L’imponenza e l’eleganza della “Fornace Penna”, provincia di Ragusa, lasciano sempre più spazio all’idea di un rudere abbandonato, una bellezza architettonica sfaldata dall’inesorabile trascorrere del tempo e dall’incuria del luogo.
Dopo decenni di inazione pubblica, la struttura si presta finalmente ad essere espropriata e resa fruibile alla comunità. Tuttavia ad anni dalla discussione di intervenire per conservare la memoria e l’importanza storica del luogo, essa appare ancora pericolante e sfiorita. Ma non tutto è perduto e mentre le autorità locali sono impegnate nell’elaborazione di un efficace e si vorrebbe tempestivo piano di valorizzazione, “La mannara” come è stata resa celebre da un episodio de “il commissario Montalbano”, rischia di essere danneggiata irreparabilmente e di mettere in pericolo coloro che si ostinano a visitarla a proprio rischio.
Il luogo
La fornace venne costruita tra il 1909-1912 scegliendo appositamente la “baia del Pisciotto” per una serie di condizioni favorevoli di ordine economico-lavorativo. Fu progettata dall’ingegnere Ignazio Emmolo per volere del Barone Guglielmo Penna e inserito nelle vaste proprietà della famiglia. Per l’epoca si trattava di una delle industrie più all’avanguardia del meridione, rappresenta una straordinaria iniziativa dal punto di vista architettonico e imprenditoriale. Sfornava 10000 laterizi al giorno, tra mattoni e tegole che venivano esportati in molti paesi mediterranei come Malta e in Libia. Tripoli dopo la conquista italiana (1911) venne in gran parte ampliata da materiali costituiti sostanzialmente in argilla, provenienti dal Pisciotto.
La sua maestosità la fa accostare facilmente all’imponenza di una cattedrale “una basilica laica in riva al mare” come l’ha definita il critico d’arte Vittorio Sgarbi.
Essa ha però urgentissimo bisogno di interventi conservativi nell’attesa di un futuro riutilizzo magari culturale.
Essa diede lavoro a molti giovani tra i 16 e i 18 anni fino alla sua completa distruzione nel 1924 per via di un incendio doloso la cui causa è ancora oggi avvolta nel mistero. Il tempo sembra proprio essersi fermato a quel tragico momento e nonostante anche le sue rovine sembrino acuirne il fascino, perderla sarebbe un peccato imperdonabile.
La fornace agli occhi degli abitanti
“Speriamo che per la salvaguardia si mostri utile il fatto di essere uno dei set dei romanzi di Camilleri” commenta un visitatore. “Oltre a non essere segnalato è difficile da trovare, è circondato da rifiuti, anche pericolosi e l’accesso al mare è quasi impossibile. Peccato!” continua un altro.
Ma c’è anche chi la trova suggestiva così: “mastodontica e irreale costruzione abbandonata. Fa una certa emozione visitarla con gli alberi cresciuti all’interno e la ciminiera quasi scoppiata.”
Ma sono in tanti ormai gli abitanti del luogo che trovano davvero sgradevole una simile incuria “avrebbe bisogno di un urgente restauro e soprattutto pulizia, all’interno crescono piante e erbacce. Intorno rifiuti e incuria. Ci vorrebbe un maggior interessamento da parte delle istituzioni per salvaguardare questo pezzo della nostra storia”. “La struttura è davvero affascinante ma avvicinandosi si trova di tutto, sembra davvero una discarica a cielo aperto”.
Ai loro occhi lo “stabilimento bruciato” come viene chiamato nel ragusano, costituisce ormai un simbolo affezionato: “La fornace sembra un vero monumento per maestosità e collocazione”.
Ai più sembra ormai chiaro che la vecchia fornace va salvata dagli agenti atmosferici, messa in sicurezza e valorizzata: “Se fossi uno sciclitano farei di tutto per valorizzarla”. “E’ il perfetto esempio di come al Sud abbiamo delle attrazioni interessanti che non sappiamo valorizzare, il luogo è assai noto e infatti qualche turista lo si trova sempre, quel che manca è l’accoglienza. Zero indicazioni stradali. Se fosse valorizzata potrebbe essere una tappa turistica interessante”.
Se per la volontà di messa in sicurezza dell’area non sembrano esserci dubbi, sulla sua destinazione sono sorte numerose polemiche e dibattiti tra chi voleva modificarla in albergo, chi auspicava altre forme di ristoro o chi semplicemente un restauro di mantenimento: “Bisognerebbe fare in modo di preservarla così com’è, magari metterla in sicurezza per rendere la visita priva di pericoli”.
