LA LISTA DEGLI INVITATI

È stata la sperduta Carbis Bay, nella Cornovaglia celtica, la città che ha ospitato quest’anno i lavori del G7, il summit delle più potenti democrazie atlantiche: Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania, Canada e Italia. G7 2021: fine della pandemia, ripresa e ambiente. Ma la Cina è alle porte Direttore responsabile: Claudio Palazzi
Si tratta del primo vertice dopo la pandemia, presieduto dall’Inghilterra post-brexit di Boris Johnson, che ha visto per la prima volta la partecipazione del neoeletto presidente USA Biden e del Presidente del Consiglio italiano Draghi. Sono stati invitati anche la presidente Von der Leyen e Charles Michels, per l’Unione Europea, e le rappresentanze di Corea del Sud, India e Australia.

I temi in agenda sono molti, ma nella relazione finale l’obiettivo è chiaro: to beat COVID-19 and build back better. Dunque le sfide più urgenti vertono senza dubbio sulla fine della pandemia e sulla campagna vaccinale, ma anche e soprattutto su tutela dell’ambiente, tassazione delle multinazionali, promozione del libero scambio, rilancio del multilateralismo e dell’Alleanza Atlantica, che ha identificato nella Cina il primo dei suoi rivali.

LA PANDEMIA

Il primo tema all’ordine del giorno è il covid-19. Il 2022 è indicato come l’anno in cui la pandemia dovrà terminare una volta per tutte. Il passaggio imprescindibile che porterà a questo traguardo è l’accelerazione della campagna vaccinale che deve essere estesa ai paesi più poveri.

I paesi del G7 dunque doneranno un miliardo di dosi: il rischio altrimenti è quello di vaccinare quasi esclusivamente le nazioni che in questi mesi hanno potuto acquistare i vaccini, lasciando così che il resto del mondo si ammali e sviluppi varianti pericolose. Dunque la pandemia sarà sconfitta, scrivono nella relazione finale, solo se saranno davvero tutti a sconfiggerla. L’obiettivo tuttavia potrebbe non soddisfare interamente le previsioni dell’OMS: è necessario che a vaccinarsi sia almeno il 70% della popolazione, cifra che richiederebbe un intervento dei Grandi Sette ben più deciso.

Oltre a ribadire il necessario sostegno a chi ha sofferto la crisi tanto fisicamente quanto psicologicamente, i paesi si impegnano a studiare con maggiore precisione quale possa essere l’origine del virus, cercando di tutelare il pianeta da future epidemie, grazie a una rinnovata collaborazione trasparente fra gli stessi. La polemica è evidentemente indirizzata alla gestione cinese dell’epidemia e alla mancanza di comunicazione.

LA CRISI AMBIENTALE E FISCALE

Non si pongono solo sfide di breve periodo, ma nella relazione finale è alta l’attenzione ai cambiamenti di lungo termine. I paesi hanno ribadito la necessità di ridurre le emissioni come previsto dagli accordi di Parigi – nei quali il presidente Biden è rientrato dopo l’uscita di Trump. Inoltre assumono l’impegno di limitare l’utilizzo delle centrali a carbone e di investire in energie alternative.

Tutto ciò non sarebbe possibile senza un ripensamento del sistema fiscale globale che, com’è scritto, dovrà essere più eguale. Il primo passo importante verso una maggiore giustizia sociale è l’accordo sulla tassa minima per le multinazionali fissata al 15%: l’obiettivo è quello di chiedere un contributo a chi nella pandemia ha ottenuto di più, grazie soprattutto al decollo dell’E-commerce. I ricavi sarebbero fondamentali per affrontare i costi del post-pandemia.

L’AMICIZIA RITROVATA CONTRO LA CINA

L’obiettivo principale di quella che è stata definita come ‘’dottrina Biden’’ è rilanciare l’alleanza fra le due sponde dell’Atlantico. Siamo forse di fronte all’ennesima ondata di riflusso democratico: il neoeletto potus dovrà dimostrare che l’egemonia americana è ancora forte e la democrazia un modello capace di fornire le risposte che i cittadini domandano. I suoi rivali sono la Russia e soprattutto la Cina. La conclusione della relazione è il dito che Biden punta verso Putin e Xi Jinping: insieme, sì, per collaborazione internazionale, sviluppo e lotta alla crisi ambientale, ma ammonisce i due richiamandoli al rispetto dei diritti umani che sarebbero espressamente violati nei rispettivi paesi, in particolar modo riguardo a razzismo, libertà di culto e di stampa.

È la prima volta che i leader occidentali esprimono delle critiche così esplicite alla seconda potenza mondiale, tuttavia il fronte atlantico non sembra del tutto unito. Mentre Biden sostenuto da Johnson e Trudeau esulta dicendo ‘’America is back’’ e si schiera apertamente contro la Cina, i rappresentanti dell’Europa sembrano invece più cauti e disposti ad enfatizzare possibili convergenze con Pechino.

Ma la replica cinese non ha tardato. “I giorni in cui le decisioni globali erano dettate da un piccolo gruppo di Paesi sono finiti da molto”, ha affermato l’ambasciata cinese a Londra. Il riferimento è all’importante calo del peso dei Grandi Sette che passano dal 70% al 40% del PIL mondiale. “Noi crediamo che i Paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, poveri o ricchi, siano tutti uguali, e che gli affari del mondo devono essere gestiti attraverso la consultazione tra Paesi”.

Il tentativo di Biden è quindi di costruire una versione occidentale della Nuova via della Seta, che rilanci l’Asse Atlantico e i valori liberaldemocratici nel mondo, dopo gli anni di isolamento trumpiano. Gli USA vorrebbero un’Europa più vicina nella strutturazione di questo asse. Le incognite sono molte ma lo scacchiere sembra definirsi sempre più chiaramente: il rischio spaventoso da stornare è che la nemesi fra USA e Cina degeneri in una nuova Guerra Fredda che schiacci, di nuovo, l’Europa.

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