IRAN: I CONFLITTI DEL PASSATO MINACCIANO IL PRESENTE
Non c’è pace in Iran. Il paese, situato nell’estremità del Medio Oriente, sta attraversando una delle fasi più difficili degli ultimi anni, una crisi che coinvolge l’intera popolazione e che sta compromettendo ogni tipo di equilibrio, economico, politico, sociale.
Sembrerebbe quasi un paradosso, alla luce delle tensioni politiche e delle guerre che hanno da sempre caratterizzato la storia iraniana, eppure le centinaia di sommosse e proteste verificatesi a partire da ottobre continuano ad animare le piazze irachene e, di conseguenza, ad accrescere spaventosamente il numero delle vittime.
In questo caso il disfacimento nazionale è causato da un vertiginoso incremento del prezzo della benzina, un provvedimento voluto dal Parlamento iraniano al fine di razionare le scorte di carburante del paese e sostenuto anche da Ali Khamenei, guida suprema iraniana. Certamente non è la prima volta che le masse iraniane scelgono di protestare contro il governo, ma mai come in questi mesi le agitazioni hanno scatenato delle conseguenze così devastanti.
E’ vero che la ribellione in corso conserva i tratti dei disordini avvenuti in Iran nel 2011 a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari. In quel frangente l’opposizione manifestò il proprio malcontento attraverso la disobbedienza civile, spingendo il governo a bloccare ogni tipo di contestazione per mezzo della forza. Ma è anche vero che il numero di morti e feriti provocati dalle proteste presenti ha già da tempo superato quello della rivolta precedente. Eppure non è solo il caro benzina ciò che muove le intenzioni dell’opposizione e delle folle, bensì è necessario fare un passo indietro per comprendere il quadro politico del paese e analizzare i suoi rapporti con il resto del mondo.
GLI ANTEFATTI
La storia irachena degli ultimi quarant’anni è imprescindibilmente legata al conflitto con l’Iraq, combattuto tra il 1980 e il 1988, caratterizzato da un complesso sistema di alleanze e dinamiche politiche con l’Occidente e in particolare con gli Stati Uniti d’America.
La guerra tra l’Iran capeggiato da Ruhollah Khomeini e l’Iraq di Saddam Hussein scoppiò per l’ambizione di entrambi i paesi di conquistare la supremazia del Medio Oriente e il controllo di diversi territori, tra cui quello del Golfo Persico, futuro teatro di molti conflitti quali la prima guerra del golfo (1990-1991) e l’invasione dell’Iraq (2003). Durante gli otto anni di guerra il ruolo giocato dagli Stati Uniti fu davvero significativo: anziché optare per la mediazione e la diplomazia, Washington sfruttò la situazione geopolitica orientale per cercare di <<guadagnare terreno nei confronti dell’Unione Sovietica>> e, schierandosi apertamente con la fazione irachena, “vendicarsi” di anni d’inimicizia con Israele.
I rapporti tra l’Iran e gli Stati Uniti, infatti, non sono mai stati idilliaci a causa del controllo del petrolio, principale risorsa del paese e oggetto delle attenzioni proprio della Russia e delle petro monarchie. Nel corso degli eventi ci furono diversi momenti di tensione tra i due paesi, come la vicenda degli ostaggi americani catturati per decisione del governo iraniano a causa del visto concesso dall’America all’ultimo Scià di Persia Mohammad Reza Pahlavi, rovesciato durante la rivoluzione islamica del 1979 che portò alla fine della monarchia.
Per questo motivo gli Stati Uniti scelsero di sostenere militarmente e strategicamente l’Iraq, finanziando le armi chimiche e biologiche che causarono decine di migliaia di morti tra gli iraniani, fino alla fine della guerra, avvenuta grazie alla mediazione delle Nazioni Unite. Il dopoguerra è un periodo di transizione per l’Iran, caratterizzato dalla ricostruzione delle infrastrutture e dalla normalizzazione dei rapporti con i paesi vicini, situazione che porta ad una politica più moderata e volutamente neutrale, soprattutto durante la Guerra del Golfo tra Stati Uniti e Iraq.
Inoltre, nonostante le proteste del 2011, durante la presidenza Obama anche i rapporti con l’America migliorano, grazie a diversi negoziati sul nucleare che rispecchiano il proposito da ambo le parti di condurre una politica meno ostile e più aperta. Tutto cambia, o meglio tutto peggiora, con l’elezione di Donald Trump alla presidenza USA nel 2017.
La politica estera d’impronta conservatrice e nazionalista di Trump inasprisce nuovamente i rapporti con l’Iran, basti pensare al progetto di bloccare l’ingresso negli Stati Uniti per i cittadini di sette paesi musulmani, tra cui proprio quelli di origine iraniana. Ma il punto di non ritorno è la scelta di Trump di ritirarsi dall’accordo sul nucleare iraniano e di reintegrare le sanzioni che erano state rimosse da Obama. Da quel momento i momenti di tensione tra i due paesi sono aumentati a dismisura e più volte la situazione stava degenerando in un conflitto, come quando, lo scorso 20 giugno, Trump ha cambiato idea dopo aver precedentemente ordinato un’azione militare come ritorsione per l’abbattimento di un drone statunitense da parte dell’Iran.
LA SITUAZIONE ATTUALE E FUTURA
Questo sconvolgimento politico ha contribuito a indebolire anche la politica interna del governo iraniano che, costretto a fronteggiare le vecchie sanzioni, ha appunto scelto di aumentato il prezzo del carburante per risanare il deficit economico.
Durante le ultime manifestazioni sembra che le forze di sicurezza abbiano aperto il fuoco sui dimostranti e che a Teheran, la capitale, si sia raggiunto il numero di circa 300 morti e tremila feriti, un dato che l’Onu definisce <<allarmante>>; inoltre migliaia di iraniani sono a rischio tortura e isolamento, minorenni inclusi.
I disordini si sono in parte conclusi a novembre al seguito della dura repressione governativa, ma ad oggi la situazione non sembra essere sulla via di risolversi e anche l’Europa, fino ad ora dalla parte dell’Iran riguardo le sanzioni imposte da Trump, appare decisa a prendere le distanze governo iraniano. Appare chiaro dunque come l’Iran si trovi in una condizione drammatica, causata da una moltitudine di problemi passati e presenti che richiedono una risoluzione definitiva, impossibile da ottenere senza l’appoggio dell’Occidente, il cui ruolo è necessario per evitare nuovi probabili tensioni nel Golfo e uno scontro, quello con gli Stati Uniti d’America, sempre più vicino e dai possibili esiti catastrofici.
IRAN: I CONFLITTI DEL PASSATO MINACCIANO IL PRESENTE