Il Museo della scuola e dell’educazione “Mauro Laeng” in Piazza della Repubblica, proprio accanto alle terme di Diocleziano, è il più antico museo dedicato alla storia della pedagogia e della scuola italiana. Fondato nel 1874 dal ministro della Pubblica Istruzione Ruggiero Bonghi, ha spesso cambiato denominazione ed è stato diretto da noti intellettuali, fra cui Giuseppe Lombardo Radice e Mauro Laeng. Questi nel 1986 volle salvarlo dall’oblio, facendolo diventare un luogo di conservazione della memoria educativa e della ricerca. Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

Aperto a visite al pubblico il martedì e il giovedì, il museo offre un’amplia selezione di oltre diecimila monografie, seicento giocattoli e materiali didattici, centocinquanta periodici e nove biblioteche d’autore, indispensabili per la ricostruzione della storia della scuola e del pensiero educativo in Italia. Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

Abbiamo avuto la possibilità di intervistare il Direttore, il professor Lorenzo Cantatore, professore ordinario all’università di RomaTre di Letteratura per l’infanzia e storia sociale dell’educazione, che ci ha raccontato meglio la storia e le finalità del museo.

Qual è la tipologia del materiale che viene conservato all’interno del museo e che lavoro svolge lei, professor Cantatore, al suo interno?

Il museo è caratterizzato fondamentalmente da tre tipologie di materiali di base: oggetti, libri e documenti d’archivio. All’interno di questa tripartizione, naturalmente, i materiali sono di natura molto composita, perché sono stati acquisiti in forme molto diverse: c’è una parte del materiale che proviene dal nucleo originario di questo museo del 1874 ed è composta soprattutto da opuscoli, letteratura grigia, rendiconti sui programmi scolastici, elenchi dei libri di testo delle scuole dell’ultimo quarto dell’Ottocento e alcuni oggetti di natura didattica e scientifica. Durante gli anni, il patrimonio si è arricchito attraverso acquisti in antiquariato soprattutto di libri, tabelloni didattici e carte geografiche, ma anche in gran parte devo dire grazie alle donazioni e lasciti di cittadini sensibili al tema della storia dell’educazione, della scuola e delle istituzioni educative.

Alcuni dei donanti erano legati a questo mondo, come ad esempio una grande figura della
pedagogia novecentesca, Giuseppe Lombardo Radice, i cui eredi molto dopo la sua morte hanno ceduto al museo parte della sua biblioteca e dell’archivio privato all’inizio degli anni Settanta. In anni molto più recenti, invece, in modo analogo si sono comportati gli eredi di Mario Alighiero Manacorda, un altro grande uomo di scuola, fra i responsabili della politica scolastica del PC tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, così che abbiamo ne assorbito la biblioteca e i documenti privati e di lavoro. Nei primi decenni del Duemila abbiamo poi rilevato tutte le strumentazioni didattiche dell’Istituto di Santa Maria, istituto religioso e di beneficenza, di istruzione e di educazione per gli orfani attivo a Roma per centinaia d’anni, in parte dismesso. Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

Passando alla seconda parte della sua domanda, ovvero qual è il mio ruolo, ma soprattutto cosa vuole rappresentare questo luogo, premetto che dal punto di vista giuridico il Museo è un museo universitario: è quindi profondamente legato alla didattica delle discipline che si insegnano in questo dipartimento di Scienze della formazione, quindi pedagogiche, psicologiche, sociologiche e storiche. Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

Inoltre, per la sua natura, per la sua ricchezza e per l’eccezionalità e l’unicità di alcuni documenti, il museo è frequentato da studiosi e ricercatori del settore che sono colleghi sia di università italiane che straniere, che vengono qui proprio a cercare un documento, una pagella o un quaderno, un vecchio arredo scolastico, un libro illustrato d’altri tempi.

Quaderni, pagelle e altri documenti scolastici vengono conservati dai genitori, hanno più un valore, si potrebbe dire, affettivo, piuttosto che scientifico. Perché secondo lei è importante conservare e studiare questo tipo di materiale?