Non manca nemmeno chi ne riconosce il potenziale culturale “sarebbe bello poterla ammirare anche dall’interno per capire come si svolgevano i lavori nei primi del ‘900”.
Questi interessi contrastanti hanno reso vani i tentativi di salvare la fornace dal suo destino di sfaldamento. Ritardi burocratici, moltitudine dei proprietari, ma anche pregressi contenziosi e ipoteche che vi gravano rischiano di far perdere ulteriore tempo prezioso.
Una volta che un problema pubblico emerge le autorità hanno a disposizione una serie di strumenti da poter utilizzare anche in particolari combinazioni tra loro. Persino il “lasciar fare” può essere considerata una scelta tutt’altro che imparziale o priva di effetti. Le conseguenze dell’inazione pubblica sono sempre le stesse, il problema non può non essere affrontato e ciò sarà fatto anche se con altre logiche. Dal mercato, dalla famiglia, dalle associazioni di categoria. Il “non fare” può essere ugualmente costoso anche se non in termini finanziari, scaricando costi su altri (si pensi a tutti quei soggetti che mettono a rischio la propria incolumità per visitarla, senza nessuna sicurezza, divieti o controllo nel luogo). Pertanto anche il non fare può risultare altamente intrusivo generando inconvenienti e scaricando i costi su altre categorie di soggetti.
Possono esserci varie ragioni per cui la decisione viene rinviata come il non trovare mezzi finanziari o organizzativi. La scelta può essere volta ad eludere il problema o addirittura sperare che col tempo passi in secondo piano o venga addirittura dimenticato.
Ma al contrario nel corso del tempo l’interesse alla problematica è stato portato avanti dalle autorità locali.
I conflitti di interesse e gli attori di una politica pubblica
Il consigliere del comune di Scicli riferisce che il bene potrà essere espropriato per interesse culturale se c’è la volontà politica. Proprio lo scorso dicembre anche il sindaco della regione Sicilia ha detto di farsi carico di questa problematica, anche dal punto di vista finanziario, rendendo la fornace Penna un centro culturale.
Dai vari incontri di carattere regionale è stato deciso in particolare che l’ex fabbrica entrerà nella pubblica disponibilità senza gravare sulle casse del comune dei cittadini come è stato chiarito. La regione affiderà la gestione del sito al comune di Scicli dopo averlo acquisito e rifunzionalizzato con finalità culturali. Il consiglio comunale ha così assunto la cabina di regia dell’operazione. La soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Ragusa si occuperà del proseguimento del percorso amministrativo per compiere i passi necessari alla creazione di un grande progetto di riqualificazione che sarà avviato dopo l’intervento di esproprio in modo da potersi dedicare unicamente alla fase di gestione.
Dunque appare più certo il suo futuro dal momento che sarà utilizzata principalmente per fini culturali e non destinata ad altre attività. Altre proposte avanzate in sede di discussione sono state quella dell’istituzione di un museo ad uso turistico-culturale.
Una volta chiarita la finalità, si apre la fase di valutazione delle strategie e procedure da avviare per rendere il bene un effettivo centro di aggregazione culturale e sociale. Sono necessari prima di tutto un restauro e consolidamento statico volti alla messa in sicurezza e fruizione del sito.
Tra gli strumenti utilizzati per la messa in opera del piano di valorizzazione si auspica anche quello della comunicazione ai cittadini con l’utilizzo di spot mediatici, coinvolgendo personaggi illustri, con interviste e campagne di promozione e sensibilizzazione. Importante in questa fase di formulazione di una politica pubblica sarà continuare a tenere accesi i riflettori sulla vicenda e non solo al momento dell’emersione del problema. Un ruolo importante è svolto qui dai giornalisti dei media che agiscono secondo una loro logica indipendente. Essi possono realmente orientare l’opinione pubblica su determinate soluzioni, dando maggiore visibilità a certe scelte e quindi influenzare in vario modo la formulazione.
La letteratura in materia afferma che tale influenza dei media è notevole secondo alcuni, secondo altri sarebbe invece trascurabile (solo amplificando processi che avvengono già al di fuori dei riflettori).
