Addio a Pietro Terracina, tra gli ultimi sopravvissuti all’Olocausto

Cosa significa sopravvivere all’Olocausto? Pietro Terracina, uno degli ultimi baluardi della Memoria, ci ha lasciati l’8 dicembre scorso a Roma, dopo una vita trascorsa ad onorare il ricordo e a sopportarne il peso. Non è possibile infatti dividere la vita di Terracina in un prima e in un dopo Shoah, ma è necessario considerare la sua intera esistenza quale inesauribile testimonianza di orrore e di speranza, di morte e di rinascita.

Addio a Pietro Terracina, tra gli ultimi sopravvissuti all'OlocaustoTutto ha inizio a Roma nell’autunno del 1938, poco dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali in Italia, il culmine della politica antisemita esercitata dal Fascismo di Mussolini. Pietro, bambino ebreo di appena 10 anni, viene espulso dalla scuola pubblica, vittima del destino comune a tutti gli altri alunni e docenti di origine ebraica. Pochi anni più tardi, nella primavera del 1944, tutta la famiglia Terracina viene deportata prima in un campo di prigionia in Emilia-Romagna e poi in Polonia, direzione Auschwitz – Birkenau, il più grande campo di concentramento nazista.

L’anno vissuto da Pietro dentro il campo di concentramento è una vera e propria lotta di sopravvivenza: la sua famiglia viene sterminata tramite una delle tante camere a gas utilizzate dalla macchina tedesca per uccidere il maggior numero di ebrei possibile, mentre Pietro riuscirà a restare in vita in modo fortuito, dopo aver rischiato di andare incontro alla “sauna” svariate volte. Eppure proprio nel lager, in mezzo a tanta disperazione, Terracina stringe un forte legame con un ragazzo poco più giovane di lui, Sami Modiano, proveniente da Rodi, la cui amicizia, ricordata come profonda e fraterna, sarà l’unico raggio di luce tra le brutture e gli orrori del campo, un punto di riferimento essenziale per la sopravvivenza di entrambi.

Il 27 gennaio 1945 avviene la liberazione, condivisa da Terracina proprio con Modiano e con, tra gli altri, Primo Levi: tutti e tre scelgono di dedicare la loro vita alla testimonianza e all’onoranza del passato, affinché quel passato non torni mai presente. Ma la liberazione fisica non coincide immediatamente con quella mentale e Pietro, come la maggior parte dei sopravvissuti, deve fare i conti con i propri traumi prima di tornare alla vita normale. Dopo aver trascorso qualche tempo in un sanatorio, Terracina riesce a tornare a Roma, dove diventa un punto di riferimento per la comunità ebraica romana e non solo; ciò che inizialmente gli sembrava impossibile -raccontare agli altri le atrocità viste e subite- è ora una necessità, la sua missione di vita.

A partire dagli anni Ottanta, oltre alla professione di dirigente aziendale, Terracina si occupa della gestione di diverse fondazioni e associazioni dedicate alla Memoria e partecipa attivamente a conferenze, seminari, interviste radiofoniche e televisive, ma soprattutto agli incontri nelle scuole e nelle università, cogliendo l’importanza del dialogo coi più giovani.

La senatrice Liliana Segre (a sua volta sopravvissuta all’Olocausto e testimone della Shoah italiana) lo ricorda come un uomo molto amato, simbolo di fratellanza e umanità, un faro nella lotta al negazionismo e contro qualsiasi forma di violenza. Un uomo coraggioso e libero, come lo definisce il segretario del PD Nicola Zingaretti, anche nel denunciare gli errori e le omissioni più recenti, nell’affermare che la lotta all’antisemitismo e al razzismo non può e non deve conoscere riposo.

Purtroppo non posso annoverare me stessa tra i ragazzi incontrati da Pietro Terracina, ho dovuto accontentarmi di vederlo e ascoltarlo in video, ma le sue parole pregne di serietà, impegno e coraggio mi sono arrivate in tutta la loro forza, così come la sua storia, come quella di tanti suoi fratelli ebrei, non ha potuto fare a meno di colpirmi e di rammentarmi che non bisogna dimenticare il passato. La morte di Terracina (e degli altri testimoni diretti) non dovrà mai aprire le porte al negazionismo, ma anzi deve suscitare nelle nostre istituzioni un ulteriore slancio alla lotta contro l’odio in tutte le sue forme e manifestazioni.

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