In genere tutti gettiamo, buttiamo, dimentichiamo, trascuriamo e dismettiamo, e invece proprio in virtù dei rapidi mutamenti che la scuola ha registrato negli ultimi anni questi materiali sono preziosissimi per capire non solo come si studiava e come si apprendeva, ma come ci si relazionava con le autorità scolastiche e, in generale, con l’idea stessa di educazione e istruzione; che cosa voleva dire mettersi nella condizione o mettere i bambini nella condizione di diventare cittadini. Un oggetto può essere molto rivelatore, può essere una fonte di conoscenza di tutto ciò. Fra questi oggetti scorrono tensioni culturali, politiche, morali, religiose, scorre la storia dell’umanità nel suo farsi, di epoca in epoca.

Oggetti conservati al MuSEd
Oggetti conservati al MuSEd

Questa tipologia museale, quella del Museo dell’educazione, non è molto diffusa in Italia: ce n’è, per esempio, uno a Padova, che è sempre un museo universitario e uno a Firenze. Forse questa scarsa diffusione di questa tipologia museale è dovuta anche ad uno scarso interesse verso questo tipo di argomento. Come si potrebbe, dunque, suscitare l’interesse non solo degli studiosi, ma anche dei non specialisti?

Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

Dobbiamo innanzitutto dire che lo scarso interesse nei confronti di questi beni storici della scuola e dell’educazione è una conseguenza dello scarso interesse cronico che c’è nel nostro paese nei confronti della scuola e dell’educazione anche contemporanea. Negli ultimi venti o trent’anni, grazie all’impegno proprio della ricerca universitaria accademica, i musei sono aumentati in Italia: a parte quello di Padova e di Firenze ne è nato uno bellissimo all’università di Macerata (il cui sito è ancora in via di sviluppo, n. del R.), uno a Campobasso, grazie soprattutto alla generosità di un collezionista che si chiama Pompeo Vagliani. Un altro museo è a Torino ed è uno dei musei più belli della scuola dell’educazione e del libro illustrato per bambini. Questa sensibilità sta dunque crescendo, ma per far sì che cresca sempre di più occorre non arrendersi, perché le resistenze sono molte. Noi adesso stiamo cercando di mettere in piedi, attraverso la Società Italiana per lo Studio del Patrimonio Storico-Educativo (SIPSE), il censimento dei beni materiali della scuola, per cercare quindi di capire che cosa possiedono ancora le scuole storiche soprattutto italiane. Per adesso noi stiamo cercando di farlo a Roma e soprattutto stiamo cercando di sensibilizzare i responsabili dei singoli istituti al recupero e alla valorizzazione di questo materiale. Questi beni possono infatti essere utili anche nella didattica contemporanea, come strumenti immersivi per avvicinare anche i giovani sia alla cultura materiale dell’educazione che della scuola, al rapporto con la memoria e con il passato. Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

Quali sono i progetti attuali e futuri del museo per cercare di avvicinare la cittadinanza?

Il museo è aperto a visite guidate il martedì e il giovedì, ma ci sono tanti altri progetti: oltre a un fitto programma di seminari, convegni e presentazioni di libri, siamo nella Mappa della città educante del Comune di Roma, grazie alla generosa lungimiranza dell’assessora alla Scuola Claudia Pratelli; a cominciare dagli oggetti e dai documenti conservati in questo museo, eroghiamo lezioni di aggiornamento per gli insegnanti in servizio che vogliono approfondire le tematiche storico-educative e fare un’esperienza interessante, anche laboratoriale, consistente quindi in una visita del museo e nell’osservazione specifica di uno o più oggetti qui conservati. Da quegli oggetti, poi, si ha la possibilità di stilare dei progetti didattici per i bambini e per i ragazzi di oggi. Di questo progetto siamo veramente orgogliosi e sta avendo tanto successo. Il MuSEd raccontato dal prof. Cantatore

1 commento

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