La risorsa della comunicazione può inoltre permettere alle autorità di avvalersi della propria posizione di nodo centrale nelle reti di relazione per far passare i propri messaggi. Le parole contano e non sempre sono ininfluenti nel processo di formulazione di una politica pubblica. Esse forniscono infatti cornici di senso entro cui muoversi (c.d frames) ovvero le storie che vengono costruite attorno ad un problema pubblico, possono cioè esistere diversi inquadramenti di un problema. I processi di inquadramento cognitivo svolgono una funzione pragmatica affrontando la complessità attraverso una sua parziale semplificazione.
Questi processi di categorizzazione e interpretazione dei problemi fanno capo principalmente agli interessi degli attori. Si sa, l’adozione di qualsiasi politica pubblica è accompagnata da conflitti di interesse per via di diversi stili di vita, valori, visioni del mondo. Per questo la fase di definizione di una politica pubblica è per sua natura conflittuale (oltre che incerta nell’efficacia).
Il processo di definizione di un problema inciderà sul tipo di soluzioni che emergono nell’arena di discussione sulle misure da adottare. La disputa attorno alla definizione del problema, anche contrastando l’impostazione prevalente e consolidata attorno a quel determinato problema, è il sale della Democrazia.
Per gestire l’impasse dovuto ai conflitti di interesse e pluralità di visioni, possono essere utilizzati approcci più razionali, come basarsi sulle evidenze empiriche attraverso conoscenze solide. Oppure attraverso l’integrazione dei frames emersi, considerando cornici cognitive anche diverse tra loro.
Questo comporta ad esempio anche il coinvolgimento del singolo o delle formazioni sociali in cui esplica la sua personalità, presentando ciascuno le proprie manifestazioni di interesse e le iniziative di gestione.
E’ infatti molto importante l’attività di consultazione e concertazione, affidandosi al parere di individui appartenenti a punti di vista e interessi differenti, nonché di esperti messi al servizio del patrimonio culturale.
Come per gli interessi avanzati su una questione pubblica, anche nella formulazione di una politica pubblica, si ha una compresenza di attori pubblici e privati. Certo decise e attuate dalle istituzioni pubbliche ma anche sollecitate dall’iniziativa di individui e gruppi provenienti dalla società civile, che esercitano la loro pressione e influenza nelle strutture amministrative (lobby).
Gli attori politici e sociali coinvolti sono in continua interazione e coinvolgono anche la figura dei professionisti di settore. Questi ultimi possiedono una competenza riconosciuta su una specifica materia, attori onnipresenti in questa fase.
Si crea un sistema di tipo reticolare basato sull’intreccio di tutte queste figure, come è ormai con la crescente complessità dei problemi pubblici che richiedono di essere affrontati tenendo conto di diversi e variegati punti di vista.
La visione dei politici è importante perché tendono a comportarsi con l’obiettivo di generare il più ampio numero dei consensi, ma spesso le loro scelte sono poco lungimiranti.
La visione degli esperti tende invece a prendere in considerazione gli effetti di lungo periodo ed è preziosa in quei casi che richiedono un intervento razionale. Essi possono fornire preziose soluzioni per affrontare i problemi pubblici, evitando interventi superficiali e interpretando la scelta migliore in modo imparziale e senza costrizioni (a differenza delle pressioni subite dai politici). Allo stesso tempo a causa della loro crescente specializzazione, tendono a concentrare la loro attenzione solo sugli aspetti che padroneggiano tralasciando altri aspetti. Possono proporre soluzioni troppo astratte, lontano dai bisogni delle persone, senza contare che anche tra gli esperti possono emergere pareri discordanti. Comunque l’effetto delle loro scelte è quello di depoliticizzare una certa questione sottraendola alla discrezionalità degli attori politici e alla logica del consenso. Da qui l’importanza di una attività di concertazione di interessi e punti di vista.
Per la concreta definizione delle misure da adottare talvolta può chiedersi anche un coinvolgimento dei cittadini, ad esempio con la creazione di forum con campioni estratti a sorte tra gli abitanti di tutta la zona.
La scelta finale potrà essere il risultato di un compresso, tenendo conto delle aspettative di tutti gli attori coinvolti nel processo per il recupero del bene. Ma potrà anche essere presa “dall’alto”, in via definitiva, per mettere un punto necessario e volto all’azione senza ulteriori discussioni, facendo valere l’autorità.
Il punto delle istituzioni pubbliche sul caso in effetti è ricaduto proprio sulle finalità culturali.
