi, ma non attraverso incentivi e iniziative degli antiabortisti. Bensì, tramite una riforma del lavoro che possa eliminare le discriminazioni e combattere il precariato, dare dei congedi remunerati e alla pari ecc.

Il tasso di fertilità, infatti, cresce nelle zone in cui l’occupazione femminile è maggiore.

È necessario inoltre concentrarsi sull’educazione sessuale, insegnamento che in Italia non è ancora obbligatorio, e che sarebbe utile non solo per evitare gravidanze indesiderate, ma anche per educare in merito alle malattie sessualmente trasmissibili e agli abusi o discriminazioni in base all’orientamento sessuale.

Infine, bisognerebbe rendere gratuiti i contraccettivi, o comunque meno costosi. Tutte queste misure per il momento non sono però nel programma del governo.

Notizie recenti

Dall’emanazione della Legge 194, sono stati molteplici gli attacchi rivolti a ribaltare o compromettere il diritto all’aborto, e col nuovo governo siamo già a quota 4 iniziative antiabortiste.

Maurizio Gasparri di Forza Italia chiese il riconoscimento delle capacità giuridiche del concepito, il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo chiese il riconoscimento del concepito come componente del nucleo familiare, mentre la senatrice di Fratelli d’Italia Isabella Rauti chiese l’istituzione di una giornata in nome della tutela della vita nascente.

Quest’anno, è stato proposto un nuovo attacco al diritto all’aborto, con un nuovo disegno di legge da parte del senatore di Fratelli d’Italia Roberto Menia. Egli vuole riconoscere la soggettività giuridica fin dal momento del concepimento, quindi agli embrioni.

Questo tentativo si rifà al modello dell’Ungheria di Viktor Orbàn, e mina i principi cardine della Legge del 1978.

Il ruolo degli Stati Uniti

Negli Stati Uniti il Colorado fu il primo stato a depenalizzare l’aborto in caso di stupro, incesto o se può portare disabilità alla donna. Precedentemente, il tema era disciplinato da ciascuno stato dell’unione con legge propria, e almeno in 30 stati era previsto come reato di “common law”, ossia era impraticabile in qualsiasi caso.

Nel 1972 la causa arriva alla Corte Suprema, arrivando alla sentenza l’anno successivo: viene riconosciuto il diritto all’aborto, ma non in maniera assoluta, perché lo Stato può ancora intervenire in alcune circostanze.

In generale è possibile abortire finché il feto non diventa in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero, anche artificialmente. Successivamente a questo lasso di tempo l’aborto è possibile solo in caso di pericolo per la salute della donna.

La notizia più recente relativa agli USA è del 26 marzo scorso: la Corte Suprema potrebbe decidere entro il prossimo giugno di modificare le modalità di accesso all’aborto farmacologico. Questo significa che il farmaco, in particolare il “mifepristone”, potrebbe non poter più essere spedito alle donne, affermando l’obbligo di consegna del farmaco solamente di persona. Ovviamente ciò comporterebbe nuove restrizioni al diritto all’aborto.

Inoltre, tramite questo farmaco è possibile attuare il trattamento senza l’invadenza tipica di un intervento chirurgico, e quindi l’anestesia e il ricovero, oltre ad essere una pratica assolutamente sicura come affermato dall’OMS stesso.

Negli ultimi anni negli USA il diritto all’aborto ha subito molti cambiamenti e molti Stati hanno vietato la pratica o introdotto molte limitazioni. Ciò ha comportato l’aumento delle migrazioni per poter accedervi.

Questa decisione della Corte Suprema è considerata importantissima, e potrebbe essere presa pochi mesi prima delle elezioni presidenziali provocando delle conseguenze dirette sul voto.

Per ora la Corte sembra scettica, a causa della mancanza di ragioni sufficienti contro la Food and Drug Administration, ossia l’ente statunitense che si occupa di regolamentare i prodotti farmaceutici.

Le conseguenze del divieto all’aborto

Sul piano della natalità, sicuramente il divieto all’aborto non provoca maggiori nascite. Al contrario, vi saranno molte più morti, ovviamente femminili. Infatti, in tutto il mondo, fino al 13% della mortalità materna deriva da un aborto non sicuro.

Di conseguenza le donne si mobilitano, puntando soprattutto all’informazione e all’autogestione.

Si cerca quindi di fare in modo che le donne che si recano da un abortista illegale siano a conoscenza dei metodi abortivi a disposizione, per capire se la pratica proposta potrebbe essere pericolosa, e quindi andarsene eventualmente altrove.

Per quanto riguarda la problematica dell’obiezione di coscienza, significativo è il contributo di “Obiezione respinta”. Tale piattaforma ha lo scopo di segnalare e mappare i luoghi dove viene esercitata l’obiezione di coscienza, e anche dove invece è possibile attuare il trattamento.

Nella relativa pagina Facebook è addirittura possibile segnalare la propria esperienza personale negli ospedali e consultori.

Inoltre, il Movimento di liberazione della donna e il Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto vedono molte femministe svolgere tirocini, assistenza medica e che imparano tecniche all’estero per praticare l’aborto per aspirazione in sicurezza (il metodo Karman). Tutto ciò non con scopo di lucro, ma con scopo politico.

Nonostante ciò, si sottolinea sempre come l’abortista più inesperta di tutti sia la donna stessa.

Provvedimenti che danno speranza

In una prospettiva futura che per il momento non sembra delle più rosee, generando invece confusione e incertezze non solo Italia ma anche in tutta Europa, la Francia sta dando una lezione a tutti.

Ha difatti inserito il diritto all’aborto nella Costituzione, e Le Pen ha sostenuto esplicitamente che “Lo dobbiamo a chi resiste, come Trump, Orbàn, Putin, Bolsonaro…” e fra i vari nomi ha citato anche la Premier italiana Giorgia Meloni.

Ciò è stato possibile grazie a 780 voti favorevoli, e solamente 72 contrari, ottenendo quindi anche voti positivi dalla destra.

E’ stata in particolare la retromarcia della Corte statunitense ad innescare la mobilitazione, già partita nel 2022.

La situazione, quindi, è sempre stata e continua ad essere molto disomogenea e altalenante, ma il lato positivo è che di fronte a certe marce indietro, altri Paesi ne traggono spunto per migliorare e dimostrarsi protagonisti attivi di uno sviluppo che non rappresenta una “possibilità”, bensì una vera e propria “necessità” per i diritti delle donne, e un tassello in più per la libertà del mondo intero.

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