Il 7 ottobre il movimento islamista Hamas ha iniziato un attacco missilistico contro Israele senza precedenti oltrepassando il confine di Gaza. È l’inizio di un conflitto a fuoco tra i combattenti islamici e l’esercizio israeliano, il cui leader Benjamin Netanyahu promette di sconfiggere con tutta la forza Hamas e di cambiare il Medio Oriente.

Hamas

Partendo dall’identificazione dei protagonisti principali del conflitto. Hamas, in arabo “entusiasmo, zelo religioso” è un’organizzazione estremistica islamica, sorta nel 1987 dopo lo scoppio della prima intifada, una rivolta guidata in parte dall’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) contro l’occupazione israeliana dei territori palestinesi. È Un movimento che si è rafforzato negli anni, affiancando il terrorismo con le attività sociali e assistenziali, radicandosi negli strati più poveri della società palestinese. A differenza dell’OLP, Hamas ha sempre negato il diritto all’esistenza dello Stato ebraico. Nel 1993 si oppose agli Accordi di Oslo, siglati dal primo ministro israeliano Rabin e il presidente dell’OLP Arafat che prevedeva oltre al reciproco riconoscimento, l’avvio dell’autogoverno palestinese nei territori occupati (Cisgiordania e striscia di Gaza), accordo solennemente sottoscritto il 13 settembre del 1994 a Washington tra Rabin e Arafat sotto gli auspici del presidente Clinton, segnando la nascita dell’ANP, l’Autorità nazionale palestinese, un organismo elettivo internazionalmente riconosciuto. Durante la seconda intifada Hamas si è reso protagonista di numerosi attacchi contro Israele, insieme alla Jihad islamica e alle brigate Al-Aqsa. Nel 2006 Hamas vinse le elezioni palestinesi, ma la lotta con il partito rivale Al-Fatah, portò nel 2007 al completo controllo di Hamas sulla striscia di Gaza e di Al-Fatah sulla Cisgiordania. Contro la politica di blocco di Israele sono avvenuti altri 4 conflitti nel 2008, nel 2012, nel 2014 e nel 2021 il lancio di razzi da parte di Hamas su Gerusalemme ha portato al quarto conflitto armato con l’esercito israeliano, conclusosi il 21 maggio con 260 morti nella Striscia di Gaza e almeno 10 in Israele. Il 7 ottobre è iniziato un nuovo conflitto senza precedenti. Hamas nel diritto internazionale è considerato un governo di fatto locale, un partito insurrezionale che ha il dominio effettivo sulla striscia di Gaza e sui territori palestinesi occupati. È un fenomeno transitorio destinato ad evolversi o in senso negativo, con la sconfitta, o in senso positivo diventando il governo generale che esercita un potere di fatto sul territorio.

L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina

Per quanto riguarda l’OLP, non ha mai perso il proprio diritto a lottare per la propria autodeterminazione e anzi cerca di conquistarlo con un approccio giuridico, ossia attraverso il diritto internazionale. Nel 2011 ha presentato domanda di adesione alle Nazioni Unite, respinta per la minaccia del potere di veto da parte di USA e Regno Unito. La Palestina non è attualmente uno stato nel diritto interazione perché non ha il controllo effettivo di una comunità territoriale. Nel 2012 grazie ad una proposta dell’allora presidente francese Sarkozy, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione con cui ha riconosciuto alla Palestina uno status di stato osservatore privilegiato ma non membro dell’ONU. Da quel momento in poi la Palestina in quanto è stata riconosciuta come uno stato dalle Nazioni Unite ha potuto ratificare tutti gli accordi internazionali redatti sotto gli auspici delle Nazioni Unite, tra cui le Convenzioni di Ginevra e quindi nei territori occupati dovrà essere rispettato il diritto umanitario, lo Statuto della Corte Penale Internazionale che ha avviato un’ indagine penale nei confronti dei crimini commessi sia da Hamas che da Israele nella striscia di Gaza e nei territori occupati. Da quel momento è presente un giudice internazionale competente a giudicare su crimini commessi da qualsiasi parte.

Israele

Israele è governata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, leader del partito conservatore Likud, ha sempre dimostrato un assoluto rifiuto nel riconoscere i legittimi diritti dei palestinesi e nel cercare il compromesso per giungere ad una soluzione pacifica. Il governo israeliano non ha nascosto il suo obiettivo di annettere la Cisgiordania, permettendo la continua espansione degli insediamenti ebraici nel territorio palestinese, contrari secondo il diritto internazionale.

Il sistema di alleanze

Hamas è inserito in una alleanza che comprende anche la Siria, Iran, il gruppo Hezbollah in Libano e la Jihad islamica, opposti ad Israele e alle politiche degli Stati Uniti nei confronti del Medio Oriente. Tra gli alleati di Israele ci sono ovviamente gli USA che sostengono finanziariamente Israele dalla Seconda Guerra Mondiale per un totale di 158 miliardi di dollari, il Regno Unito e questa volta anche l’India per le sue preoccupazioni riguardanti il terrorismo. A seguito dell’attacco la maggior parte degli stati europei si sono schierati dalla parte di Israele sostenendo il diritto a difendersi e l’UE ha annunciato una revisione dei fondi destinati ai territori palestinesi, motivato dalla Commissione come garanzia affinché nessun finanziamento europeo consenta indirettamente ad un’organizzazione terroristica di compiere attacchi contro Israele.

