I ruderi abbandonati sono una triste realtà in molte parti d’Italia, ma la città di Roma ne è particolarmente afflitta. Questi edifici in stato di abbandono rappresentano un pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente e rappresentano un’immagine degradante per la città. Questo articolo esaminerà il fenomeno del degrado edilizio a Roma, con particolare attenzione alla piscina olimpionica “La Vela” di Calatrava e al quartiere storico del Quadraro, e descriverà la situazione di un rudere in Via Sagunto.

La città di Roma e il fenomeno del degrado edile

La città di Roma è nota per la sua ricca storia e la sua bellezza, ma purtroppo anche per il fenomeno del degrado edile. Conosciamo già benissimo i ruderi storici del Foro Romano, delle Terme di Caracalla, del Monte dei Cocci a Testaccio. Tuttavia, chi vive nella Capitale, conosce con precisione altri ruderi, meno storici. Un esempio eclatante di degrado è la piscina olimpionica detta “La Vela” di Santiago Calatrava, architetto e autore, tra le altre opere, del World Trade Center a New York. Iniziata nel 2005, la Piscina sarebbe stata destinata a essere una delle attrazioni sportive della città, ma è diventato un simbolo del fallimento e della mancanza di interesse da parte delle autorità per la salvaguardia del patrimonio culturale e architettonico di Roma. Infatti, ciò che rimane delle prime costruzioni è lo scheletro di una vela, appunto, che si staglia nello skyline del quartiere di Tor Vergata, nella periferia romana, proprio a stretto contatto con l’ospedale che prende il nome dallo stesso quartiere.

Il Quadraro

Il quartiere storico del Quadraro, situato nella periferia sud di Roma e conosciuto per essere stato, durante l’occupazione nazi-fascista, il nido di una forte resistenza, è stato colpito negli anni da una serie di abusi edili, in particolar modo dalla sua nascita fino agli anni ’50, quando poi lo Stato ha iniziato a edificare appartamenti nella parte opposta rispetto alla trasversale via Tuscolana che divide in due il quartiere. Nella sua parte storica, conosciuta come “Quadraro Vecchio”, camminando tra le strette vie, non è difficile ritrovarsi faccia a faccia con edifici in stato di abbandono e mancato sviluppo. Questo è dovuto alla mancanza di controllo da parte del municipio e alla speculazione immobiliare, che da anni attanaglia la citt. Questa situazione ha avuto un impatto negativo sulla vita della comunità e sulla qualità dell’ambiente. Secondo i dati ISTAT infatti, possiamo notare che nel dicembre 2001 la popolazione contava 21.375 residenti, mentre nello stesso mese del 2019 ne conta 20.705, con una flessione importante del -3,1%.

Il “Rudere” di Via Sagunto

Il “Rudere” di via Sagunto come viene ormai chiamato dagli abitanti del quartiere, rientra nel complesso di edifici “INA-Casa Tuscolano”, il più ampio intervento di edilizia statale realizzato da INA-Casa a Roma e uno dei più ampi in Italia (costituito da tre nuclei indipendenti per un totale di 112 fabbricati residenziali su un’area di 35 ettari), più precisamente nel complesso del Tuscolano II, progettato e realizzato dal 1950 al 1957.
L’edificio, di proprietà dell’ATER (l’ex IACP) progettato da Nicolini e De Renzi nel 1958, ha un’ampia metratura esterna e si estende su due piani, per una superficie totale di oltre 1.700 metri quadrati, ed è situato all’incrocio tra via Sagunto e via Treviri, dietro al cosiddetto “boomerang” di largo Spartaco, edificio centrale e simbolo del Tuscolano II, costruito nella parte recente del quartiere Quadraro proprio nel 1950.

Per saperne di più, ho voluto intervistare il Consigliere del Municipio VII Alessandro Olivieri.

Dottor Olivieri, qual era lo scopo pensato per questo edificio?