Un patrimonio sociale e culturale
Oggi si ritiene un patrimonio culturale non solo il valore materiale ed economico che il bene detiene, ma anche il suo valore intrinseco, (ed è proprio questo a costituirne il valore più alto) dato dalla capacità di trasmettere un arricchimento culturale, dal suo essere testimonianza della storia, dell’attività e creatività dell’uomo. Il suo trasmettere qualcosa che va oltre all’estetica, ma legato a ciò che rappresenta. Allo stesso modo la tutela del bene culturale non viene più percepita solo come mera conservazione, ma anche nell’obiettivo della fruizione pubblica e assumendo quindi anche un valore “sociale” per il godimento effettivo del patrimonio.
Tramutare la Fornace Penna in un luogo di aggregazione contribuirebbe ad un incremento degli standard di vita per gli abitanti e inciderebbe su questioni sociali, ambientali ed economiche (senso di appartenenza della comunità locale, una maggiore coesione, la sottrazione ad atti di vandalismo e deperimento, il sostegno di spazi autogestiti). Ad esempio potrebbe crearsi una struttura polifunzionale: delle sale destinate agli eventi sociali, un piccolo teatro, accogliere delle mostre. Da un punto di vista educativo e culturale si potrebbe trasformare lo stabilimento in un museo.
Il coinvolgimento delle comunità locali innalza infatti la sensibilizzazione verso il patrimonio culturale, intesa come capacità dei cittadini di riconoscere la loro identità in quel patrimonio, di percepirlo come proprio e, di conseguenza, cooperare per la sua conservazione.
Il territorio del bene culturale
Un altro aspetto importante nella riqualificazione e nel recupero edilizio del bene e in particolare nell’individuazione delle nuove funzioni attraverso un nuovo uso rispetto a quello originario, è il legame con il territorio, la valorizzazione di quest’ultimo in relazione al bene.
La scelta di costruzione della struttura cadde proprio sulla baia del Pisciotto per ragioni di vicinanza al mare e ad una ferrovia che avrebbe agevolato il trasporto dei materiali, ma anche per la presenza di una cava di argilla. Nella sostituzione della funzione lavorativa con quella nuova di destinazione, di carattere culturale, allo stesso modo non si può prescindere dal contesto. Il legame con il territorio è importante perché fornisce una interpretazione di quel luogo, riflette la creatività locale, ha lo scopo di educare e far conoscere la storia, conservare la memoria. Nel caso specifico significa valorizzare quel sodalizio tra architettura, paesaggio e storia che rendono la fornace così singolare. Un esempio di introduzione di nuovi significati, valori e quindi modi d’uso potrebbe essere la creazione di un percorso segnalato, che dia la possibilità di accedere direttamente al mare. Un itinerario con ingressi e varie tappe che congiunga anche le spiagge vicine di Sampieri e Marina di Modica attraverso cui si estende già una pista ciclabile e un percorso pedonale, che potrebbero essere estesi anche fino a Marina di Ragusa. Strategie di questo tipo coniugano i segni caratteristici che la storia ha sedimentato su un territorio.
In questa prospettiva si richiede il dialogo di tutti i comuni coinvolti con il sostegno della regione.
Il processo di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale, se sostenuto da strategie e progetti “di sistema” e rivolto quindi anche a tutte le altre risorse presenti può svolgere peraltro un’importante funzione anche per la promozione e sostegno dello sviluppo economico delle varie comunità locali.
Da un punto di vista economico la riconversione del bene oltre a comportare una razionalizzazione della spesa delle amministrazioni locali rappresenta dunque occasione per sperimentare interventi di ridefinizione e rigenerazione locale. Può stimolare il “pensiero laterale” o creativo, può aiutare a pensare a modi alternativi di fruizione di un bene ad alto valore sociale e culturale. Si potrebbe ad esempio favorire un turismo low-cost, con piccole tariffe sociali per la fruizione del bene. Ad esempio nella creazione di un museo dedicato all’ex fabbrica.
Queste analisi nella realizzazione di un progetto di ristrutturazione che dovrà già tener conto della destinazione, allontanano lo spettro di un bene ad alto contenuto valoriale non utilizzato.
Il bene culturale è oggi chiamato dalla collettività a rispondere costantemente delle proprie finalità. L’impegno è riuscire a comunicare efficacemente, essere al servizio dell’utenza e provvedere ad identificare e a soddisfare i bisogni espressi dai fruitori, al fine di incrementare effettivamente il benessere individuale e collettivo. Ciò può portare alla creazione di valori e standard comuni, attorno ai servizi educativi e culturali forniti, in un’armonizzazione della morale collettiva proprio in materia di beni culturali.