Il 3 giugno di 31 anni fa iniziò uno dei più importanti eventi internazionali a noi conosciuti.
La Conferenza delle Nazioni unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, nota come “Summit della Terra” si svolse a Rio de Janeiro e si concluse il 14 giugno 1992. Fu il primo grande incontro con il fine di disciplinare una materia ancora poco trattata, quella della sostenibilità e dell’ambiente.
I rappresentati di 172 paesi, organizzazioni non governative e attivisti si riunirono per cercare di trovare delle soluzioni a problemi come la povertà, la protezione dell’ambiente e le disparità sempre più crescenti tra paesi in via di sviluppo e industrializzati.
Possiamo dire che Il Summit della Terra del 1992 fu la prima vera e propria presa di coscienza globale sul tema del cambiamento climatico e del rispetto dell’ambiente. Tutte le decisioni prese e le azioni intraprese dal 1993 in poi per affrontare tale problema possono essere ricondotte al percorso di Rio.

I risultati ottenuti
Grazie al Summit, infatti, si giunse ad accordi di grande importanza come l’Agenda 21 e la Convenzione quadro delle Nazioni Unite. Più precisamente al termine della conferenza i documenti ottenuti furono 5:
1. Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC): un trattato interazionale che, anche se non legalmente vincolante tra le parti, ha permesso il riconoscimento del sistema climatico come “bene pubblico globale”. Tramite tale trattato si delinea il clima come un bene da proteggere in maniera concreta, tramite la misurazione delle emissioni e la cooperazione politico-sociale.
2. Agenda 21: un piano d’azione, anch’esso non vincolante, per uno sviluppo sostenibile. Identificava una serie di proposte economiche e sociali per proteggere l’ambiente e migliorare la vita sociale.
3. Dichiarazione di Rio sulle foreste: ha sottolineato l’importanza delle foreste come risorsa vitale ed ha fornito una guida per la gestione sostenibile delle foreste e la loro conservazione.
4. La Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo: delinea le responsabilità e diritti degli Stati rispetto la Conferenza stessa, facendo anche riferimento a risarcimenti degli stati in caso di danni da inquinamento.
5. La Convenzione sulla diversità biologica: tale convenzione poneva tre obiettivi precisi, la conservazione della diversità biologica, la divisione equa dei benefici che si traggono da questa e infine l’uso sostenibile di tale diversità.
Questi testi, anche se non direttamente vincolanti, hanno certamente posto le basi giuridiche dei diritti in merito all’ambiente e alla sostenibilità. Inoltre, la Convezione quadro delle nazioni unite oltre aver segnato l’inizio della discussione sul cambiamento climatico ne ha permesso il suo sviluppo permettendo la nascita delle COP.

L’inizio del percorso diplomatico
Le Conferenze delle parti, più comunemente conosciute come COP, sono delle conferenze sul clima che si svolgono ogni anno a partire dal 1995 tra i paesi che hanno sottoscritto l’Accordo di Rio. Quest’ultimo, infatti, includeva nel suo testo la possibilità che le parti firmatarie adottassero ulteriori atti (vincolanti e non) in conferenze successive.
La prima COP si svolse a Berlino nel 1995 e da allora i governi si sono incontrati regolarmente ogni anno con l’eccezione del 2021, anno in cui la pandemia non ne ha permesso lo svolgimento.
Tra le 27 COP svolte fin ora ve ne sono alcune che risaltano per i risultati ottenuti. La Cop3 del 1997, per esempio, vede venire alla luce il Protocollo di Kyoto e per cui il primo vero obbligo di riduzione delle emissioni di CO2. Il protocollo fissa degli obiettivi vincolanti: la riduzione delle emissioni di almeno il 5% rispetto quelle del 1990. Tale vincolo, che all’epoca poteva sembrare ambizioso, non fu sufficiente. Anche a causa della globalizzazione a dell’industrializzazione feroce di alcuni paesi come la Cina. Basta pensare che quest’ultima nel ’95 registrava un numero di emissioni totali pari a 3 milioni di tonnellate rispetto alle 12 milioni registrate negli ultimi anni.
L’urgenza di lottare il cambiamento climatico e i suoi effetti portò poi, grazie alla COP21 del 2015, all’Accordo di Parigi. Quest’ultimo viene adottato da 196 stati e il suo obiettivo è quello di limitare il riscaldamento globale al di sotto della soglia dei 2ºC. I paesi vengono così vincolati a presentare i loro piani d’azione per il clima ogni cinque anni con il fine di raggiungere gli obiettivi fissati dall’Accordo.

L’ultima COP e l’impatto della guerra
Le relazioni internazionali e in particolare lo stato di queste giocano un ruolo fondamentale sugli sviluppi e risultati di qualsiasi tipo d’incontro diplomatico, è risaputo. Le conferenze ONU sul clima non sono l’eccezione a questa regola e non ci stupisce il clima glaciale che si è verificato durante la ventisettesima Conferenza tra le parti svolta in Egitto.
La COP27 del 2022 si è difatti svolta in uno scenario complicato, tra la fine del periodo pandemico e la guerra in Ucraina e conseguente crisi energetica. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, prendendo la parola ha sottolineato i danni che la guerra sta recando alla lotta contro il cambiamento climatico; ribadendo che anche dinanzi alla situazione geopolitica in cui ci troviamo l’obiettivo dell’EU deve rimanere lo stesso: raggiungere la neutralità climatica l’azzeramento delle emissioni entro il 2050.
È abbastanza evidente come negli ultimi tempi le conseguenze del cambiamento climatico si stanno scatenando sempre più frequentemente, tra inondazioni, temperature record e innalzamento degli oceani.
Ci sorge quindi spontanea una domanda: dal Summit di Rio del 1992 qualcosa è effettivamente cambiato o le promesse e gli obiettivi fissati da allora sono solo un “bla, bla, bla”?

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