L’evolversi del conflitto

Il 7 ottobre Hamas, tramite il suo braccio armato, le brigate Izz ad-Din al Qassam, ha lanciato l’operazione AL-Aqsa Flood, un attacco via terra, aria e mare contro Israele uccidendo più di 1200 persone e prendendo in ostaggio più di 130 israeliani. La tattica usata da Hamas ha impedito ad Israele la reazione immediata, durante la preparazione è stato volutamente ridotta la frequenza di attacchi contro Israele, la scelta del sabato, giorno di culto e di riposo ebraico ha colto di sorpresa la difesa ebraica. Inoltre, l’operazione ha visto l’utilizzo dei razzi lanciati da Gaza anche come diversivo per effettuare infiltrazioni con paracaduti, deltaplani, e droni che trasportavano ordigni esplosivi con lo scopo di disabilitare le torri di guardia israeliane. Israele ha ordinato un assedio completo di Gaza. L’Iron Dome, il sistema di difesa missilistico israeliano è stato determinante nell’intercettazione dei missili in arrivo, mitigando la potenziale devastazione anche se alcuni razzi di Hamas sono riusciti a schivare le intercettazioni, sollevando dubbi sulla effettiva capacità difensiva israeliana. L’assalto dei militanti palestinesi è stato condannato dal Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, che ha chiesto il rilascio degli ostaggi sequestrati da Hamas. Intanto le Nazioni Unite hanno dichiarato come l’assedio totale di Gaza lanciato da Israele sia contrario al diritto internazionale, in quanto mette in pericolo la vita dei civili, privandoli dei beni di prima necessità. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha chiesto l’apertura di un corridoio umanitario con la striscia di Gaza.

Le motivazioni dello scontro

L’operazione Al-Aqsa Flood , già il nome è significativo, il sito della Moschea di Al-Aqsa è uno dei santuari più sacri dell’islam, in questo luogo lo scorso 27 luglio, ha fatto la sua visita il ministro israeliano per la sicurezza nazionale, della coalizione di Netanyahu, Itamar Ben-Gvir , inoltre numerosi turisti israeliani si sono recati sul sito durante la recente festività del Sukkot, ciò è stato considerato da tutti i palestinesi come una provocazione, visto come profanazione della sacralità del luogo e contrario all’impegno assunto da Israele, quando firmò il trattato di pace nel 1994, di rispettare il ruolo della Giordania. Hamas ha sostenuto questo argomento anche per ottenere il sostegno di tutto il mondo islamico. Ma la causa non è solo questa, tra i motivi che si celano dietro l’attacco di Hamas c’è molto probabilmente anche la tendenza degli stati arabi a stipulare accordi di pace con Israele, in particolare gli Emirati Arabi Uniti, il Sudan, il Marocco e il Bahrein. Altro fattore di tensione sono i colloqui mediati dall’amministrazione Biden volti a normalizzare le relazioni tra Arabia Saudita e Israele, con lo scopo di formare un fronte unico contro l’Iran, finanziatore e sostenitore politico di Hamas. Con l’inizio del conflitto c’è stato un congelamento di queste relazioni.

Impatto globale

Con il conflitto russo-ucraino ancora in corso, lo scoppio di una nuova guerra in Medio Oriente costituisce una minaccia a livello geopolitico e per la recessione globale. Lo spettro delle passate crisi petrolifere torna ad aggirarsi tra i leader mondiali. La regione è una fornitrice fondamentale di energia, petrolio ed un essenziale passaggio commerciale marittimo, il conflitto in quest’area potrebbe portare a seri problemi per l’economia mondiale già gravata dalla crisi della guerra in Ucraina. L’evolversi della guerra potrebbe portare all’aumento del prezzo del petrolio, al galoppo dell’inflazione e al rallentamento della crescita economica globale. C’è il timore dell’allargamento del conflitto anche al Libano e alla Siria dove sono presenti gruppi armati sostenuti dall’Iran come il movimento sciita Hezbollah, operante in Libano, cha ha già sferrato attacchi contro forze Israeliane. La Repubblica Popolare Cinese non ha condannato le azioni di Hamas, sostenendo che la risoluzione del conflitto si potrà raggiungere solo con i colloqui di pace e la realizzazione dei diritti legittimi della nazione palestinese. Anche la Federazione Russa, che ha mantenuto negli anni stretti rapporti con Israele, ospitando la settima comunità ebraica mondiale, non ha condannato le azioni dei militanti di Hamas, il Cremlino vorrebbe favorire da tempo una unione tra Hamas e l’ANP e diventare un mediatore fidato nella questione palestinese. In ogni caso almeno temporaneamente sfrutta il conflitto in Medio Oriente per distogliere l’attenzione dalla guerra che ha intrapreso contro l’Ucraina.

La posizione dell’Italia

Per quanto riguarda il ruolo dell’Italia, il ministro degli esteri Antonio Tajani ha annunciato che il paese farà ogni sforzo per impedire l’allargamento del conflitto a livello regionale, al fine di giungere ad una soluzione a due Stati della controversia israelo-palestinese. La premier Giorgia Meloni ha espresso la solidarietà del governo italiano e la sua vicinanza ad Israele, ha inoltre ribadito l’impegno dell’Italia per la sicurezza del Libano per evitare ricadute che porterebbero conseguenze incalcolabili per l’intera area. Intanto le autorità italiane hanno aumentato la sicurezza interna contro ogni possibile episodio di violenza estremista nei confronti degli obiettivi rilevanti di Israele, ebrei e palestinesi.

Al di là degli esiti che potranno registrarsi, la questione palestinese resta un conflitto prolungatosi per tutto il secolo breve e che continua ancora oggi a versare sangue. Non saranno né le armi di Hamas né quelle di Israele a far cessare il clima di violenza reciproca, ma soltanto una forte diplomazia che porti alla cessazione delle oppressioni israeliane nei territori palestinesi, al rispetto dei diritti umanitari, alla protezione dei civili, alla conquista da parte del popolo palestinese del proprio diritto all’autodeterminazione così come sancito dal diritto internazionale.

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