Lo stabile a scopo di pubblica utilità sociale, pensato inizialmente per ospitare una succursale della vicina ASL di via Cartagine, non è mai stato luogo di grandi lavori di completamento o manutentivi, salvo qualche “falsa partenza” nei primi dieci anni del 2000, fino ad un nuovo interessamento da parte della Regione e del Municipio negli ultimi anni.

Quali sono stati, quindi, i tentativi da parte delle autorità politiche per riprendere in mano l’edificio?

Durante la giunta di Francesco Storace, grazie ad un accordo trilaterale tra ATER, Regione Lazio e Roma Capitale si riuscì ad ottenere fondi per euro 1.900.000 per la riqualificazione dello stabile, ma l’allora presidente della Regione frenò l’iniziativa bocciando il contratto trilaterale. Nel 2009, durante la legislatura di Piero Marrazzo, vennero stanziati euro 2.380.000 dall’allora Giunta Regionale, nell’ambito del “Piano per quartieri svantaggiati del Comune di Roma”, per avviare i lavori di riqualificazione dell’immobile secondo il progetto realizzato e presentato l’anno prima dal Presidente dell’allora Municipio X Sandro Medici ma, con il cambio di governo in Regione, i lavori vengono nuovamente fermati perché la giunta Polverini toglie i fondi dedicati dal bilancio regionale. Dopo più di cinque anni, un altro cambio di giunta in Regione (governo Zingaretti) e un nuovo sblocco di finanziamenti per 2,3 milioni di euro, il 21 novembre 2019 cominciano nuovi lavori di bonifica esterna da
parte di ATER con sfalci, potature, taglio di erba e siepi, rimozione degli elementi in fase di distacco e puntellamento delle strutture interne, insieme all’avvio di un percorso partecipato di consultazione con i residenti e gli stakeholder per decidere la destinazione d’uso dello stabile.

Dopo diversi cambi nella gestione politica del territorio municipale, capitolino e regionale si sta finalmente trovando una soluzione pratica al problema di degrado di questo stabile?

Il percorso partecipativo di cui le ho parlato pocanzi porta alla decisione della Regione di realizzare uno spazio polivalente aperto al pubblico dove al piano terra dovranno essere realizzati una sala conferenze, un’area espositiva culturale, postazioni per gli studenti ed un laboratorio di co-working, mentre al primo piano ci sarà un centro antiviolenza pubblico comprendente 7 alloggi per ospitare donne, anche con minori. Nella parte esterna un
campo di bocce, un parco attrezzato con giochi e area fitness, un orto urbano. La prima parte dei lavori di cantiere è avvenuta nella seconda metà 2021, con nuovi lavori di bonifica e messa in sicurezza della struttura che sono terminati sul finire dell’anno. Durante l’esercizio 2022, la Regione Lazio ha stanziato fondi all’ATER pari a 5,3 milioni di euro per far riprendere i lavori di cantiere, nell’ambito del “Programma di rigenerazione urbana” promosso dalla regione, con un nuovo percorso partecipato che individua stavolta al piano terra uno spazio culturale e sale per attività ricreative, con al primo piano un centro per il sostegno alla legalità, oltre al centro antiviolenza già presente nel vecchio progetto.

Ci sono buone speranza per la riuscita finale affinché i cittadini possano godere di questo edificio e dei suoi servizi?

Attualmente – almeno dal punto di vista formale – il cantiere risulta operativo ed in funzione.

Conclusioni e soluzioni

Per risolvere il problema del degrado edile, è importante intraprendere azioni efficaci e coordinate. Azioni che la giunta comunale sembra aver già avviato per alcuni dei casi presi in esame. Alcune possibili soluzioni includono:

  • la ristrutturazione e la riqualificazione degli edifici abbandonati;
  • la creazione di un sistema di sorveglianza e di controllo per prevenire ulteriori abusi edilizi;
  • la sensibilizzazione della popolazione sull’importanza della conservazione del patrimonio storico e culturale.

In conclusione, il problema dei ruderi abbandonati nella città di Roma rappresenta una sfida importante che richiede un’azione rapida e decisa da della comunità tutta. Solo attraverso un impegno comune, sarà possibile salvaguardare il patrimonio culturale.

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