Il MES, ribattezzato nel linguaggio giornalistico “fondo salva-stati”, è il meccanismo permanente di stabilizzazione finanziaria. È stato creato a seguito delle tensioni sui mercati finanziari e la crisi dei debiti sovrani per fornire assistenza ai paesi della zona euro che si trovano di fronte o rischiano di dover affrontare difficoltà finanziarie. Il trattato intergovernativo che ha istituito il “meccanismo” è stato firmato dai paesi dell’Eurozona il 2 febbraio 2012.
Il MES è un’organizzazione intergovernativa regolata dal diritto pubblico internazionale con sede in Lussemburgo. Emette strumenti di debito per finanziare prestiti e altre forme di assistenza finanziaria.

Il 25 marzo 2011 il Consiglio europeo ha adottato la decisione 2011/199/UE che modifica l’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea relativamente a un meccanismo di stabilità per gli Stati membri la cui moneta è l’euro.

Il 9 dicembre 2011 i capi di stato o di governo degli Stati membri la cui moneta è l’euro hanno deciso di procedere verso un’unione economica più forte, compresi un nuovo patto di bilancio e un rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche da attuare attraverso un accordo internazionale , il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria (TSCG).
Il TSCG aiuterà a sviluppare un coordinamento più stretto all’interno della zona euro al fine di garantire una duratura, sana e robusta gestione delle finanze pubbliche affrontando quindi una delle principali fonti di instabilità finanziaria.

Tutti gli Stati membri della zona euro diventeranno membri del MES. Per effetto dell’adesione alla zona euro, lo stato membro dell’UE dovrebbe diventare membro del MES con gli stessi diritti e obblighi delle parti contraenti.

L’obiettivo del MES è quello di mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del MES che già si trovino o rischiano di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e quella dei suoi stati membri.

Dal punto di vista organizzativo il MES è guidato da un consiglio di governatori composto dai 19 ministri delle finanze dell’area dell’euro. Il Consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni. Il MES ha un capitale sottoscritto pari a 704,8 miliardi, di cui 80,05 sono stati versati. La sua capacità di prestito ammonta a 500 miliardi.

L’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi, versandone oltre 14. I diritti di voto dei membri del Consiglio sono proporzionali al capitale sottoscritto dai rispettivi paesi. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15% e possono quindi porre il loro vero anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

Il 27 gennaio 2021 è stata promossa una riforma del meccanismo europeo di stabilità. È stata presa in considerazione la possibilità per il MES di fornire una rete di sicurezza finanziaria al Fondo di Risoluzione comune per le banche. Dunque così, il MES entra in gioco anche nelle crisi del credito, passaggio centrale per completare l’unione bancaria.

A ratificare l’intesa manca solo l’Italia. E senza il via libera del Parlamento italiano gli altri paesi europei che hanno ratificato non possono accedere al meccanismo. La posizione della maggioranza nel parlamento italiano è che la modifica del trattato non sia utile all’Italia, che si troverebbe a pagare per il salvataggio delle banche altrui.

La presidente del consiglio in carica Giorgia Meloni si è espressa in merito: ”Finché io conto qualcosa, che l’Italia non acceda al MES lo posso firmare con il sangue”. Ha quindi ribadito che il fondo salva-stati è “una cosa secondo me troppo poco utile”. E ha sottolineato: “Ma ci chiediamo perché il MES non è mai stato usato da nessuno? Perché le condizionalità sono troppo stringenti e perché il MES è un creditore privilegiato, cioè in caso di difficoltà è il primo a dover essere restituito.”
Il punto di vista dell’Italia è chiaro, e il rifiuto della ratifica ne è la dimostrazione.

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